In molti siamo stati colpiti, giorni fa, da quel titolo “Il gigante buono, un bravo ragazzo”, con cui alcuni quotidiani hanno descritto il tipo di Piacenza, reo confesso di aver ucciso la ragazza che non voleva saperne di lui, occultandone, per 15 giorni, il cadavere. Un andazzo antico, ma non per questo meno grave, quello di edulcorare con insensato “buonismo” l’assassino (o violentatore) di turno, purchè bianco e possibilmente settentrionale. Si, sono giornali politicamente schierati, fanno il loro mestiere ma c’è -obiettivamente- del marcio se manca poco, nella loro rappresentazione, che ora sia la ragazza uccisa a Piacenza a dover chiedere scusa al suo assassino. Un buonismo d’accatto, un’ipocrisia nauseante questa che passa in quegli ambienti dove non ci si fa scrupolo alcuno, invece, di calunniare la ragazza tedesca che ha tratto in salvo dal mare 100 persone.
Il “ribaltamento” della scala dei valori, l’uso malizioso di alcune parole e di alcuni concetti, l’interpretazione distorta di alcuni fatti di cronaca rappresentano una piaga sociale gravissima che mina, da tempo, il nostro sistema di relazioni sociali. Li vedi con gli occhi pieni di bile parlare di “scafisti senza scrupoli” a proposito di ragazzi che fanno volontariato in mare; li leggi apostrofare con i peggiori insulti chi, soprattutto donne, rivesta un ruolo pubblico e professi idee diverse dalle loro. Poi, se vengono pizzicati dalla Giustizia e condannati per i loro comportamenti delittuosi, li vedi piagnucolare ed evocare fantasiosi complotti e grotteschi poteri forti rei, secondo il loro rozzo pensiero, di negargli la libertà.
E cascano rabbiosi dalle nuvole se un attore italiano premiato a Venezia o una affermata rockstar di lungo corso o l’attore americano ufficiale e gentiluomo provano, con discorsi semplici, a ristabilire l’ordine della scala dei valori.
C’è del marcio in quei titoli ammiccanti, un marcio putrido e infettante, ne sono convinto da tempo.
Il “gigante buono” la fess’ d’ mamm’t, come si dice a Piacenza!
LNG