“Il mio scopo nel dipingere è sempre stata la più esatta trascrizione possibile della più intima impressione della natura. Se potessi esprimerlo con le parole, non ci sarebbe nessuna ragione per dipingerlo.” (Edward Hopper)
Riprodurre il mondo che ci circonda è, da sempre, prerogativa dell’Arte nella sua più alta accezione ed Edward Hopper, universalmente riconosciuto come il più grande pittore realista americano del XX secolo, è, con tutta probabilità, la migliore espressione di tale scuola di pensiero, essendo riuscito ad esprimere e palesare, in modo sublime, la malinconia e l’inquietudine della società del suo tempo – se non di ogni tempo -, focalizzando la sua attenzione soprattutto sulla solitudine, cercata o procurata; finanche quando, contravvenendo ad una sua regola, dipinge più di una figura, ogni personaggio non può non risultare un’isola a sé stante, solo apparentemente in contatto con gli altri protagonisti del quadro, talvolta prossimi fisicamente ma chiaramente distanti con la mente, costretti a convivere eppur incapaci di comunicare, immersi in spazi immensi cui sembrano non appartenere, assorbiti dall’imperante vuoto che sembra sovrastarli.
Alla visionaria e magnifica opera di Hopper si è ispirato il musicista calabrese Alberto La Neve per la composizione dell’album per solo sax Night Windows, pubblicato dall’etichetta indipendente Manitù Records, che, di fatto, prosegue il discorso della sua più recente produzione, in particolare del precedente Lidenbrock – Concerto for sax and voice, firmato a quattro mani con Fabiana Dota, presente anche in un brano dell’ultimo lavoro.
Negli otto brani del cd, ognuno dei quali ha il medesimo titolo di una delle creazioni di Hopper, La Neve continua la sua sperimentale quanto introspettiva ricerca di un suono personalissimo ed, invero, particolarissimo, di improbabile catalogazione e con riferimenti difficilmente rintracciabili, se non, a nostro modesto parere, in taluna produzione del Maestro John Surman; il suo sax tenore, di rado sostituito dal soprano, si spande per tutto il disco in modo uniforme, grazie anche ad un uso centellinato di loop machine e multi effects, e costruisce traiettorie musicali a volte enigmatiche ma sempre ipnotiche e mai claustrofobiche.
Il sound profondamente evocativo di La Neve sorprende ed avvince, al punto che non è difficile cogliervi qualcosa di metafisico e di ancestrale, che trasforma l’opera stessa in un palese pretesto per scandagliare l’animo umano; la sua interpretazione, servendosi di note sospese e di indizi musicali e sapendo ben comunicare lo stesso senso di trepidazione e fascinazione che trasmettono i dipinti di Hopper, si apre ad ulteriori e numerose interpretazioni che spingono a ripetuti ascolti, nella certezza di poter afferrare, ad ogni nuovo incontro, un’altra luminosa ed inedita intuizione musicale.
Pasquale Attolico