La giornata si preannuncia impegnativa, vista la proiezione mattutina al Kursaal riservata alla giuria del film “Tutti i cani muoiono soli” di Paolo Pisanu, una storia di disperazione ambientata in Sardegna.
La giuria si riunisce qualche minuto prima della proiezione per commentare la proiezione del giorno prima. Mi ero avvicinata a questo momento credendo di avere un punto di vista un po’ critico e fuori dal coro, scopro invece con immenso sollievo che l’energia collettiva si trova su moltissimi punti che riguardano le leve sensibili del film visto, sia all’interno dei giurati, ciascuna e ciascuno col suo personale bagaglio e punto di vista, ma soprattutto della Presidente di giuria Donatella Palermo, segno non solo che la scelta delle giurate e dei giurati è stata fatta secondo affinità di motivazione, ma che l’indirizzo sulle scelte della giuria sarà ben improntato e condiviso.
Il film scorre in una sala riservata solo per noi, una circostanza che stamattina è stata un lusso, ma che solitamente è diventata segno di desolazione e disaffezione per le sale cinematografiche, constatavamo con le colleghe e i colleghi.
Un altro momento di confronto della giuria con la Presidente alla fine della proiezione, anche questo caratterizzato dalla massima condivisione di impressioni e anche allo snocciolamento delle sensazioni incompiute, su cui ci siamo riservati di riflettere oltre.
Tempo di andare in bagno, e di rimanere chiusa nel Kursaal per qualche istante (non mi sono mai sentita in trappola, in un teatro mi farei pure seppellire), e dopo un pranzo e un giro nella città vestita a Bi-f&sta, mi sono concessa una proiezione extra al Piccinni nel pomeriggio, scelta condivisa da altri tre giurati, il documentario “Mimì, tutti ne parlano, io l’ho conosciuta” di Gianfrancesco Lazotti, di stile un po’ schiacciato verso l’imitazione di “Ennio” di Tornatore, e in cui, secondo me, la sete di verità per Mia Martini ha lasciato il posto a qualche lacrimoso coccodrillo di troppo. La dovuta eccezione è Leopoldo Mastelloni, amico vero di Mia Martini, il quale, ospite in sala, ha anche lanciato un condivisibilissimo anatema contro le maldicenze e le accuse di portare sfiga rivolte al talento.
È il tempo di quello che forse è il film più annunciato e comunicato di questo Bif&st: “Percoco – Il primo mostro d’Italia” di Pierluigi Ferrandini. Tra giurate e giurati si inizia a socializzare, complice, oltre alla passione per il cinema, l’osservazione del pubblico convenuto a quella che più che una proiezione, sembra un evento “giusto”, cui nessun ingrediente manca: un film ambientato a Bari, su un fatto di cronaca avvenuto a pochi passi dal miglio dei teatri, basato su un romanzo scritto da un autore molto conosciuto a livello locale.
Domani sarà il tempo di parlare di “Percoco”, perché è il tempo di correre al Petruzzelli per “Mia” di Ivano De Matteo, altra proiezione extra che mi sono concessa. Con Edoardo Leo come attore protagonista, Mia racconta la storia di una famiglia in cui un ragazzo violento e manipolatore circuisce la figlia quindicenne. Il padre, dopo aver reagito alla notizia della violenza sessuale perpetrata alla figlia regalandole un gattino, decide di farsi vendetta da solo, impersonando in maniera abbastanza netta un quadro famigliare disfunzionale.
Il film per cui sarà chiesto alla giuria di esprimersi nel terzo giorno sarà “Le mie ragazze di carta” di Luca Lucini.
Beatrice Zippo