La stazione come unico denominatore comune delle vite imperfette raccontate ne “Il tempo di tornare a casa”, l’ultimo romanzo di Matteo Bussola

Ecco a cosa servono le storie, più di tutto il resto.
A dare un senso alle nostre attese.
A farci capire che c’è sempre un treno da prendere, nonostante tutto.
A farci sentire che siamo ancora in tempo
.”

Il tempo di tornare a casa” (Einaudi editore) è l’ultimo romanzo dello scrittore veronese Matteo Bussola, autore di bestseller a livello europeo come “Notti in bianco, baci a colazione”, da cui è stato recentemente tratto l’omonimo film.
È il suo quinto romanzo, che conta già numerose ristampe, un libro di 19 racconti brevi, uscito il 23 novembre dello scorso anno e diventato rapidamente uno dei romanzi più venduti e più letti in Italia negli ultimi mesi.

Le storie narrate nel libro hanno un unico denominatore comune: una stazione. È, infatti, un libro che trova la sua genesi in un treno perso e in un’attesa, che diventa per l’autore lo spunto per narrare delle storie, delle coinvolgenti vicende che si snodano attraverso i personaggi e le loro vibrazioni, le loro molteplici emozioni, le loro vite imperfette. La bellezza delle storie – veicoli emotivi – forse sta proprio nel fatto che esse ci aiutano a volte a capire chi siamo, cosa vogliamo essere e cosa non vogliamo essere. Non è un caso che il luogo a cui fanno riferimento tutte le storie sia una stazione, un crocevia di persone, di anime, di bagagli.
Un luogo di arrivi e di partenze.
Di saluti e di addii.
Di sconosciuti che si incrociano, che si sfiorano, che si guardano distrattamente o con curiosità, che forse nella loro vita non si incroceranno mai più o che aspettavano di incontrarsi, affinché il loro destino si compiesse.
A volte, invece, sono incontri che lasciano un segno profondo. Spesso, in una sala d’attesa, è facile sentirsi soli ed estranei, soprattutto se lontani da casa. Ecco perché una storia potrebbe aiutarti a sentirti più vicino ad altre persone e meno lontano da ciò che ti circonda in una stazione, da un binario, da un negozio e da chi ci lavora, da una piccola libreria, da un bar dove il caffè non è proprio tra i migliori.
E poi, sostiene l’autore “Non bastasse, i baci più belli si danno tutti lì: al binario mentre lasciamo partire qualcuno, o dopo il ritorno di chi amiamo”.

È con grande abilità che la penna di Matteo Bussola mette a fuoco la bellezza e la fatalità del vivere, il fascino degli imprevisti, la magia di un incontro, gli aspetti molteplici dell’amore, in tutte le sue forme: l’amore nel momento del suo “scintillante inizio”, l’amore coniugale, l’amore tra due giovani, tra due uomini, tra nonno e nipote, tra padre e figlio.

Ecco che, grazie all’amore, nelle straordinarie storie del libro, incontriamo – e ce ne innamoriamo – una serie di personaggi alle prese con le loro vite, con le loro speranze e i loro desideri, con le loro paure e i loro sogni, con la loro forza e la loro fragilità, con le loro cicatrici e le loro ferite, con il loro passato e il loro futuro.
Incontriamo così una donna che decide di resettare la sua vita, una giovane che preferisce scintillanti inizi al lieto fine, un nonno che attende trepidante l’incontro con la sua nipotina, un sedicenne con i capelli rosa alle prese con le sue pulsioni e con le sue trasgressioni, un uomo che sta per perdere la moglie malata, una scrittrice che insieme al marito porta in giro per l’Italia la sua storia. E ancora tanti altri personaggi, tutti che, in qualche modo, sono collegati ad una stazione e all’amore, filo conduttore del libro.
È l’amore che conosce sempre la strada giusta, quella che ti permette di tornare a casa e che sa quando è il tempo di tornarci e quando non è più il tempo dell’attesa.

Ci sono persone che passano la maggior parte della vita ad aspettare. Aspettano l’amore giusto, il momento adatto, il mantenimento di una promessa, la conclusione di una sofferenza, la rimarginazione di una ferita.
Attendono che qualcuno finalmente le veda.
Poi, un giorno, senza preavviso, si alzano in piedi tra la folla e decidono che è ora.

Decidono che per ognuno è ormai tempo di tornare ad affrontare le sfide quotidiane, di superare le proprie paure, di riprendere il cammino di viandanti che tornano alle proprie vite, lasciate a maggese durante il tempo dell’attesa.

Ornella Durante

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