Con il suo nuovo film “Scordato”, Rocco Papaleo, grazie anche all’interpretazione di una splendida Giorgia, si confronta con se stesso (e noi con lui)

‘Bilancio’ è uno dei termini più diffusi in ogni branca della conoscenza, dalla contabilità, da cui nasce, alla chimica, alla sociologia.
Insomma si usa ogniqualvolta si vuole riunire un unico spazio il buono e il cattivo, il bello e il brutto, l’attivo e il passivo di ogni periodo della vita. Se vogliamo di ogni aspetto della vita. Nel nostro bilancio ciascuno di noi pesa e valuta, alla faccia del non giudicate, vicende e persone che hanno attraversato e talvolta punzonato la nostra vita e che, ciascuna, hanno lasciato un segno, sia esso piccolo o grande, nella nostra anima e talvolta nel nostro corpo.

Raccontare se stessi attraverso il bilancio della propria vita, vera o immaginaria che sia, non è un’operazione facile. Il rischio evidente è trasformarsi in un’icona di sé (e, spesso, di se), facendo della centralità del racconto autobiografico non il perno narrativo ma il racconto del proprio egocentrismo.
Rocco Papaleo, autore, regista e interprete di “un immaginario sé stesso “Scordato, riesce in quest’operazione non facile. Raccontare, raccontarsi, senza incenso e senza cenere, utilizzando due evidenti accorgimenti narrativi: la sua malattia psicosomatica e un rapporto ‘reale’ con il se stesso giovane. Un malanno fisico, un malanno psichico ed il caso lo spingono tra le braccia di una terapeuta che lo raddrizza. Un ‘incriccamento’ continuo della schiena e un’anima inquieta che non riescono a fare i conti con il passato troveranno il guaritore imprevedibile. Solo quando finalmente riuscirà a fare il suo bilancio, a mettere tutto il buono e il cattivo, il bello e il brutto, l’attivo ed il passivo nello stesso calderone e lo avrà risistemato, rielaborato, ricostruito, potrà finalmente riprendere il filo emotivo della propria vita.

Papaleo regista ha la capacità di condurre la pellicola con mano sicura, disegnando una vicenda con immagini di innegabile emotiva bellezza. Malinconico senza immalinconire, intimo ma con pudore.
Papaleo attore, dolente più che dolorante, con momenti di straniamento che ispirano quasi tenerezza, si muove con navigata bravura, alternando le espressioni e le emozioni senza mai strafare e senza cadere nella brutta copia del suo stesso personaggio.
Papaleo giovane è Simone Corbisiero, il quale dà una prova di attore molto bella. fresca, ma senza essere inesperta. Si cala nel personaggio come un modello in un abito sartoriale. Così Angela Curri, che rende un personaggio spigoloso e ruvido in maniera convincente, ma senza affettazione e senza esagerare sulla carica eversiva della storia e del personaggio stesso. Giorgia Todrani (sì, proprio la Giorgia nazionale, quella vera, la stessa che ci ha abituati alle splendide architetture della sua voce unica) è inaspettatamente convincente nel ruolo della fisioterapista che interpreta con persuasiva naturalezza.

Le ambientazioni e la fotografia di Simone d’Onofrio ci trasmettono l’amore profondo di Papaleo per la sua terra e la luce che la pervade. La colonna sonora merita, da sola, un approfondimento a sé; il nostro in più occasioni ha mostrato il suo talento musicale (Basilicata coast to coast ne è stato un bellissimo esempio) e anche in questo film non si smentisce. L’uso di Rachmaninoff, accennato ma chiaro, e poi di Rhapsody in Blue di George Gershwin, anch’essa iniziata e non terminata (come, del resto, il protagonista), danno il senso di scelte non convenzionali per questo tipo di film, vere e proprie sorprese come i panorami che le curve della strada scoprono, come un sipario alzato all’improvviso. Michele Braga compone poi musiche di ottimo livello ed emotivamente coinvolgenti, combinando la splendida voce di Giorgia con la più arrochita ma suadente voce di Papaleo.

Nell’insieme un’opera di spessore e valore che vale certamente la pena di vedere.

Marco Preverin

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