Nulla a che vedere con “Mon crime” (ma pur sempre “condito” a modo suo di commedia) questo “Peter von Kant” di François Ozon è un delizioso e geniale tributo al cinema sperimentale di Rainer Werner Fassbinder ed alla sua bellissima musa, per intenderci “tale” Hanna Schygulla (che bello rivederla qui in azione – interpreta Rosemarie – per stimolare tanti intellettual-ricordi), de “Le lacrime amare di Petra von Kant“, indimenticato sfaccettato ritratto femminile del lontanissimo 1972, per non dimenticare poi quelli (i ritratti) di “Maria Braun” (ancora interprete la Schygulla, “correva” l’anno 1978) e “Veronica Voss” (AD 1982). Tre affascinanti volti della Fassbinder-amor teoria.
In questa pellicola, la trovata geniale ed artistica di Ozon è quella di trasformare le “lacrime” di una stilista nel suo tormentato rapporto con la sua “muta” assistente, in un regista omosessuale, Peter (che bravo Denis Ménochet, già apprezzato nell’angustiato Antoine in “As Bestas” di Sorogoyen, che abbiamo già recensito qui sul Cirano Post) che “umilia” la sua dignità affettiva nei confronti del “velenoso” oggetto di desiderio Amir (il belloccio Khalil Gharbia), attore alle prime armi che Peter (l’Ozon-Fassbinder) trasformerà in attore di fama internazionale (nota di interpretazione: il suo di Peter lacchè-servitore in questo film è un godibilissimo “muto”. Pertanto, un plauso speciale a Karl-Stefan Crepon).
Ozon (ri)disegna un ritratto d’Amore (rigorosamente con apostrofo) irto di pene, aculei, spigolosità attenuando (ma, per fortuna, non cancellandoli del tutto) i toni da commedia a lui cari.
I ritmi (inconfondibili) sono i suoi caratteristici che fa calzare a pennello in una perfetta sceneggiatura da lui dettagliatamente curata.
E che dire delle curatissime inquadrature-coreografiche “vintage ’72” in cui primeggiano delle stupende tonalità di caldi ed intensi rossi della passione, “calor infernale”.
Film molto ricercato, che si fa amare, questo “Peter von Kant”.
Per cinefili.
Vito Lopez