Ma “R. M. N. – Animali selvatici”, il nuovo film di Cristian Mungiu, si riferisce a noi?

Probabilmente il titolo italiano di questo film, che focalizza l’attenzione su rapporti tra etnie differenti e “conviventi” in un unico Paese (Romania, nello specifico), non è di difficile interpretazione visto lo sviluppo della trama narrativa per cui i veri animali selvatici da considerare appaiano essere quelli della specie umana.

Ma occorre dare giusto ordine alle cose.

Il titolo originale è  “R. M. N.” Risonanza magnetica (in concorso a Cannes nel 2022), che rinvia ad esame medico del padre del protagonista Matthias, affetto da problemi fisici importanti. Questi esiti-esame, questi shots, compaiono sinistri saltuariamente durante la visione del film. Tuttavia quell’acronimo “R.M.N.”  rinvia anche all’abbreviazione del nome dello Stato in cui è ambientato il film: RoMaNia. In effetti tutto lo sviluppo narrativo si dipana in questa terra crogiolo multietnico di rapporti umani sempre al limite della violenza, della scontrosità e dell’ignoranza.

Trama orientativa: Matthias è un emigrato rumeno di ritorno a Recia (in Transilvania. Sì, il rinvio da citazione cinefila non è casuale) dalla Germania dove ha lavorato in un mattatoio. Al suo rientro ritrova: il figlio traumatizzato da una non meglio identificata esperienza choc nel bosco per cui non parla più; la moglie che lo ignora; il padre, ammalato, che peggiora sempre di più; l’amante, Csilla, responsabile di un panificio locale che ha appena assunto immigrati dallo Sri Lanka, che lo accoglie invece a braccia aperte. Matthias introduce lo spettatore nel mondo rumeno vessato dalla migrazione in cui convivono, ma in precario equilibrio, diverse minoranze etniche in perenne e latente contrasto tra loro; pseudo-politici a stento impegnati per il bene comune; pseudo-preti a stento impegnati per la fede comune.

Non vi è riscatto per alcuno in questo film dell’ottimo Mungiu che ne cura anche una provocatoria sceneggiatura. Ne viene fuori il ritratto di una gente e di un Paese, la Romania appunto, che stenta nel ritrovare identità, serenità e ruolo.

Il momento catartico di tutta la pellicola risulta essere l’assemblea cittadina che vede riunita tutta la cittadinanza (composta da ungheresi, rumeni, boemi, tedeschi. Rom non ammessi) nel discutere e votare sulla presenza nel villaggio di alcuni lavoratori cingalesi, sottopagati dal locale panificatore ma boicottato dai paesani non per lo sfruttamento lavorativo attuato bensì per la contaminazione della pasta lavorata da mani, a loro dire, sudicie ed impure.

In oltre 15′ di piano sequenza-da-assemblea (perfetta prova registica ma non solo in quel piano sequenza), uno spaccato umano di ignoranza, grettezza, violenza (fisica/verbale) che non risulta essere molto lontana da taluni comportamenti che accomunano. E neppure la scena violenta finale del film offre un riscatto agli “umani” allorquando i veri animali selvatici (gli orsi, in questo caso), oggetto di analisi eto-zoologica di uno studioso francese parte integrante del film, appaiono quale tenera ed impaurita visione dinanzi al violento Selvatico Umano.

Ottimo il montaggio di Mircea Olteanu. Interpreti semisconosciuti ma efficaci. Bravo Mungiu nel dirigerle.

Veramente bello questo “Animali selvatici”. Fa riflettere molto, per cui scatta una domanda: “Si saprebbero riconoscere quali siano gli Animali Selvatici coinvolti nel conflitto ucraino che stiamo subendo?” Tranquilli, non è il caso di affrettarsi: tanto non si vince nulla, anzi, si perde, si perde tutti.

Vito Lopez

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