L’arte di Dado Moroni di raccontare il jazz: il pianista genovese in evidenza nel concerto del Giovanni Scasciamacchia Trio al Duke Jazz Club di Bari

Un trio d’eccezione si è esibito al Duke Jazz club di Bari con Giovanni Scasciamacchia (batteria), Giuseppe Bassi (contrabbasso) e Dado Moroni (pianoforte). Ma senza nulla togliere a Bassi e Scasciamacchia, la presenza straordinaria di Dado Moroni ha infiammato il pubblico presente. Al trio, nella seconda parte del concerto, si è aggiunto il padrone di casa Guido
di Leone
per omaggiare uno dei più straordinari chitarristi jazz italiani, Franco Cerri, scomparso ad ottobre del 2021 all’età di 95 anni.

Titolare di questo trio è Giovanni Scasciamacchia, classe 1977, di Barnalda (MT), batterista e compositore autodidatta, che nonostante la giovane età, ha all’attivo ottime referenze collaborando con musicisti italiani (Fabrizio Bosso, Rosario Giuliani, Daniele Scannapieco, Emanuele Cisi, Andrea Pozza e tanti altri) e stranieri (Steve Grossman, Michel Rosen, e altri). A suo nome sono stati pubblicati già 17 album, oltre a tanti altri come sideman. Dotato di un drumming incalzante e preciso, riesce con una apparente facilità ad accompagnare qualsiasi musicista senza entrare in soggezione, ma è anche apprezzabile dal punto di vista della composizione. Un accompagnatore fidato per grandi musicisti.

A fargli da ‘spalla’ il nostro (barese) Giuseppe Bassi al contrabbasso, ormai una certezza non solo per la nostra città ma anche a livello internazionale, tanto è vero che lo ritroveremo quest’estate in quel di Mola di Bari nel gruppo della divina Ute Lemper. Per molti anni ha vissuto in America ed ha collaborato con tanti musicisti, americani e no (Lew Tabackin, Bobby Durham, Rashed Alì, Greg Osby, Mal Waldron, Avishai Cohen e tantissimi altri). La sua musica spazia dal Jazz tradizionale all’avanguardia. In attività dalla fine degli anni ’80. I suoi punti di riferimento restano Ray Brown e Charlie Haden, e vanta una stretta amicizia con Christian McBride (contrabbassista, vincitore di ben tre Grammy Award e attuale direttore artistico del Newport Jazz Festival). Anche lui è apprezzato per la sua capacità compositiva. Oltre agli album incisi a suo nome, sono tantissimi i dischi a cui ha partecipato come sideman con artisti quali Lew Tabackin, Roberto Gatto, Fabrizio Bosso, Gianni Basso, Enrico Pierannunzi Max Ionata, Gegè Telesforo ed altri. Per alcuni anni è stato docente presso il Conservatorio di Cosenza. Ha partecipato ad un suggestivo documentario (Yomigaeru – Rivivere) di Alessandro Trapani realizzato nelle zone circostanti la centrale nucleare di Fukushima, evacuate immediatamente dopo il disastro nucleare causato dallo tsunami del 2011 e che da poco sono state riaperte agli abitanti. Un viaggio fatti di incontri con le persone che, tra molte difficoltà stanno tornando a vivere nei loro luoghi d’origine, e durante il quale il protagonista porta la musica nelle loro case e raccoglie le loro storie.

Insieme a Scasciamacchia e Bassi, il trio si completa con Dado Moroni, uno dei pianisti più ecclettici del panorama nazionale ed internazionale. Sessantun anni, genovese, si è avvicinato al jazz fin da ragazzo ed ha cominciato a suonare ed incidere dischi neanche diciannovenne. (il suo primo album, “Bluesology” è stato inciso nel 1981 con Tullio De Piscopo, Neils Henning Orsted Pedersen e Franco Ambrosetti). Nel 1991 si è trasferito per diversi anni negli Stati Uniti, entrando a far parte della scena jazz di New York, e apparendo regolarmente sia come leader che come sideman, in alcuni dei club più prestigiosi della città, tra cui Blue Note, Birdland, Village Vanguard. Ha avuto pertanto occasione di conoscere di persona i grandi pionieri del jazz, suonando insieme a loro e facendo tesoro dagli svariati incontri. A soli 25 anni di età, nel 1987, ha fatto parte della giuria al prestigioso Thelonious Monk International Piano Competition. Molto ricercato sia in Italia che all’estero, nella sua smisurata discografia ha inciso album con artisti del calibro di Ray Brown, Tom Harrell, Ron Carter, Clark Terry, Bobby Watson e tanti altri.
Suo punto di riferimento, nello stile pianistico, è stato (e rimane) Oscar Peterson, altro pianista dotato di una tecnica straordinaria e vanta una strettissima amicizia con pianisti a lui molto similari quali Benny Green e Kenny Barron. Il suo stile è inconfondibile e torrenziale, con uno swing accattivante.

Come ben sintetizzato da parte di Guido Di Leone, padrone di casa, nella presentazione del gruppo, il jazz vive di due atmosfere: quella compositiva e l’estemporaneità. A volte avviene quasi il miracolo, quando musicisti che quasi non si conoscono salgono sul palco per suonare degli standard, cercando di recuperare tutte le energie, tra il pubblico o tra i musicisti stessi (quello che si chiama interplay). Tantissimi dischi importantissimi della storia del jazz sono nati così, tra musicisti che a mala pena si conoscevano. E’ il caso del gruppo che si è esibito al Duke, con un concerto quasi completamente dedicato a standard.

Nella prima parte sono stati presentati alcuni brani tratti da un album inciso dal trio ad ottobre 2019, prima del Covid, in occasione di una precedente venuta a Bari di Dado Moroni. Tra i brani presentati (e presenti sul CD): Cheryl di Charlie Parker e Minority di Gigi Gryce. Nella seconda parte del concerto, come detto, si è aggiunto al trio anche Guido Di Leone alla chitarra, rendendo omaggio a Franco Cerri, chitarrista tra i pionieri del jazz in Italia, e recentemente scomparso. Sono stati presentati brani tratti dal repertorio di Duke Ellington, Jerry Mulligan, Charlie Parker. A parte Scasciamacchia, più giovane, gli altri tre musicisti hanno avuto l’onore ed il piacere di suonare con Franco Cerri, ritenuto un po’ il padre di tutti i musicisti della loro fascia di età. E’ stato eseguito, tra gli altri, un brano scritto da Franco Cerri dal titolo stravagante “Ciò nonostante, sono un assiduo bagnante”. L’ultimo brano del concerto (non il bis) è stato dedicato a Barney Kessel, con una composizione scritta da Guido Di Leone ed incisa in duetto con Franco Cerri, dal titolo “Barney’s mood”.

Tra un brano e l’altro, non sono mancati simpatici intermezzi raccontati da Moroni, ma anche da Guido Di Leone e Giuseppe Bassi, che hanno avuto modo di narrare aneddoti spesso divertenti (animali di fantasia, lunghi viaggi in treno, errori di stampa) o raccontando alcune particolarità di musicisti quali Gigi Gryce, Jango Rejnard, o le traduzioni estemporanee di Franco Cerri), facendoci apprezzare a pieno i brani proposti. Questi racconti hanno avuto la capacità di dare corpo alla musica, e sono stati parte integrante di un lungo concerto.

Un concerto che abbiamo gustato in tutti i sensi: ascoltato melodie squisite, visto all’opera quattro virtuosi dei loro strumenti, sentito racconti di vita vissuta da parte di tutti i musicisti. Veramente una serata intensa. Il Duke Jazz Club si conferma ancora una volta un luogo privilegiato per fare incontri interessanti per ascoltare ottima musica, sempre in compagnia.
E’ bello sentirsi a casa.

Gaetano de Gennaro
Foto di Gaetano de Gennaro

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