Verrebbe da dire: dove eravamo rimasti? A dieci vittorie in trasferta. Ecco, sabato sera, idealmente l’undicesima costruita alla perfezione dallo stesso Bari dello scorso anno, un Bari cinico, spietato e terribilmente concreto, capace di ottimizzare una delle pochissime occasioni capitategli sui piedi, perché le grandi squadre, o, se preferite, le squadre già “squadre”, quelle che hanno all’interno già un gruppo collaudato nonostante il breve tempo passato insieme, sono capaci di questi exploit.
Un Bari con tanto carattere capace di non subire gol per due gare consecutive, in una per giunta in nove che se fosse rimasto in undici contro il Palermo, considerato che i siciliani non son sembrati stratosferici (tutt’altro) probabilmente avrebbe vinto, e sabato ha espugnato pure Cremona, la patria di Mina, nonché la città famosa per le tre “T”: Torrone, Torrione e Tognazzi, facendo fuori due concorrenti alla promozione. Insomma, non capitano certo per caso queste prestazioni positive. Qualcosa all’interno già esiste, forse certe inerzie, nel senso positivo del termine, ancora dello scorso anno con le quali il tecnico prova a disegnare geometrie e teoremi cartesiani già impostati, magari perfezionandoli. Sembra che i nuovi siano sovrapponibili a quelli che sono andati via, insomma, a vedere il Bari fino adesso, sembra la copia esatta di quello dello scorso anno. Certo, non serve sbilanciarsi, è ancora presto per tirare la linea e per dare giudizi che potrebbero essere affrettati, però qualche cosa già si intravede. Lo spirito di gruppo, la determinazione al sacrificio da parte di tutti, quella sensazione di essere capaci di gestire le gare senza scoprirsi ma tarpando le ali alle avversarie o, quanto meno, concedendo loro l’indispensabile perché, in fondo, c’è sempre un avversario da domare, mica si gioca da soli, però l’impressione è che il Bari quest’anno concederà poco a chi si misurerà contro di esso.
Sabato hanno giocato una partita vera, una di quelle che sembrano uscite da un’anonima ventiseiesima giornata di campionato e non certo alla seconda; il Bari è apparso già rodato, quasi pronto alle battaglie, un Bari che ha messo in campo le mani e la faccia già sporche abbastanza, quanto bastava per provare a far bottino pieno. Coda, in tribuna, forse si sarà fatto le sue valutazioni: penso che si sarà detto “ma chi me lo ha fatto fare, forse era meglio se accettavo il Bari”. Ma, in fondo, non se ne sentirà la mancanza, ma non perché questo Bari è già pronto, tutt’altro ma perché questo tipo di giocatori che si credono dei venuti dal cielo sulla terra tendono spesso ad entrare in campo con molta sufficienza e scarso impegno perché, appunto, si chiamano “Coda”: ricordate Di Gennaro di due anni fa? Ecco. Meglio, molto meglio i vari Nasti, Morachioli che sono giovani e vogliosi di emergere, insomma, a qualche altro esperto come Diaw che decisamente non si crede un Dio caduto sulla terra.
Mignani ha dato una lezione tattica a Ballardini, un allenatore con più di cento panchine in serie A, mica un allenatore sbarbatello alle prime armi, essendo stato capace di azzeccare tutte le mosse, cosa che gli è riuscita otto volte su dieci lo scorso anno, ma soprattutto è stato abile a cambiare in corsa il modulo in occasione del gol quando ha parlato alla squadra dalla panchina disponendo lo spostamento di Morachioli sulla sinistra e lo spostamento di Sibilli al centro: mossa vincente. E pensare che c’è ancora chi lo critica: questa gente di calcio non ha mai capito nulla, oggi più che mai ne sono convinto. Attenzione non sto dicendo che Mignani è un campione e che può allenare la Nazionale italiana, sto dicendo che è un allenatore che sta dimostrando di saperci fare nonostante sia stato un neofita per la B lo scorso anno, evidentemente un anno di B con qualche errore lo avrà rafforzato e sono certo che questi errori saranno per lui uno slancio a fare sempre meglio.
Dicevo di un Bari che è parso la continuazione dello scorso anno. Ho fatto questa valutazione anche assistendo, trepidante, alla decisione del Var che, ricorderete, lo scorso anno è stato più volte “amico” del Bari, poche volte “nemico”, e sabato questo trend è proseguito. Certo, il gol è stato regolarissimo, si è visto nettamente che il difensore grigio rosso era almeno quaranta centimetri più avanti di Morachioli, fatto sta che il segnalinee ha alzato la bandierina e se non ci fosse stato il Var chissà cosa starei a commentare adesso, che tipo di risultato.
La Cremonese, al pari del Palermo, non mi ha impressionato più di tanto. Ha prodotto qualche tiro in porta per lo più neutralizzati da un Brenno che incute sicurezza là dietro, sia con le parate, sia con le uscite – non coi maledetti pugni con i quali usciva un incerto Caprile -, sia nella sistemazione in area di rigore da parte di tutti. Ho segnato sul taccuino solo quell’occasione di Bonaiuti generata, però, non da un’azione brillante loro ma da un grave errore di Zuzek, dunque non si può dire che la Cremonese abbia creato chissà quali e quante occasioni per andare in gol, soprattutto nel primo tempo, nel secondo ho segnato sul mio taccuino quella di Zanimacchia che si è presentato a tu per tu con Brenno ma da posizione defilata ha tirato sull’esterno ma poi, correggetemi se sbaglio, non mi pare di aver visto altro di pericoloso o degno di nota. E pensare che si è giocato contro una neo retrocessa, così come si è giocato venerdì scorso contro il Manchester Palermo, doppiamente suddito di sultani arabi e di sua Maestà Re Carlo III°.
Si, ripeto, è presto per dare giudizi definitivi ma, diamine, non si può fare finta di nulla, non si possono non sprecare parole di elogio ad una squadra ancora incompleta, monca di ben quattro giocatori e con tanti giovani all’interno. No, non si può, e chi tace è in malafede. Meglio noi che riusciamo, umilmente e senza pregiudizi alcuni ma anche capaci di criticare quando c’è da criticare, a far valutazioni oggettive e credibili; almeno io descrivo ciò che ho visto e non ciò che potrò vedere più in là, insomma non mi sbilancio. I detrattori, invece, vedono nero ieri, oggi e domani perché proprio non riescono ad essere obiettivi quando il Bari sfodera una prestazione maiuscola, anche in occasioni di veri capolavori tattici come quello di sabato, perché, magari, loro non si accontentano di una vittoria striminzita, pensano che sia stata ottenuta per puro caso, magari accamperebbero la meschina scusa che vorrebbero che si vincesse per 10 a 0. Son fatti così, occorre sopportarli pazientemente evitando di dar loro spago; “a ogni male ci sono due rimedi: il tempo e il silenzio” (Aelxandre Dumas).
Ora sotto coi rinforzi, ne servono almeno altri tre, due attaccanti ed un trequartista e sono convinto che entro la fine del mercato arriveranno. Con ritardo ma arriveranno. Ed, anzi, del ritardo, dei prestiti mai stai così criticati come in questa tornata di mercato, a volerla dire tutta, non si è vista la gravità. Mentre per la Sampdoria che va avanti solo a prestiti va tutto bene, se il Palermo prende quattro giocatori in prestito pure, per loro non è prevista critica: il Bari no, il Bari va criticato.
Penso che il primo “acquisto” di un certo peso sia stata la conferma di Mignani, un allenatore che, secondo me, occorrerà tenersi stretto per un bel po’. Ma temo che sarà impossibile, il suo sentiero luminoso è già tracciato verso lidi più prestigiosi, a meno che non si vada in A e in tal caso si potrebbe pensare a proseguire con lui. Ma è presto per pensarci, concentriamoci su questo campionato e sulla crescita di gara in gara.
Massimo Longo
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