Secondo appuntamento al Teatro Radar di Monopoli per la 44^ stagione concertistica degli “Amici della Musica O. Fiume” con il Trio di Danilo Rea, accompagnato da Massimo Moriconi ed Ellade Bandini.
Cosa dire di Danilo Rea che non sia ripetitivo? Nulla. Oggi più che mai resta un artista ricercato ed apprezzato da tutti i musicisti, in particolare dai cantanti in maniera trasversale, dalla musica leggera al jazz, al rock. Di certo il più richiesto dalle grandi voci della musica italiana, da Mina a Fiorella Mannoia, passando attraverso Battisti, Paoli e tanti altri.
Il filo conduttore del concerto monopolitano è stata la collaborazione dei tre musicisti con Mina, iniziata quarant’anni fa, nel 1983 (prima Ellade, poi Massimo ed infine Danilo). Sono stati tantissimi gli aneddoti raccontati scherzosamente da tutti e tre. Sono riusciti a farci immaginare che Mina fosse lì, presente in un angolo del palco, ad ascoltarli e sorridere insieme a tutti noi. Non stiamo parlando di una collaborazione occasionale, ma come ha sottolineato Moriconi, parliamo di una quarantina di dischi di Mina, circa 600 canzoni.
Il nome di Danilo Rea (classe 1957) è legato al “Trio di Roma”, un gruppo nato nel 1975, di musicisti (allora) giovanissimi, messo su insieme a Roberto Gatto ed Enzo Pietropaoli. Un trio ideale per accompagnare tantissimi musicisti stranieri affermati, di passaggio in Italia. La stranezza di questo trio sta nel fatto che non è stata prodotta nessuna incisione a proprio nome. L’unica incisione è quella del trombonista americano Curtis Fuller che, nel 1982 ha inciso un album dal titolo “Curtis Fuller meets Roma Jazz Trio” (inciso a Roma e pubblicato due anni dopo da un’etichetta olandese). Solo nel 2009 questa lacuna “è stata sanata”, incidendo l’album “33”, come gli anni che ci sono voluti per realizzare il primo disco del trio.
Oggi tutti e tre i componenti del Trio di Roma godono di ottime referenze e percorrono strade personali. Una continuazione ideale di questo trio è stata la formazione dei Doctor 3, con la sostituzione di Roberto Gatto con Fabrizio Sferra alla batteria. Anche questo gruppo, nato nel 1997, è caratterizzato dal modo di suonare di Danilo Rea, e questa volta le registrazioni non mancano realizzando capolavori del calibro di “The Tales of Doctor 3”, che viene nominato miglior disco di jazz italiano nel 1998, mentre il lavoro successivo, “The songs remain the same”, vince il titolo di miglior disco jazz di Musica&Dischi nel 1999. Bellissima anche la splendida incisione di Bambini forever, dove la simpatica introduzione (vocale) di Tony Scott ben definisce lo stile del gruppo: “I want to be a bambino forever” (voglio restare sempre un bambino). Mi piace dare questa definizione alla musica di Danilo Rea. Ascoltare la sua musica è un po’ come risvegliare il sentimento di un bambino.
Ma torniamo a parlare nel nostro trio. Perché se Danilo Rea è conosciutissimo e apprezzato in tutti gli ambienti musicali, forse non si può dire altrettanto di Moriconi e Bandini. Spesso la batteria ed il contrabbasso sono considerati sussidiari agli altri strumenti. Ma questo è troppo riduttivo per personaggi che hanno collaborato e inciso con tutti. In particolare, Ellade Bandini ha sempre privilegiato l’attività in studio, incidendo con Guccini, Edoardo Bennato, Concato, Venditti, Branduardi, Capossela, Lauzi, Vecchioni e tantissimi altri. Con i suoi 77 anni, è stato uno spettacolo nello spettacolo, con lunghi assoli, sempre calibrati e apprezzati dai presenti.
Massimo Moriconi, classe ’55, sul palco è stato il più scanzonato dei tre, scherzando con i suoi compagni, ma dando realmente una lezione di tecnica e di armonia. Dall’80 all’89 è stato il bassista dell’Orchestra dei ritmi leggeri della RAI di Roma, avendo così l’opportunità di suonare con autentici miti come Jerry Lee Lewis, Mireille Mathieu, Liza Minnelli, e tanti altri. Ha inciso colonne sonore per film con compositori e direttori di fama mondiale come Ennio Morricone, Armando Trovajoli, Luis Bacalov, Riz Ortolani, Nicola Piovani. Dal 1991 al 2000 è stato Direttore Didattico all’Università della musica e dal 2000 è Direttore Didattico di “Percentomusica” di Roma, una tra le più qualificate accademie per la formazione artistica in Italia
Senza enumerare i riconoscimenti e le collaborazioni, abbiamo avuto il piacere di ascoltare dal vivo tre musicisti (come Danilo Rea, ha affermato in apertura del concerto, un incontro tra pari) in attività da oltre cinquant’anni, e che pertanto rappresentano un ponte tra un passato prestigioso per tutti ed un prosieguo di carriera sempre più denso di successi. Lungi da me pensare di aver avuto l’opportunità di ascoltare musicisti di lungo corso, che vivono di ricordi. Tutt’altro.
Nello scorrere della scaletta del concerto, oltre all’omaggio alle canzoni di Mina, non sono mancati omaggi a Lucio Dalla (Caruso), a Fabrizio De Andrè (Il pescatore e La canzone di Marinella), a Battisti, a Eduardo De Crescenzo (Ancora), a Domenico Modugno (La donna riccia) tutti ovviamente inframezzati da altre melodie, che vanno da una banale rievocazione della musica dei sette nani a Bésame mucho o Tico Tico, o una splendida interpretazione di “Imagine” di John Lennon. In particolare, l’omaggio a Lucio Battisti è stato una piccola medley composta da tre canzoni (Io e te da soli, Amor mio e Insieme) scritte da Battisti esplicitamente per Mina, e che lui non ha mai inciso.
Il modo di suonare il pianoforte da parte di Danilo Rea resta estremamente accattivante, che riesce a condurre per mano i suoi collaboratori, ma anche ad essere di accompagnamento ai loro assoli. Tecnicamente, in alcuni momenti del concerto, ho avuto l’impressione si ascoltare la tecnica di Thelonious Monk, con un tocco della tastiera delicato, sincopato, ma sempre capace di elaborare armonie nuove, fondendo brani tra loro, in un crogiuolo armonico sorprendente. Ho avuto tantissime occasioni di ascoltare dal vivo Danilo Rea, ma mai ho avuto la sensazione di ascoltare una cosa già sentita. Le sue note catturano il tuo pensiero e lo accompagnano in un volo senza meta, senza mai sapere dove vorrà atterrare.
Tra i progetti futuri di Danilo Rea, primo tra tutti, un consolidamento della collaborazione con la figlia Oona (si legge Una) classe 1991, talento innato, cresciuta a “pane e blues” e formata come cantante nel Conservatorio di Santa Cecilia, nonché un omaggio a Billie Holiday.
Quando mi capita di dare una definizione di Danilo Rea, lo descrivo come uno “chansonnier”, anche se questo temine francese è utilizzato per definire un cantautore poeta, un cantante solitario, che cantava le proprie canzoni con una chitarra, prevalentemente nei paesi francofoni durante gli anni ’60 e ’70. A differenza dei cantanti popolari, gli chansonnier non hanno bisogno di artifici per cantare la loro poesia dell’anima. Rea non ha bisogno della voce per esprimere i suoi racconti. Gli è sufficiente accarezzare la tastiera con le mani.
Ancora grazie agli Amici della Musica di Monopoli.
Gaetano de Gennaro
Foto di Gaetano de Gennaro