Come sempre, da dodici anni a questa parte, l’associazione “Nel Gioco del Jazz”, presieduta da Donato Romito, con la direzione artistica del M° Roberto Ottaviano, porta a Bari i grandi nomi del jazz internazionale.
La stagione autunnale, che vede il ritorno della programmazione concertistica al Teatro Forma di Bari, ha debuttato lo scorso 03 ottobre con Ada Montellanico “Abbey’s Road Quintet”.
Il 29 ottobre è stata la volta di una formazione eccezionale, rodata, compatta.
Fabio Accardi, batterista barese, ma esportato praticamente in ogni collaborazione nazionale contemporanea, sale sul palco per presentare il suo nuovo disco, “Breathe”, dedicato a Madre Terra. La FabCrew, di cui è capitano, annovera in formazione Claudio Filippini al piano, Francesco Poeti alle chitarre, Gaetano Partipilo al sax alto e soprano e Giorgio Vendola al contrabbasso. Serena Fortebraccio, guest star del quintetto, lo rende sestetto aggiungendo la voce gli strumenti in dotazione.
È affidato proprio al manifesto dell’album, “Let the Earth breathe”, l’attacco del set. Un pezzo davvero sensoriale, che allarga i tempi, ma anche le ariose variazioni, per poi riportarsi sul tema, evocativo di una Terra che inspira pioggia ed espira prati erbosi.
Lo segue “Mi-Fa bene”, pezzo giocato sugli accordi di Fa e Mi, e l’unica difficoltà che da spettatrice mi sento di manifestare è che fatico a distinguere quale musicista “fa più bene”, sia negli assoli, che negli spazi d’ensemble.
Ancora ossigeno, ancora Accardi, che con un assolo molto emotivo, annuncia il pezzo “Small talk with God”, una chiacchierata con Dio che tutti noi, in molte forme, abbiamo fatto, quando l’ossigeno ci è mancato, a vario titolo, nell’asfissia che ci ha riguardati tutti.
Un tandem femminile guida la successiva “Lullaby for a little angel”, una dolce storia della buonanotte, con la voce di Fortebraccio e le parole di Rossella Giancaspero, compagna di Accardi. Il tandem tornerà in seguito con “Once upon a time”, una favola dalle atmosfere à la Broadway.
E poi, quello che, a mio modesto parere, è stato il gioiello impareggiabile del concerto, “Daydreaming”, una versione del new classic dei Radiohead. L’intro è un assolo pazzesco di Vendola, che, nonostante suoni il contrabbasso, chiama a sé i numi tutelari della chitarra dopo Jimi Hendrix: c’è lo stesso Jonny Greenwood, nei pensamenti intensi, sognanti, ma c’è anche Jimmy Page, che con un arco in mano ha riarrangiato “Dazed and Confused”, le cui liquefazioni lisergiche si spandono sullo strumento di cui il musicista barese è sempre più padrone. La batteria si spinge fino ai ritmi di un etereo drum and bass, che Thom Yorke padroneggia nel suo disco solista “Anima”. Il piano e la voce mantengono lo spettatore schiacciato alla poltrona e alla canzone, mentre il sax lo spara in orbita. Questa parte del concerto, da sola, potrebbe valere l’intero spettacolo, ma vale anche godersi il resto come un dono che solo la bella musica può fare allo spirito.
Dopo un pezzo mozzafiato, “Oxygen”, complesso, virtuoso e irriverente, che diverte Accardi e i suoi, arriva un prezioso quanto graditissimo omaggio a Stevie Wonder, “Wonderland”, per l’appunto, tratto da “Precious”, il precedente album della FabCrew.
Il bis, concesso in questo viaggio dalla Terra all’Umanità, è una versione sobria, ma ugualmente ritmicamente seducente, di “Nature Boy” di Eden Ahbez, affine alla resa celeberrima di Nat King Cole, la riprova che un classico, eseguito magistralmente, non può deludere, specialmente se sostenuto da un sicuro volo del pianoforte.
Il prossimo appuntamento con i concerti di “Nel Gioco del Jazz” è sabato 6 novembre, con l’Hyperion Ensemble che propone tango con “Quarteto Guardia Vieja”, in due set, uno alle 18.30, già sold out, e uno alle 21.
Beatrice Zippo
foto di Beatrice Zippo e Gaetano De Gennaro