“Heritage Live”: un progetto per salvare le tradizioni musicali millenarie del Pakistan – Il reportage da Islamabad e Lahore di Dinko Fabris – Capitolo I

Dinko Fabris insegna Storia della musica e musicologia all’Università della Basilicata (Matera) e all’Università di Leiden in Olanda. È stato il primo italiano Presidente dell’International Musicological Society, di cui è attualmente Past President. Dal 2020 è responsabile del Dipartimento di ricerca editoria e comunicazione del Teatro di San Carlo a Napoli.
Il Cirano Post è onorato di pubblicare, da oggi e a cadenza settimanale, le puntate del reportage del suo magnifico viaggio in Pakistan per dare vita ad un progetto dall’alto valore sociale ed umanitario.
A lui vanno i sentiti ringraziamenti di tutta la nostra Redazione per la straordinaria opportunità che ci offre con questa collaborazione, sperando che possa essere la prima di una lunga serie.

Proprio mentre le neuroscienze stanno dimostrando i benefici della musica per l’umanità in qualsiasi situazione ed età, dall’impatto acustico prenatale del feto alle malattie degenerative della tarda età, esistono luoghi del nostro pianeta dove fare il musicista è un’attività difficile, osteggiata e in alcuni casi pericolosa.
Eppure fin dagli albori della civiltà degli uomini pensanti, almeno 40.000 anni fa, coloro che avevano una speciale sensibilità per i suoni erano onorati come sciamani o sacerdoti, i membri più importanti di una comunità primitiva, perché riuscivano col loro orecchio raffinato ad avvertire i pericoli ed erano gli unici in grado di parlare – o meglio cantare – con le divinità da cui dipendeva la sopravvivenza del gruppo.

Una delle aree geografiche da cui ci si aspetterebbe un grande rispetto per la musica, avendovi questa avuto uno sviluppo teorico e pratico precoce e stupefacente, è il nord dell’India, un territorio dove videro la luce grandiose costruzioni culturali, dalla filosofia alle religioni come Induismo e Buddismo. Ma tra i disastri prodotti dallo scellerato piano artificiale di divisione del grande subcontinente voluto dai Britannici nel 1946, la cosiddetta Partition tra l’India meridionale a maggioranza induista e una parte nordica dove trasferire tutti i musulmani, il Pakistan, oltre al terrificante numero di morti e ai focolai di guerra che continuano ininterrotti da allora, soprattutto in Kashmir, possiamo contare anche il graduale spegnimento della grande tradizione musicale nel nord.

Si è ormai spezzata la catena didattica tra maestri e allievi, perché i giovani pakistani non trovano più interesse nell’affrontare anni di severo studio per la trasmissione orale degli antichi saperi, di fronte alle promesse di facile e immediato successo, per quanto effimero, attraverso le lusinghe telefoniche dei social-media. I governanti non si curano di questo problema, assillati da una povertà sempre crescente, e continuano ad alimentare l’illusione che le nuove tecnologie possano mettere al riparo dalle difficoltà economiche quei cittadini che vi si dedichino totalmente, abbandonando antiche tradizioni culturali ora in pericolo di scomparire.

Proprio in questi giorni si è aperto un nuovo tragico fronte di crisi economica che, sull’esempio dello Sri Lanka, potrebbe portare il paese in situazione di default per insolvenza dei troppi debiti esteri. Di fronte a questa situazione si capisce che le tradizioni culturali e musicali non possano attrarre l’attenzione dell’opinione pubblica. Non vi è in Pakistan un’azione diretta e violenta contro i musicisti, come avviene invece nell’Afghanistan governato dai Talebani, ma la conseguenza del totale disinteresse è assai simile: non incentivando lo studio della musica e la possibilità di trovare lavoro per i musicisti professionali, la musica d’arte potrebbe scomparire in tempi brevi dal paese.

Per tentare di arginare questa situazione e offrire ai musicisti tradizionali pakistani qualche rassicurazione sul proprio futuro, è nato due anni fa un progetto intitolato “Heritage Live”, su impulso di un uomo d’affari pakistano estremamente colto ed amante della musica, Qazi Asmat Isa.
Una prima edizione del progetto aveva coinvolto solo musicisti tradizionali da alcune zone del Pakistan, peraltro tutti uomini tranne una sola musicista donna, e nessun coinvolgimento internazionale. Nel corso del 2021 l’organizzazione del progetto, curata da FAcE (Foundation for Arts, culture and Education), ha  potuto coinvolgere un consorzio di ambasciate europee in Pakistan, costituitosi con la sigla Eunic (EU National Institutes for culture), per siglare un accordo di cooperazione per il potenziamento e la diffusione del progetto “Heritage life” a livello internazionale, che è stato coordinato dal fondatore di Face, Zeejah Fazli, coadiuvato dalla instancabile Nosheen Bukhari ed un pool di giovani pakistani entusiasti.

Dobbiamo sottolineare con soddisfazione che è stata proprio la cooperazione italiana, speciale Agenzia del Ministero degli Affari Esteri presente ad Islamabad in supporto all’Ambasciata d’Italia, a lanciare l’idea di consorziare le ambasciate europee e altre agenzie culturali simili (Goethe’s Institute, Alliance Française) per sostenere il progetto. Accanto all’Italia, hanno aderito le rappresentanze di Austria, Bulgaria, Francia, Germania, Repubblica Ceca e Romania. A partire dal gennaio 2022, ognuna di queste nazioni ha provveduto a selezionare uno o più musicisti rappresentativi da inviare a proprie spese in Pakistan, e tutti insieme si sarebbero poi confrontati con una squadra di musicisti tradizionali convocati da tutto il Pakistan, condividendo un’intensa settimana di vita in comune, per giungere a dei concerti finali e alla realizzazione di materiale da diffondere a livello internazionale.

(continua)

Dinko Fabris

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