“Quando la pratica dell’improvvisazione viene attuata su di un brano composto da altri e registrato da autorevoli musicisti jazz in tante versioni è opportuno dare una visione personale anche del tema e dell’organizzazione della struttura armonica, insomma un proprio punto di vista …” (Nico Marziliano)
Avere il grande onore di poter seguire l’evoluzione di un artista non solo è un’esperienza più unica che rara, ma rende oltremodo orgoglioso chiunque possa fregiarsi di aver potuto godere di tale fortuna; se poi la – musicalmente militante – amicizia affonda le proprie radici in tempi così remoti da farci tornare alla mente i nostri primi timidi approcci con il genere musicale che, da quel momento in poi, e spesso proprio grazie agli amorevoli consigli dello stesso musicista, avrebbe indefinitamente riempito le nostre orecchie, non crediamo sia possibile non esaltarsi per gli obiettivi ed i traguardi che lo stesso abbia, negli anni, raggiunto.
Scrivere riguardo alla già lunga strada musicale di Nico Marziliano – sarà bene ammetterlo una buona volta – non è mai stato emotivamente facile per il sottoscritto, dovendo sempre fare i conti con il timore che potesse trasparire soprattutto l’affetto incondizionato in luogo dei giusti meriti che gli andavano, di volta in volta, riconosciuti, quando l’incontrastata classe del suo pianoforte affiancava le personalità musicali di Steve Grossman, Bruno De Filippi, Bruno Tommaso, Paolo Damiani, Massimo Urbani, Roberto Ottaviano, Maurizio Giammarco e tanti altri; ma oggi sarà il caso di superare questo personalissimo imbarazzo per esaltare a gran voce l’ultima prova discografica di Nico, quell’“Alone in Action!”, prodotto da Farelive e registrato con tecnica eccellente negli studi Music Suite, con in copertina una ispirata foto di Giacinto Magliocchi, con cui il pianista barese si è – finalmente – presentato alla determinante prova del piano solo, rileggendo nove standard ed inserendovi tre sue composizioni originali, tra cui la splendida “To Mike P.” dedicata all’indimenticabile Michel Petrucciani.
Basta anche un primo ascolto per comprendere che non ci troviamo di fronte ad un prodotto costruito a tavolino, logica che non lo ha mai interessato, ma, semmai, al racconto appassionato di una vita in musica; un’operazione assolutamente coinvolgente e convincente, che si lascia immediatamente apprezzare in tutta la sua inventiva armonica e melodica, tanto per le sue audaci ritmiche quanto per le dolcissime armonie, in cui le stesse scelte, mai banali, che vanno da Ellington a Monk, da Davis a Gershwin, sino ad un imprevedibile John Williams, appaiono dettate da un percorso personalissimo e ancora in divenire, tutte al servizio di una cifra stilistica riconoscibilissima e di altissimo livello, unite da un fil rouge che, ad un capo, ha l’insuperabile lezione dei grandi del passato e, all’altro, le mani e la maestria di Marziliano. La sensibilità che lo muove nell’affrontare pietre miliari, rilette attraverso la lente della più pura e raffinata improvvisazione, quali “In a sentimental mood” o l’andante dalla “Rhapsody in blue” ha del sublime; è musica per l’anima, che, pur non nascondendo grande maturità esecutiva, parla un linguaggio ancestrale, che va diretto al cuore, restituendoci l’essenza stessa del jazz da noi tanto amato.
Pasquale Attolico
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