Quando ci saremo lasciati alle spalle la pandemia da Covid-19 non potremo limitarci a dire che saremo cambiati. Dovremo tenere a mente almeno un paio di considerazioni che ispirino giorno per giorno il nostro nuovo modo di stare su questa terra.
Innanzitutto è stato provato che l’inquinamento è un buon amico del virus.
E’ poi altrettanto vero che nemico di ogni malessere è il buon umore, spesso alimentato dal mettersi in gioco per realizzarsi e trovare soddisfazioni in linea con il proprio mondo interiore e, non di rado, con le proprie radici.
In questo processo, si sa, lo abbiamo già visto nelle poche settimane estive di apparente sollievo, è illusorio nutrire aspettative troppo alte, addirittura rivoluzionarie. Meglio allora partire da esempi concreti che possano indicare una direzione, diffondere spunti e stimoli.
Uno di questi è senz’altro la mensa bio-etica di Melpignano (LE).
Nata nel 2017 su iniziativa dell’amministrazione comunale, costituisce una leva per l’economia territoriale, considerato che mette in comunicazione il servizio mensa delle scuole del paese, con i prodotti dei contadini locali.
Qui di seguito l’intervista alla Sindaca del Comune salentino, Valentina Avantaggiato.
Come nasce l’idea di questa mensa?
L’idea ha preso forma all’interno del “Mercato del Giusto”, rassegna organizzata dal Comune di Melpignano ormai da 4 anni, da marzo a fine luglio e da novembre a dicembre.
Quando ero vice sindaco e assessore all’ambiente si decise di portare in piazza i giovani contadini del paese, espressioni di una microeconomia che cercava di affermarsi in maniera resiliente nel nostro territorio, attraverso un’agricoltura etica, organica, sostenibile e rispettosa del lavoro, che peraltro è stata capace di creare la rete informale “Salento Km0”.
Il “Mercato del Giusto” ha permesso e permette a tanti cittadini di conoscere queste realtà, anche perché al mercato vero e proprio si affiancano incontri a tema con esperti del settore (sono stati nostri ospiti, tra gli altri, il giornalista e scrittore Stefano Liberti e l’ex presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci – vittima di un attentato mafioso nel 2016 – a cui abbiamo dato la cittadinanza onoraria) e eventi musicali, in una piazza circolare dotata di un porticato dal forte valore storico e simbolico, considerato che sin dal ‘500 ha ospitato mercanti che provenivano da Napoli e Bari per commerciare spezie e sete orientali. Da questi incontri sono scaturite una serie di riflessioni che hanno gradualmente forgiato l’idea della mensa.
All’inizio abbiamo trovato la disponibilità ad appoggiare il nostro progetto da parte della società che allora aveva l’appalto della mensa nella scuola dell’infanzia. In particolare, nel gennaio 2017, io e la presidente di “Salento Km0” proponemmo a questa società, in via sperimentale per il semestre rimanente, di acquistare non più dai fornitori abituali, bensì dalla rete informale dei contadini del territorio. Il paniere all’inizio comprendeva solo verdure e pomodori perché il budget comunale era limitato e avevamo bisogno di capire quali fossero le differenze di costo. L’esperimento funzionò, il cambio di gusto si sentiva, se ne inizi a parlare parecchio in giro, al punto che pensai di presentare il progetto alla Fondazione con il Sud, chiedendo un contributo che ci consentisse di coprire l’intero anno scolastico successivo. Inoltre tale contributo avrebbe evitato di pretendere dagli imprenditori un sacrificio per un servizio che chiedevamo noi come ente pubblico e, inoltre, ci avrebbe dato la forza di convincere altri Comuni a seguirci su questa strada.
Ottenemmo così un contributo di 10.000 euro da spendere nell’acquisto di materie prima della rete “Salento Km0” (garante della produzione sana e sostenibile), diventati 30.000 euro l’anno successivo grazie al fatto che Fondazione con il Sud ha girato il progetto a Fondazione UBI Banca.
Poi è arrivata la pandemia …
A quali esigenze risponde?
Risponde a una duplice esigenza: da un lato, creare le condizioni per cui all’interno della scuola dell’infanzia i bambini possano mangiare cibo di ottima qualità (a cominciare dalla conoscenza dell’origine della materia prima), consapevoli dei benefici derivanti da un’alimentazione sana ed equilibrata; dall’altro, fare apprezzare ai bambini la biodiversità, che dalla tavola si trasferisce alla socialità più in generale e quindi al rispetto delle differenze, tant’è che al momento del pasto vengono associate attività formative teatrali (realizzate da Fabio Zollino del Teatro Koreja, insieme ad altre due artiste) in collaborazione con la scuola, nella piena espressione del suo ruolo educativo, anche nei confronti dei genitori, nonché la distribuzione di materiale divulgativo. Inoltre, grazie ai contributi ricevuti, possiamo garantire: il sostegno al reddito dei produttori; la fornitura di cibo sano territoriale per la mensa della scuola dell’infanzia; l’allargamento del paniere, che ora comprende anche uova, olio, legumi, pane e altro ancora.
“Salento Km0” è responsabile delle forniture e procede all’analisi dei costi al fine di ricavare i dati necessari ad orientare la proposta del progetto a enti istituzionali nazionali o regionali, per incentivare l’elaborazione e la pubblicazione di bandi di sostegno a iniziative del genere.
Possiamo quindi parlare di un progetto replicabile ed esportabile?
La ragione di vita e sviluppo del progetto risiede soprattutto nella sua replicabilità. I piccoli produttori del territorio che puntano sull’agricoltura sostenibile generano microeconomie che solo se messe in reti sempre più ampie, possono pensare di raggiungere volumi sufficientemente alti per garantirsi margini dignitosi. Il progetto, insomma, deve avere un respiro extraterritoriale. Melpignano ha raggiunto un risultato sicuramente importante ma è troppo esiguo il numero di scuole e bambini coinvolti, serve un’opera di sensibilizzazione a vari livelli.
Considerato che spesso progetti così innovativi e coraggiosi sono più facilmente sviluppabili in piccole comunità, come ritiene sia possibile esportare questo modello anche nelle città più popolose e, quindi, interessate da grossi interessi contrapposti che aumentano il livello di conflittualità, fino, in alcuni casi, alla vera e propria paralisi?
E’ senz’altro vero che nelle piccole realtà è più facile mettersi insieme. Nel mio territorio i Comuni sono molto frammentati e vicini, con un’azione politica positiva non è complicato far passare il ragionamento che sostenere le microeconomie locali significa inevitabilmente sviluppare benefici per tutto il circondario.
Nelle grandi città ci vuole un grande intervento pubblico, nazionale e regionale, che garantisca premialità tramite bandi indirizzati alle forniture biologiche. In argomento sono allo studio anche misure ministeriali.
Non possiamo tuttavia ignorare alcune criticità. Il biologico, per esempio, non può essere riconosciuto dal mercato quale unico criterio, se si vuole che il progetto faccia crescere insieme bambini e piccole realtà produttive, evitando di tenere dentro soltanto grandi aziende già costituite. Un esempio interessante è la Food Policy di Milano, politica alimentare orientata a rendere più sostenibile il sistema alimentare cittadino.
Oltre che “bio” e “a chilometro zero”, la mensa di cui stiamo parlando è etica. Quale secondo lei in questo periodo è l’intento educativo-pedagogico più difficile da trasmettere?
Per i bambini probabilmente il rispetto dell’altro e della sua diversità, che può riguardare una persona o una verdura o qualsiasi altra componente di un sistema non antropocentrico. Per gli adulti la difficoltà consiste nel far comprendere che spesso dietro il cibo a buon mercato ci sono fenomeni di schiavitù e che una dieta diversificata e di qualità costa ma contribuisce a prevenire numerose malattie.
Ero presente al convegno “Praticare la restanza” tenutosi a San Mauro Forte (MT) qualche settimana fa nell’ambito del Festival di arti performative “So Far So Close – Esercizi di vicinanza” prodotto dalla Fondazione Matera Basilicata 2019. In quella occasione, oltre a lei, tra gli altri ospiti intervenuti, c’erano alcuni rappresentanti della Casa delle Agriculture di Castiglione d’Otranto (LE). Tale cooperativa ha preso in gestione alcune terre incolte e abbandonate (in alcuni casi ai limiti del degrado), affidatele in comodato d’uso gratuito da anziani, donne ed emigrati, e ha deciso di utilizzarle per il recupero e la coltivazione di cereali e ortaggi antichi, che poi vengono trasformati in prodotti da collocare all’interno un gruppo d’acquisto popolare. La semina coinvolge la comunità, in un rito collettivo che diventa consapevolezza della bellezza riscoperta e di una ritrovata empatia ambientale. E’ in fondo questa un’iniziativa che ha, tra i suoi scopi, quello di contrastare il noto e costante fenomeno dello spopolamento del Meridione, obiettivo che peraltro caratterizza anche il vostro progetto e che affonda le radici nell’agricoltura, per tanti anni messa ai margini, avvelenata, rinnegata.
A suo parere cosa altro occorrerebbe per invertire la tendenza migratoria?
Bisogna pretendere che i nostri territori vengano serviti da infrastrutture che attualmente mancano. E’ impensabile ritenere che una piccola azienda possa fare e-commerce in assenza di fibra ottica. Per non parlare dei servizi di trasporto: pur essendo, il nostro, un territorio pianeggiante, sono pochissimi i treni che superano Brindisi e raggiungono i nostri piccoli paesi dotati di stazioni (che gradualmente sono state chiuse).
Se il territorio è ben connesso e ben servito, è più facile costruire un turismo sostenibile destagionalizzato, che si affianchi a quello vacanziero estivo, più celebre ma certamente altrettanto fugace. Per farlo occorre valorizzare il paesaggio e i centri storici e incentivare punti di ristoro legati alle produzioni contadine collocate in aree di campagna già attraversate a strade vicinali che collegavano i paesini su cui accedono i fondi e che possono diventare cicloreti rurali.
La prima mensa scolastica bio è nata a Cesena 34 anni fa.
Nel 2016 BioBank ne ha censite1288, nella maggior parte dei casi concentrate in province settentrionali (in alcuni casi riconosciute e valorizzate da leggi regionali).
Cosa consiglia ai giovani meridionali che hanno voglia di tornare ad approcciarsi al mondo agricolo?
Consiglio di avere un approccio multifunzionale all’agricoltura, perché questa attività diventi, oltre che produttiva, anche ricettiva, oltre che occasione per avviare percorsi pedagogici e terapeutici. Questi processi devono nascere da privati capaci di coordinarsi in reti così articolate da generare pressioni sulle istituzioni pubbliche al fine di ottenere opportuno sostegno. Dovremmo imparare dalle amministrazioni illuminate di altri territori, penso all’Emilia Romagna che ha avviato politiche in grado di creare le condizioni per lo sviluppo di sistemi economici all’interno dei quali i privati possano far crescere la propria attività, mettendo fine, una volta per tutte, a sterili approcci assistenzialistici.
Grazie per il suo tempo.
Grazie a voi per l’attenzione.
Sempre a proposito di esempi concreti in grado di indicare direzioni, è notizia di questi giorni che i Comuni di Aliano, Cirigliano, Gorgoglione e Stigliano, grazie al Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (PSR 2014-2020), hanno acquisito i 114 ettari dell’Azienda “Baderta delle Murgine”, sita nella Val d’Agri. L’obiettivo progettuale consiste, da un lato, nel recupero e nella ristrutturazione di immobili e colture esistenti, dall’altro, anche grazie al supporto dell’Università della Basilicata e dell’ALSIA (Agenzia Lucana di Sviluppo e di Innovazione in Agricoltura), nell’introduzione di nuove coltivazioni che valorizzino le produzioni agroalimentari tipiche dell’area, al fine di commercializzarle con marchi etici e biologici che le veicolino oltre il mercato organizzato nazionale, in un contesto internazionale.
E’ del tutto evidente che l’intercettazione di fondi regionali, nazionali ed europei nonché la tessitura di appropriate sinergie con stakeholders selezionati possono risultare azioni decisive per disegnare l’orizzonte di un nuovo Meridione proiettato nel futuro e abbracciato alla tradizione.
“Continuo a lavorare nel Mezzogiorno, convinto come sono che l’unica cosa che conta è lavorare sodo attorno ai problemi concreti, riuscendo a realizzare di mano in mano quel poco che si può, cercando di accumulare esperienze e capacità effettive, per quanto dovesse servire e per quanto si potesse fare qualcosa di importante che cambi un poco seriamente la faccia di una realtà che dura sempre uguale a se stessa”. (Manlio Rossi-Doria)
Vanni La Guardia