La prima nazionale di “E se fossi un ghirigoro?”, andata in scena al Teatro Abeliano di Bari, ha confermato la cifra stilistica ed il talento di Davide Ceddìa

Quando lo abbiamo applaudito durante la rassegna I Solisti (a maggio di questo stesso anno) al Teatro Abeliano, Davide Ceddìa ci aveva dato appuntamento ad ottobre per il suo nuovo spettacolo, e si percepiva in lui quella trepidazione che è propria di chi sta per tuffarsi in una nuova impresa, un po’ diversa dal quotidiano. È stato quindi con curiosità che ci siamo accostati alla prima nazionale di “E se fossi un ghirigoro?”, sempre all’Abeliano di Bari, per la regia di Vito Signorile, con le luci curate da Danilo Milella e l’impianto scenico di Michele Iannone.

Questa volta non si trattava “semplicemente” di raccontare il proprio percorso artistico condividendolo con il pubblico, che per Ceddìa è affettuosa famiglia, ma piuttosto, partendo da un’idea, costruire trama e ordito di uno spettacolo con un arco narrativo nuovo e organico.

Il pretesto (e contesto) è una sorta di trasmissione televisiva di cui Ceddia è conduttore, in cui vengono raccontate le vite sghembe di quattro personaggi che non sono propriamente dei “capolavori” usciti dalla penna del Padreterno; qualche volta anche Lui si distrae, o si diverte a svirgolare con la sua penna, ed ecco che vengono fuori dei ghirigori, delle storie un po’ surreali di uomini e donne che vivono in un mondo del tutto particolare. Ciascuno cerca la felicità, e qualche volta la trova negli angoli di una vita diversa, alternativa, bizzarra.

Il racconto di queste quattro esistenze rappresenta la trama dello spettacolo, e su questa ossatura Ceddìa inserisce piccoli siparietti, gag, canzoni, accompagnato da Roberto Baratto, che con lui firma le musiche originali. Non mancano gli scioglilingua e i richiami alle etimologie di alcuni termini baresi, consuetudini care al performer che le ripropone anche qui. La narrazione è spesso interrotta dalle intrusioni sonore dello spirito di sua nonna, che comunica attraverso una sorta di alfabeto Morse (di eduardiana memoria), e si conclude con il coinvolgimento del pubblico presente in sala che, al termine della serata, sceglie con un applauso il ghirigoro preferito.

Tutto è pretesto, dicevamo, per inserire, accanto ai nuovi racconti, parte del ricco repertorio di Ceddìa, che attinge a piene mani anche dai suoi cavalli di battaglia, sempre attento a tessere un dialogo, a saggiare e richiamare una complicità che già ci aveva colpito in passato e che ritroviamo anche in questa occasione.

Artista generoso, empatico, cantautore, attore, conosciutissimo per i suoi video su YouTube, sul palcoscenico cerca di unire queste due anime, questi modi così diversi di fare spettacolo.

Complice anche l’emozione legata al debutto, forse si preoccupa troppo di essere sempre ‘riconoscibile’ dal suo pubblico del web, ne tasta continuamente il polso e, se percepisce un lieve calo di attenzione, torna a quei racconti noti e conosciuti che sono rifugio sicuro e linguaggio condiviso.

Grazie al suo indiscusso talento, forse potrebbe preoccuparsi di meno e osare di più, costruire il tessuto narrativo del suo spettacolo con sempre maggiore coerenza e fiducia, correndo il rischio di affrancarsi un po’ dalla dimensione del cabaret, per portare il pubblico a seguirlo anche su strade nuove, che declinino il passo e il linguaggio proprio del teatro, che ha diverso ritmo e respiro. E ciò al netto del calore con cui il pubblico presente ha accolto lo spettacolo.

Imma Covino
Foto dal web

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