E’ che non ci si può nutrire solo e sempre di brodini ospedalieri, diamine. A parte che dopo averne bevuti due ti viene da vomitare vista la consistenza, ma poi non giovano alla guarigione. Ed il Bari sembra proprio un malato piantonato nel Policlinico di Piazza Giulio Cesare a cui vengono somministrati brodini e farmaci palliativi, ma al momento non si intravedono guarigioni imminenti, anzi, la situazione continua tendenzialmente a peggiorare, visto e considerato che occorre guardarsi alle spalle, e, sempre rimanendo in termini ospedalieri, alle spalle sembrano esserci le piaghe di decubito, altro che i playoff.
E’ stata una prestazione, quella di sabato, imbarazzante perché si giocava contro un avversario assai abbordabile che non è lì in classifica per caso ma per meriti (o demeriti, dipende da quale angolo si vede) e con la presunta qualità insita nella rosa barese, si doveva fare un sol boccone del parmigiano reggiano amaranto al “Mapei”, ed invece è andata in scena un’altra prestazione indecorosa con un Bari incapace di imporre la sua superiorità prestando il fianco alla Reggiana che, oltre ad andare in gol con disarmante facilità (il giovane franco-eritreo, al suo primo gol in serie B – solita maledetta legge di Murphy che colpisce il Bari da sempre – ha corso per 40 metri palla al piede senza che nessuno lo intralciasse), ha anche rischiato di vincere perché ha confezionato più occasioni rispetto al Bari che ne ha confezionate solo un paio.
E non ci siamo. Perché il Bari fino adesso ha vinto una volta sola, a Cremona, contro una retrocessa, un’epoca che sembra lontanissima allorquando, complice anche la prestazione robusta contro il Palermo, si cominciava a parlare di un Bari che avrebbe potuto bissare il percorso dello scorso campionato, ed invece stiamo parlando di un Bari bradipo che ha perso una sola volta, per giunta contro la capolista, ma ne ha pareggiate ben sette, oggettivamente troppe se consideriamo anche la consistenza di certi avversari che andavano sbaragliati sulla carta: penso alla Ternana, alla stessa Reggiana e al Pisa. Non oso immaginare cosa ne sarà del Bari contro la Feralpisalò e contro il Lecco: capace che va a risolvere le loro crisi. Capacissimo.
A questo Bari manca l’anima, perché la squadra c’è, il gruppo pure, ma è come se le mancasse il sangue, i globuli rossi, insomma. Nulla quaestio sull’impegno di tutti, però è tutto il resto che manca. Ad esempio la prima cosa che viene in mente vedendo il Bari di oggi è la condizione fisico- atletica di tutti, decisamente sotto tono rispetto al Bari dello scorso anno che sin da subito dimostrò di essere in palla fino a giugno. Cosa è successo quest’anno? Eppure i preparatori tecnico atletici e il Professor D’Urbano sono gli stessi.
Poi quel che si vede chiaramente è la carenza di uno schema tattico preciso in campo, troppa anarchia, troppa confusione, troppo pressapochismo, troppe poche idee, troppi errori, troppa inconsistenza nei reparti che appaiono sfilacciati, il golletto si subisce puntualmente, Brenno fa delle belle parate ma continua ad uscire a vuoto non dando quella sicurezza in area necessaria, Dorval apre varchi sulla sua corsia, si fa trovare fuori posizione, prova a spingere ma i suoi cross sono imprecisi, Frabotta è troppo lento e impacciato, Vicari non è più quello dello scorso anno, ci mette del suo per far segnare gli avversari, Koutsoupias appare spaesato ma almeno tira in porta, Maiello è troppo compassato e il suo motore da professore non gira più, Acampora non riesce a fare quel che sa fare e quello per il quale è stato preso da Polito, Aramu improvvisamente non sa più fare il trequartista, ruolo con cui ha vinto due campionati di B, Nasti, come dico da sempre, è troppo solo per poter pungere e far male, non si può gettare la croce della responsabilità in attacco ad un ventenne, occorre un partner accanto a lui, ovvero Diaw che continua a non convincere dal punto di vista fisico e tanti sono i dubbi che inevitabilmente si presentano (ma siamo sicuri che all’arrivo fosse sano?), di Sibilli ormai abbiamo capito che non ci si può contare sulla continuità. Della panchina, Edjouma & C. preferisco non parlare ma non perché dovrei parlarne male, ma perché non ho elementi per giudicare se non Benali e Bellomo che continuano a non garantire quel passo in più e Morachioli che non è più la sorpresa dello scorso anno, lui è prevedibile e le difese non faticano più di tanto a mettergli la museruola.
Poi in avanti non si punge, sabato chi ha punto di più è stato un difensore, Di Cesare, e non gli attaccanti, la manovra è lenta, impacciata e soprattutto infruttuosa, i giocatori sembrano che pascolino in campo, più che corrano, sembrano tanti navigatori che han perso la rotta, Mignani, poveretto, col materiale a disposizione che ha e con la suddetta condizione fisica di tutti, fa quel che può e spesso va in tilt pure lui.
Assurdo pensarlo ma l’unico segnale di vita è stato dato da Di Cesare con un gran bel gol. Incredibile ma è così. Poi il palo della Reggiana, il colpo di testa di Girma terminato di un soffio oltre la traversa, un altro paio di occasioni e poi dall’altra parte il nulla cosmico se non un tiro senza pretese di Acampora terminato di poco a lato.
Mignani, dicevo, va spesso in tilt, non sa quali pesci pigliare, sabato ha provato a cambiare l’assetto tattico nel secondo tempo schierando la difesa a tre con Matino che ha preso il posto di Diaw uscito per precauzione cercando di limitare le offensive esterne riuscendo quantomeno nell’intento di organizzare una squadra più equilibrata ma decisamente impalpabile e senza unghie.
Ormai Mignani sta provando tutti i moduli, ma proprio tutti e questo è un segnale ben preciso di cosa cova all’interno della rosa e, di conseguenza, nella testa del tecnico genovese che ritengo il meno responsabile di tutti: attenzione, ho detto il meno responsabile, non che sia responsabile. Anche lui ci mette del suo ma credo lo faccia in buona fede perché lui crede in qualcuno, ha fiducia, lo vede in settimana negli allenamenti, ma poi questa fiducia viene tradita. Da qui la mia convinzione che in una scala di colpevoli, lui sia all’ultimo posto. Certo, gli manca il coraggio di osare (l’anno scorso fu un mantra), di mettere un attaccante nel secondo tempo per chiudere le partite ed invece preferisce chiudersi ma, già, volendo mettere l’attaccante per chiudere le partite chi mette? Dov’è l’attaccante da doppia cifra che le va a chiudere? E non credo di dover aggiungere altro. Ci siamo capiti. O forse Mignani sa che forse più di questo non può ottenere pertanto piuttosto che perdere cerca di pareggiare in attesa di tempi migliori, Non ci sono altre interpretazioni.
Se Mignani crede che nello spogliatoio abbia poca benzina, il pareggio è un risultato salvifico perché anche questa è una verità pur senza voler accampare alibi.
Questa gara è la dimostrazione che il Bari non è superiore alla Reggiana, una squadra parecchio modesta e mediocre, e la proiezione relativa non può che essere quella di un torneo di metà classifica o, nel peggiore dei casi, si lotterà per evitare la retrocessione, perché l’evidenza dice questo, inutile addentrarsi nel futuro, ma soprattutto inutile illudersi.
Un Bari piccolo piccolo rispetto alle ambizioni della piazza e dell’amore smisurato di duemila tifosi arrivati a Reggio Emilia da Bari e dal nord, con una prestazione mediocre, a tratti indecorosa.
Il quadro complessivo è abbastanza precario perché la squadra è protagonista di prestazioni che non migliorano, perché se giocano la prima, la seconda, la terza e la quarta in questa maniera transeat, ma se si persegue su questa strada allora ci sono seri problemi. Insomma “errare humanum est, perseverare autem diabolicum”.
Polito si è assunto una grande responsabilità dicendo che questa squadra costruita è migliore di quella dello scorso anno. Polito, considerato un mito qui a Bari fino a giugno, ora diventato un ds “normale” per molti, se non peggio.
Aggrappiamoci al fatto che il Bari ha perso solo una volta, che quando gioca male non perde ma riesce quantomeno a pareggiare, magra consolazione, è vero, ma almeno è una flebile speranza per il proseguo del torneo visto e considerato che noi giornalisti, come dico sempre, descriviamo il momento, il presente, e non il futuro, ed il presente è desolatamente questo. Però almeno si può sperare. E aggrappiamoci anche alla figura retorica di un vulcano in ebollizione pronto ad esplodere da un momento all’altro, tanto sognare non costa nulla anche se la situazione attuale ci porta a pensare ad un vulcano spento, forse per sempre.
Fatto sta che il Bari non può vivacchiare né rischiare in B, con una passione popolare che non ha eguali in questo campionato. Il Bari in B deve lottare per la promozione. E basta.
Non può essere questo il campionato che porta duemila tifosi a Reggio Emilia e sessantamila al San Nicola l’11 giugno scorso. No, ma se poi è questo che lo si dimostri subito, visto che nessuno ce lo dirà espressamente, così da metterci tutti l’anima in pace e quanto meno avremo il pretesto per lottare per qualcosa. La salvezza. Miserabilmente e mestamente.
Massimo Longo