Con “A che punto è la notte”, il nuovo progetto discografico del Pinturas 4et, Roberto Ottaviano lancia il guanto di sfida alla paura di ciò che non si conosce

Dopo più di 11 anni, Roberto Ottaviano torna in sala d’incisione con il suo quartetto Pinturas, composto da Nando Di Modugno, Giorgio Vendola e Pippo D’Ambrosio. Ne è passato di tempo, ma il quartetto è sempre stato attivo, presentando performances particolarmente ricercate e raffinate.

Il gruppo Pinturas nasce nel 2004 dalla collaborazione tra Ottaviano e Nando Di Modugno. Due musicisti particolarmente creativi e comunicativi, con l’intenzione di riproporre in musica le stesse sensazioni suscitate dal disegno e dalla pittura. Solo dopo qualche anno la collaborazione è stata allargata a Giorgio Vendola e Pippo D’Ambrosio, spesso coinvolgendo altri musicisti e voci che hanno dato spessore al progetto. Basti pensare alle collaborazioni con Lisa Manosperti, Rocco Capri Chiumarulo, Serena  Armstrong Fortebraccio, Mirko Signorile, Redi Hasa, Giorgio Distante, Vince Abbracciante o Luisiana Lorusso.

Di Roberto Ottaviano potremmo parlare all’infinito. Anche se è uno di quei musicisti che ha scelto di non abbandonare la sua città, è stato sempre presente in Europa, ma non solo. Strumentista e compositore raffinato, animatore musicale, dal 1989 titolare della cattedra di Musica Jazz al Conservatorio di Bari (ma anche docente, fra gli altri, a Woodstock in Usa, al Conservatorio di Città del Messico, alla Music Hochshule di Vienna), riesce sempre a stupire l’ascoltatore. Prezioso anche nella direzione di formazioni allargate, dove riesce bene a coniugare le sue capacità di strumentista, di compositore, di insegnante e di conduttore. Un Maestro a tutto tondo, che come ormai noto ai più (ma ci sembra il caso ribadire) è stato proclamato vincitore come miglior musicista dell’anno 2022 del prestigioso referendum della rivista specializzata “Musica Jazz”. Il Maestro Ottaviano non finisce mai di sorprenderci. Svariate sono le sue formazioni e collaborazioni, dal solo (vedi l’album Skin), al duo (splendido l’omaggio a Mingus con il pianista Alexander Hawkins), a formazioni più classiche in trio, quartetto e quintetto, senza mai abbandonare le formazioni con organici allargati, dove riesce ad esprimere tutta la sua maestria.

Di Nando Di Modugno abbiamo parlato di recente per altre collaborazioni. Barese anche lui, uno dei chitarristi più rappresentativi della scena classica e Jazz internazionale, è docente di chitarra al conservatorio di Bari e annovera studi con Linda Calsolaro, allieva del leggendario chitarrista spagnolo Andrés Segovia. Molto attivo nel panorama della musica classica ma non solo, collaborando con le orchestre dirette da Ennio Morricone e Nicola Piovani e non ultimo il sodalizio con Roberto Ottaviano in varie formazioni.

Giorgio Vendola e Pippo D’Ambrosio, formano la sezione ritmica. Sempre molto richiesti e vantano grandi collaborazioni con musicisti nazionale ed internazionali. Ognuno dei due impegnato nella conduzione di propri gruppi. Di certo sbaglia chi ritiene che solo per il fatto di essere musicisti locali, non meritano quell’attenzione in più.

Il CD, edito dall’etichetta Dodicilune, è dedicato alla figura di Rino Arbore, chitarrista barese scomparso a giugno 2021 a 62 anni per un tumore che non gli ha lasciato scampo. Il brano “Like tears from the sky “, di Roberto Ottaviano, è un omaggio alla sua figura.

Contrariamente al precedente lavoro (Change the world, del 2011), che comprendeva nove composizioni di artisti di diversa estrazione (da Joni Mitchel a Rod Stewart, da Roger Waters a Paul McCartney), le composizioni del nuovo CD sono di Ottaviano, Di Modugno, Vendola e D’Ambrosio, ad eccezione del primo ed ultimo brano.

Il titolo dell’album, “A che punto è la notte” è tratto dal romanzo “noir” scritto da Carlo Fruttero e Franco Lucentini del 1979. Successivamente, nel 1994 ne è stata tratta un’omonima miniserie televisiva Rai, diretta da Nanni Loy e interpretata da Marcello Mastroianni.

Come indicato nelle note di copertina: A che punto è la notte è una domanda che qui si traduce in singoli haiku (una forma di poesia giapponese che mira ad un’espressività semplice, intensa e diretta) musicali a riguardo di temi che investono il singolo come la moltitudine: il naufragio di una generazione, la cronaca di un amore, la denuncia della seduzione del denaro e la confessione dell’inevitabile sconfitta della sensibilità, l’incapacità di salvarsi non solo come uomini dotati di troppo talento o troppo sensibili, ma anche di molti fra i migliori di una intera generazione tradita da falsi miti, la paura di ciò che non si conosce e la presunta ineluttabilità di una scelta”.

Il primo brano (O silencio das estrellas) è una composizione della cantante e compositrice brasiliana Fatima Guedes, mentre l’ultimo brano (Avalanche) è del cantautore canadese Leonard Cohen, ed è presente nel suo terzo album Songs of Love and Hate, del 1971. Forse una delle canzoni più dure di tutta la produzione di Cohen

Tutti gli altri brani, come detto, sono composizioni di Roberto Ottaviano (2, 5, 7, 8 e 9), Pippo D’Ambrosio (3), Giorgio Vendola (4), e Nando Di Modugno (6).

Uno dei titoli dell’albumi è “Scout”, che significa esploratore. Esploratore della notte? Può darsi. Chi da ragazzo ha vissuto l’esperienza scout ricorderà benissimo le veglie notturne, attorno al fuoco di bivacco, con il naso all’insù a scrutare le stelle, cercando di individuare le costellazioni, ma soprattutto a riflettere sulla propria vita e sul proprio impegno. E’ in questa atmosfera rarefatta che si intrecciano gli altri brani dell’album, a partire dal citato “Like tears from the sky”, dedicato a Rino Arbore, proseguendo con “O silencio das estrellas”, a “Notturno Indiano”, a “The moon is hiding beyond your mouth”, per finire a “Pinturas”, deliziosa composizione di Giorgio Vendola. Il denominatore comune a tutta l’opera è che ogni brano ha il suo compositore, ma in ciascuno è possibile trovare la presenza di tutti e quattro gli strumenti che dialogano, si alternano, riescono a suonare all’unisono, segno di una eccellente sintonia.

A conti fatti, la notte non significa necessariamente buio, assenza di luce. E’ di certo un momento che ognuno di noi vive quotidianamente. Tutti sappiamo che dopo la notte, ci sarà sempre una nuova alba e un nuovo giorno, in cui saremo chiamati a dare del nostro meglio.

Come diceva qualcuno: la notte porta consiglio.

Gaetano de Gennaro
Foto di Gaetano de Gennaro tranne foto di copertina e di Pippo D’Ambrosio

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