Ronald Reagan è stato il 40° presidente degli USA e, come forse molti ricorderanno, aveva elaborato una dottrina in base alla quale l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, in arte URSS, era l’impero del male da sconfiggere in ogni modo.
L’anno della sua elezione, il 1980, segnò la recrudescenza di quella che fu definita la guerra fredda combattuta contro “l’impero del male” in ogni angolo del mondo e maggiormente nel cortile di casa, ovvero nell’America centrale.
“Dobbiamo sostenere tutti i nostri alleati democratici, e non dobbiamo rompere la fede con coloro che stanno rischiando la vita – in ogni continente, dall’Afghanistan al Nicaragua – per sfidare l’aggressione sostenuta dai sovietici e i diritti sicuri che ci sono stati dalla nascita”. (Ronald Reagan al Congresso deli Stati Uniti d’America)
Se però ci si mette di mezzo il Congresso degli Stati Uniti d’America e, con un proprio emendamento, ti impedisce di fare la guerra al governo Sandinista del Nicaragua, ecco l’immarcescibile e sempre presente CIA, pronta ad affrontare qualunque illegalità pur di obbedire al presidente di turno.
Bisogna però creare un’organizzazione, ovviamente segreta, con il compito di fare quello che ufficialmente non si vuole dire, del genere “è un lavoro sporco ma qualcuno lo dovrà pur fare”.
Il problema è, come si usa dire, trovare gli uomini giusti. Devono essere bravi e disponibili e se poi riesci a trovare un uomo ricattabile che sa volare perfettamente e non dice mai di no, meglio.
Alla produzione ed agli sceneggiatori di “Barry Seal – Una storia americana” non poteva essere servito spunto migliore per costruire un personaggio romanzato ed un film sulla vita di uno spericolato contrabbandiere, trafficante di droga, doppio-giochista, abilissimo pilota con un vissuto così temerario da poterlo comparare ad un moderno pirata, con la base nascosta tra le pieghe della sterminata campagna americana e pronto a lavorare al servizio di chiunque pur di arricchirsi e non scontare alcuna pena.
La vita del nostro Barry, giocata sempre sul filo, come un abile equilibrista, sarà condotta con temeraria abilità ed incredibili avventure. Avrà il suo epilogo scontato, anche se il regista, poi, si diverte a giocare con noi, raccontandoci un esito complessivo soggettivo, ma molto in linea con la storia raccontata.
Ovviamente il regista, Doug Liman, racconta ‘una’ storia e non ‘la’ storia, quindi tutto viene, per così dire, meglio del vero, ma ha individuato un format che ricollega la vicenda al periodo storico in cui si è effettivamente svolta, ovvero tra la fine degli anni 70 e fino alla metà, circa, degli anni 80, dandoci un’impressione di verità pur nell’alterazione della stessa.
Il linguaggio visivo ricorda quello tipico della hollywood finto hippy di quegli anni con l’uso dei cartoni animati e la creazione di una sigla composta di immagini e musica dell’epoca, come l’indimenticabile quinta del grande ‘Ludovico Van’ in chiave pop di Walter Murphi (https://youtu.be/4MFbn8EbB4k) o di altri pezzi non troppo convenzionali come, tra gli altri, Loud N’ Restless dei Loosely Tight (https://youtu.be/nBUzgaU0WGE) o la One Way Out degli Allman Brothers Band (https://youtu.be/UCt-9JFHL7U), rende in maniera plausibile lo spirito del tempo.
Tom Cruise sembra essere pienamente nei suoi panni in questo pilota ambiguo ma avventuroso, interpretato con spigliatezza e sorriso costante, come si addice al simpatico criminale che si vuole rappresentare.
Di particolare interesse le riprese in volo, reali in massima parte, ed il montaggio stringente e non banale.
Un film ben costruito e, se vogliamo, con vicende anche più semplici di quelle reali come dimostra la biografia di Barry Seal pubblicata su internet (https://it.frwiki.wiki/wiki/Barry_Seal).
Un’ultima notazione, questa si, sembra, vera. Nel film sono citati tre presidenti (Reagan, Bush e Clinton) che, pare, fossero in qualche misura a conoscenza del tutto.
La pellicola è del 2017 e, quindi, ovviamente, la si può trovare solo sulle piattaforme.
Marco Preverin