1. Il nome – diciamocelo – è di quelli impegnativi, Hermes. Meno il cognome, Ferrari.
É il ristoratore modenese a capo della manifestazione di “Io apro” di alcuni giorni fa. Sobrie ed eleganti corna in testa, in omaggio allo “sciamano” trumpiano di Capitol Hill, lo vediamo spesso in mostra davanti a compiacenti telecamere, ospite alle trasmissioni della “TV del dolore”; e mi è capitato di sentirlo in radio ieri che bisticciava con la Lucarelli, rea, a suo dire, di non capire che, a fronte della dichiarazione dei redditi per 15mila euro da lui denunziata per i suoi nove ristoranti, il “ristoro” ricevuto dallo Stato di alcune migliaia di euro gli era largamente insufficiente.
Una citazione brechtiana (“ci sediamo dalla parte del torto“) fa sempre la sua porca figura e così Hermes ha il suo momento di notorietà. La sfiga, però, è grande.
Sabato scorso (prima della “zona gialla” e dunque in epoca vietata) decide di sfidare la sorte e apre uno dei suoi locali ad una cena “no-mask“, al chiuso, senza alcuna forma di protezione e in violazione di ogni norma anti-Covid: inevitabile l’arrivo di agenti, richieste di generalità, insulti e spintoni da parte dei pittoreschi clienti, bella gente, insomma, non è chiaro dalla cronaca se anche loro col necessario corredo di corna in ‘gap.
L’epilogo: oltre al titolare, tutte le 57 persone presenti sono state multate, per 23.000 euro complessivi e il ristorante è stato chiuso per alcuni giorni.
2. Un’altra ristoratrice, spacciatasi anche lei per “simbolo della protesta” si chiama Chiara Dalmazio: la ricordiamo inginocchiata alla manifestazione “Io Apro” inveire, sempre dinanzi alle telecamere in trasmissioni TV sedicenti politiche per carbonari e peracottari che hanno addirittura lanciato raccolte di fondi per “aiutarla a rialzarsi”: i danni provocati dalle trasmissioni del dolore dei vari Santoro, Paragone, Giletti, Floris etc., con questo tipo di trasmissioni lagnose e a tesi preconcette sono noti, è il segno dei tempi.
Insomma, come è e come no è, si scopre poi che i suoi bar-ristoranti è vero che son stati chiusi, ma nel 2018 e nel 2019, quando non c’era il Covid. A raccontarlo, i suoi ex clienti, i suoi ex dipendenti e i vicini: “Litigava con molte persone“, “I suoi dipendenti piangevano“, “Si faceva la pedicure dietro il bancone“, “Non mi pagava il canone e le ho dovuto intimare lo sfratto per morosità“, “Non pagava i fornitori“; “Non pagava i suoi dipendenti“, “Mi ha messo in cassa integrazione e ha trattenuto lei l’indennità“. Bella gente, insomma.
3. Una famiglia del vicentino ha pensato bene, a fine marzo, di andarsi a fare un viaggio in India e partecipare al rito del bagno nel Gange, assieme a migliaia di persone. Non ho idea di quale curiosa divinità andassero ad omaggiare, fatto sta che quello era il momento in cui in India c’erano milioni di contagi e decine di migliaia di morti (assai assai peggio -pare- che nell’odierno Brasile o negli Usa o nell’Inghilterra dell’anno scorso). Rientrati in Italia, dopo la necessaria preghiera collettiva in acqua, sono stati trovati positivi alla variante indiana; i primi casi in Italia di questa variante, attualmente oggetto di studio da parte degli scienziati.
Va detto, tuttavia, che, contrariamente ai primi due casi, i componenti di questa famiglia, una volta scoperto di esser positivi, si sono attenuti alla prevista quarantena: meno male a Gesù!
4. Un partito politico si è -come noto- fissato da mesi per una mozione di sfiducia contro il Ministro della Salute: possibilità di successo pari a quella che aveva la Bari, quest’anno, di salire in serie B: zero, come dimostra la votazione di ieri in cui neanche i potenziali alleati hanno votato a favore. Ma siccome jè capa tosta, la “capa sorella”, questa volta in compagnia del “capo felpa” di quell’altro partito, continua la noiosa tiritera sugli orari della chiusura (un’ora in più? un’ora in meno?), quando si sa benissimo che, in base all’andamento dei numeri rilevato (sperando che continuino a calare come sta succedendo da qualche giorno), le prescrizioni sugli orari cambieranno di settimana in settimana e, speriamo, le restrizioni si allenteranno.
5. Una assessora veneta dello stesso partito di quello di cui al punto 4, Elena Donazzan, ha deciso di commemorare il 25 aprile ricordando la morte di 14 nazisti sull’Altopiano di Asiago, tutti soldati della milizia nazista trentina, tutti tedeschi.
Dice di averlo fatto “in ricordo di tutti i caduti della guerra civile in Italia”.
La cronaca non riporta se anche lei ha citato la stucchevole frase del sedersi dalla parte del torto.
Traditori dell’Italia.
Sono un po’ così sti tipi.
Diciamocelo.
LNG