La scena musicale londinese ai tempi della Brexit

dal nostro inviato a Londra

E’ stato un autunno caldo a Londra, ovviamente non per il clima. Tra parlamenti sospesi, la questione Brexit in continua evoluzione – spesso eterodiretta – e sedicenti uomini forti che prendevano il potere con pericolosa arroganza, il cielo su Londra si è fatto sempre più cupo.

Tanti europei oggi iniziano a rivalutare le proprie scelte alla luce di un clima politico e sociale che, lasciando sempre più agibilità politica alle iene di turno, rischia di normalizzare la xenofobia. Le città, almeno le più grandi e cosmopolite, rimangono porti sicuri per i tanti residenti stranieri. Allo stesso tempo tuttavia si allarga il divario tra città e aree più rurali e la ferita profonda inferta da questo referendum alla società inglese fatica a rimarginarsi.

La musica però, come le arti in genere, non cede alla barbarie e tende sempre una mano a chi non vuole adeguarsi al tanto peggio. Incessantemente ci sprona a capire che le divisioni servono ai pochi e mai perseguono il bene dei tanti. Nelle liriche della black music più impegnata si ripeteva spesso: “united we stand, divided we fall”. Era musica di classe del resto, per usare termini antichi.

Per fortuna, l’autunno londinese è stato molto caldo anche sulla scena musicale, quasi a voler ribattere colpo su colpo la retrocessione culturale galoppante su altri fronti. Sarebbe impossibile ripercorrere tutti gli eventi degni di nota in una metropoli che offre dozzine di eventi di alto livello ogni settimana. Mi limiterò a ricordarne dieci cui ho avuto la possibilità e il piacere di partecipare.

Il bank holiday di fine Agosto riporta in scena il carnevale di Notting Hill e la marea umana che lo accompagna festante. Meriterebbe un capitolo a sè l’importanza di questo evento musicale e folkloristico nel tessuto sociale cosmopolita e post-coloniale della Londra di oggi. Non è questa la sede per la disamina, ma siamo tutti contenti del fatto che questo evento resista nonostante le varie, influenti, pressioni. Al termine del bank holiday va in scena la leggenda della musica soul ‘Roy Ayers’ in una tra le music venues migliori di Londra, Il Jazz Cafe di Camden. Roy non ha bisogno di presentazioni e il suo show è stato di altissimo livello, anche grazie ad una coppia basso-batteria che ricordavano i migliori Sly & Robbie. Soprattutto, i loro assoli bellissimi e coinvolgenti davano tempo a Roy per rifiatare.
E Il pubblico, di ogni età, non ha potuto che apprezzare entusiasta.

Sempre al Jazz Cafè di Camden, a Settembre inoltrato vanno in scena i The Pioneers, storico gruppo reggae jamaicano. L’età è certamente avanzata, e spesso questo può essere problematico nelle performance live. Tuttavia i Pioneers sono riusciti a reggere bene la scena e soddisfare un pubblico, questa volta ben più adulto e memore dei loro grandi successi. Il sing-along sulla loro hit più famosa “My papa was a rolling stone” (in realtà cover del successo northern soul dei Temptations) ha dimostrato un affetto sincero per quei tre “vecchietti” sorridenti.

A fine settembre si cambia venue e ci si sposta nell’east London, al Village Underground di Shoreditch, per quella che è stata la performance musicale più sorprendente di questo autunno: Theon Cross. Questo ragazzotto giamaicano suona la tuba ma non si è accontentato di suonare dixieland per i turisti del quartiere francese di New Orleans. Ha deciso invece di esplorare nuove strade, in particolare mischiando jazz, soul ed elettronica. Accompagnato da sax, tromba, batteria e chitarra- ottima – lo show è stato un costante tripudio di fiati e groove, che ben riflettono il titolo dell’album “Faya” (slang caraibico per ‘fire’). Il cameo finale di Nubia Garcia al sax ci fa capire che Theon è già entrato a pieno titolo nella scena emergente londinese. Non vediamo l’ora del prossimo live.

Quando l’estate è ormai conclusa, la discoteca Printworks riapre i battenti. L’atmosfera pesantemente industriale, con un design illuminotecnico da brividi che fendeva il buio diffuso, ha reso Printworks un luogo cardine della scena techno londinese. The Hydra sceglie Bonobo come headliner del suo festival di elettronica diurno (sì, si può andare a ballare di giorno!). Credo che ormai Bonobo conosca ogni trucco per catturare l’audience. Il suo dj-set si innesta perfettamente sulle sonorità house newyorkesi di Omar S per poi accompagnare il pubblico adorante sulle sue hits più famose. Mi piace pensare tuttavia che il suo futuro artistico risieda più nella sperimentazione live, come magistralmente dimostrato nel live set ad Alexandra Palace di qualche anno fa (per gli amici ‘Ally Pally’).

Qualche giorno dopo ho avuto il piacere di assistere al ritorno dei Portico in formazione quartetto per uno showcase nell’iconico negozio di dischi ‘Rough Trade’ (east nello specifico perchè è la filiale di Shoreditch). Pur contento di aver assistito alla loro reunion in un’occasione di nicchia, rimango tuttavia abbastanza deluso. Non saprei dire se la mia sensazione era influenzata da una venue forse poco adatta ad un’esibizione che richiede un’acustica della sala migliore di quella che può offrire un grande magazzino pieno di dischi. In ogni caso, i Portico sembrano essere semplicemente tornati alle sonorità che li hanno reso famosi senza spingersi troppo più in là. Mi riservo di ascoltarli in circostanze più opportune e, magari, sarò felice di essermi sbagliato.

Siamo ormai giunti a fine Ottobre e forse è opportuno fare una pausa. Vi racconterò la seconda parte in un secondo articolo che, di nuovo, spazierà tra vecchie glorie e nuove promesse.

Stay tuned!

Andrea Muciaccia

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