La settimana sportiva: l’analisi di Bari – Venezia

Il Bari cede il passo al Venezia: Una disfatta annunciata

La partita di sabato al “San Nicola” ha visto il Bari soccombere per 3-0 contro il Venezia, attualmente primo in classifica, dimostrando una netta superiorità tecnica e tattica. Questa sconfitta rappresenta la seconda in 14 gare per il Bari, segnando un punto critico nella stagione, specialmente sotto la guida del nuovo allenatore Marino.

L’incontro doveva essere uno spartiacque, un momento per capire se il Bari avrebbe potuto risalire la china verso i playoff o se sarebbe rimasto bloccato nel limbo della parte centrale della classifica, con il rischio di avvicinarsi pericolosamente alla zona retrocessione. Tuttavia, sembra che poco sia cambiato dal passaggio di testimone da Mignani a Marino. Entrambi gli allenatori, fino a questo momento, hanno faticato a tirare fuori il meglio dai giocatori a disposizione, lasciando intravedere una squadra che emana un’aria di mediocrità e timore di finire nelle parti basse della classifica.

La squadra barese continua a mostrare una notevole discontinuità, amnesie di gioco e difensive, e sembra essere in una costante ricerca di competitività. La paura è che questa competitività non arriverà mai, e manca l’ambizione necessaria per garantire un reale salto di qualità. La sensazione è quella di un viaggio senza meta, dove il cambiamento auspicato tarda ad arrivare.

Nella partita di sabato, il Venezia ha dimostrato di essere la squadra più forte sia collettivamente che individualmente. La loro superiorità tecnica è stata evidente, mostrando abilità sia nel gioco di squadra che nella capacità di gestire l’azione con i centrocampisti e i difensori anche quando erano in vantaggio di un gol. L’allenatore Vanoli ha impresso alla sua squadra un’identità tattica e mentale precisa, già intravista lo scorso anno e confermata nella gara di sabato.

La partita ha sancito due certezze: la prima riguarda il Venezia, attualmente primo in classifica, che sembra destinato a raggiungere la Serie A. La seconda certezza è che il Bari sta attraversando un periodo difficile, evidenziando limiti tecnici, tattici e strutturali, con alcuni giocatori che sembrano ombre di sé stessi e altri completamente inascoltati.

Nonostante il Bari abbia cercato di reagire, mostrando un approccio e un atteggiamento non del tutto negativi, è emerso chiaramente che il Venezia era la squadra superiore. Il gol del vantaggio di Pierini, frutto di una generale dormita difensiva, ha sintetizzato la superiorità del Venezia fino al 30′, dimostrando una netta superiorità nonostante qualche timido tentativo del Bari.

Sibilli è stato l’unico a tentare di manovrare il gioco per il Bari, ma la sua performance è risultata insufficiente. Nel secondo tempo, il Bari ha inizialmente tenuto testa al Venezia, ma ha poi ceduto, lasciando la gestione del gioco agli avversari che hanno concluso la partita con due gol nel finale.

In conclusione, sebbene il risultato possa sembrare severo, la vittoria del Venezia appare meritata e legittima. La partita di sabato ha messo in luce le disparità tra una squadra in forma e ambiziosa e un Bari in affanno, in cerca di risposte che sembrano tardare ad arrivare.

Mala tempora currunt sed peiora parantur”, verrebbe da dire a sangue freddo. E già perché perdere ci sta, con una squadra candidata alla promozione diretta e che ha giocato una grande partita al San Nicola pure, e ci sta pure perdere per 3-0, ma perdere evidenziando lacune gravi, limiti storici e atavici senza intravedere nemmeno una lontana sagoma di miglioramento, o uno straccio di reazione, no.

Limiti nati un minuto dopo il gol di Pavoletti, confermati in sede di mercato estivo, anzi accentuati con giocatori, al momento, inutili e in alcuni casi anche dannosi, e messi in atto puntualmente nel campionato almeno fino adesso. Evidentemente questa squadra merita la posizione attuale in classifica, c’è niente da fare. Qui non si tratta di diffondere pessimismo o di infierire, no: a noi piace guardare in faccia la realtà e descriverla e la realtà, oggi, è questa. Domani chissà.

Abbiamo visto un Bari coi difetti vecchi, con scarso peso offensivo, e poi col modulo che ha penalizzato molto la squadra. Marino, che fa del 4-3-3 il suo credo tattico, non fa altro che variarlo sia all’inizio che a gara inoltrata, e allora le responsabilità sono anche sue oltre che della società. Perché i giocatori a disposizione sono quelli, e sono adattabili al 4-3-3 con due esterni d’attacco e con un terminale offensivo, ma si insiste col 3-5-2 che, dati alla mano, non rende. Addirittura si potrebbe provare un 4-2-3-1 visto e considerato che si hanno a disposizione ben tre esterni d’attacco ma evidentemente non tira questa proposta, ma più in generale ci sono molte cose che nel San Nicola non girano a dovere. Troppe.

Il campanello d’allarme è suonato, anzi se vogliamo ha già cominciato a squillare nel secondo tempo di Piacenza. Occorre fare qualcosa e subito possibilmente. Occorre essere realisti, questa è una squadra che deve salvarsi, inutile raccontare frottole per cui la squadra è migliore dello scorso anno, e forse si salverà senza tanto patire. Questo dice l’attualità. Poi, chi lo sa, a marzo o a febbraio potremmo vedere e fotografare un’altra squadra, ma al momento quella che si vede è davvero una brutta squadra, una di quelle orribili di fine anni 70 quando in panchina vennero chiamati Corsini, Renna e Radice con l’infausto finale che tutti non ci auguriamo, o di quei campionati di Sergeant, Candrina, Lipatin, Di Gregorio e compagnia bella.

Bisogna cercare di fare più risultati positivi possibilmente almeno fino a gennaio sperando in squadra polla che decide di disfarsi di giocatori validi, sani, pronti, e perché no, di qualche attaccante da 15-20 gol. Ma si, speriamo, via. In fondo qualche squadra polla può capitare.

Ma la verità sostanziale è che una squadra che ha serie e reali ambizioni di salire di categoria come ce l’hanno Parma e Venezia Palermo (per adesso), non smantellano le rose apparse vincenti l’anno prima, no. Le stesse rose si rinforzano di quei cinque-sei elementi così da poter tranquillamente competere per il primo e secondo posto. Qui a Bari, evidentemente, non si è ragionato così. E niente scuse, per favore, con la storiella che Caprile e Cheddira volevano misurarsi in serie A e che, dunque, non si potevano trattenere per tarpargli le ali perché anche tanti giocatori di Parma e Venezia, Palermo, Como, Modena e Sampdoria lo avrebbero voluto eppure li hanno trattenuti. Anche se, oddio, per quello che (non) stanno facendo vedere Caprile e Cheddira in serie A (entrambi finiti in panchina) tutto sommato è meglio come è andata, ma la programmazione per scalare la A non si fa con questo mercato. Sarebbe stato molto più apprezzato dire coram populo che “mi dispiace deludervi, quest’anno dobbiamo cercare di coprire il disavanzo dovuto alle tante spese sostenute fin qui, pertanto niente ambizioni, cerchiamo di salvare la categoria, poi l’anno prossimo si pensa”. Ed invece Polito ha detto che voleva arrivare tra le prime due, De Laurentiis che avrebbe voluto arrivare ai playoff. E ricordo che ad una mia domanda precisa su come avrebbe dovuto sostituire i 5 dei 40 gol mi rispose quasi innervosito quasi a volermi dire “mettetevi l’anima in pace che non verranno sostituiti”. Non rispose così ma il senso fu senz’altro quello.

Polito sta gettando le basi per un Bari da promozione entro tre anni coi prestiti e con i giovani, ma la realtà dice che ci sono moltissimi limiti che, ad occhio, sarà difficile limare, senza dimenticare il fantasma di Edjouma, quello di Aramu, l’inaffidabilità di Zuzek, l’approssimazione di Acampora, l’effervescenza di Dorval, la difesa che ormai prende tre gol a partita e se non ne prende tre almeno uno lo becca, con la vecchia guardia che, ormai, non incide più (Benali e Maita, tanto per fare due nomi) ed un attacco spuntato con Diaw per cui abbiamo capito che dovrà sopravvivere con problemi muscolari (ma non si poteva prevederlo? Nessuno, prima di prenderlo, si è preoccupato di saperne di più del suo stato precario? Le visite mediche a che servono? Solo per un elettrocardiogramma e per i prelievi e per i tamponi covid?). Il sospetto è che dovremmo abituarci con questi infortuni, un po’ alla Barreto e alla sua nota fragilità muscolare solo che Barreto faceva venti gol. Nasti è maledettamente troppo solo e fa quel che può, lui che ha la stoffa del centravanti e che sicuramente farà carriera ma che è, ovviamente, in prestito secco, Sibilli che è l’unico a fare la differenza ma poi si spegne. Su Achik e Akpa Chucku è bene non illudersi più di tanto perché son troppo giovani e ancora acerbi.

Polito e De Laurentiis devono sapere che “Barba non facit philosophum”, ovvero la barba non fa il filosofo, scriveva Plutarco.

Verrebbe da riportare la famosa frase del Gattopardo: “Tutto cambia perché nulla cambi” Ovvero, se cambia tutto esteriormente tutto rimane com’è, se tutto rimane com’è, tutto può cambiare interiormente. Inutili altre parole.

Massimo Longo

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