“With the lights out, it’s less dangerous
Here we are now, entertain us
I feel stupid, and contagious
Here we are now, entertain us”
(“Con la luce, è meno pericoloso
Eccoci, facci divertire
Mi sento stupido e contagioso
Eccoci, facci divertire”)
(Nirvana “Smells like teen spirit”)
Come alle volte accade, il meteo e il caso agiscono da quarta dimensione per uno spettacolo. Da un lato, un’ondata di caldo torrido ricrea la temperatura di un set cinematografico senza ombra e carico di sofferenza, di cui quelli di Pasolini erano l’antonomasia, fino a farci un film. Dall’altro, una città ostaggio di una rassegna musicale che riunisce tutti assieme i tour di qualche headliner ingozzato al pubblico dalle radio, dai talent e dalle major dello streaming, attorniato da una serie di meteore che mai conosceranno la croce e la delizia di una tribute band in proprio onore.
In questa democratura della mediocrità, evocare Orson Welles ne “La Ricotta” di Pasolini in un bagno di sudore appare un atto rivoluzionario. Ecco ciò che fa Vittorio Continelli, scrivendo e declamando “Stracci. Contro l’uomo medio”. Il monologo prevede la collaborazione alla scrittura di Riccardo Quacquarelli, in una produzione mo-wan teatro, ed è la seconda tappa del prologo della nona edizione de “Il peso della farfalla”, il festival organizzato da Punti Cospicui, di cui l’anima e il corpo è Clarissa Veronico. Il festival, oltre all’abnegazione di chi l’organizza, e l’ospitalità proattiva di un vero crocevia delle culture com’è Prinz Zaum, prevede il sostegno di Vallisa Cultura e il contributo del Comune di Bari.
La storia è quella di Stracci, come lo chiamano nell’ambiente, una comparsa più o meno habitué dei set cinematografici, un miserabile padre di famiglia, affamato, il cibo usato per il ludibrio dei presenti, fino a quando lo stesso Stracci non schiatta per un’indigestione. Una storia che sembra una macabra striscia di un cartone animato splatter in bianco e nero, ma che apre decine di scenari che paiono ciascuno un comizio: la cristologia di Pasolini e la crocifissione come atto di scherno estremo a monito di un intero popolo; l’esaltazione di una comparsa, che come tale si sente un grande talento in nuce; la gloria maldestra di questa stessa comparsa nei confronti di un pubblico casuale, assurta al pari di un grande attore, un “uno vale uno” che in Italia vediamo da più di quarant’anni. La trasposizione di questo “uno vale uno” dallo spettacolo alla società e alla politica è il prodotto ultimo dello stato di cose preconizzato da Pasolini e declamato da Continelli, parabole autodistruttive o di obsolescenza programmata incluse. Uno vale uno, mentre altri, pochi, valgono il potere della moltitudine, distaccandosi finanche dal concetto di rappresentanza. La digressione fino al fuori traccia è sempre in agguato.
Per fortuna o purtroppo, il sacrificio estremo di Pasolini, in un luogo affollato e desolato come un set cinematografico, un altro, ben noto ludibrio, non più nella finzione ma nella realtà, con le coscienze ammantate dal buio della notte, riporta la trattazione sul binario.
Fa caldo, farà sempre più caldo, ma la croce è già il posto più caldo.
Beatrice Zippo
Foto di Clarissa Veronico