Riflettere sulla militanza politica, i diritti di cittadinanza, i valori di libertà e democrazia: nella Sala Consiliare del Comune di Bari è andato in scena “Giacomo”, la pièce di Gianpiero Borgia interpretata da Elena Cotugno dedicata alle parole pronunciate in Parlamento da Matteotti

“… Io il mio discorso l’ho fatto.” (Giacomo Matteotti 22 maggio 1885 – 10 giugno 1924)

Si può fare teatro raccontando il giorno in cui apparve il fantasma, facendo finta che ci sia il fantasma o cercando di far apparire il fantasma. Quest’ultimo è un po’ da matti, ma è l’unico cimento che ci interessa.” (Dal Manifesto del Teatro dei Borgia)

Il teatro può essere politico? Si, assolutamente, in taluni casi è addirittura necessario che lo sia. Siamo alle porte del 2024, a 100 anni dalla data che separò il nostro giovane Stato liberale dal periodo più buio che i nostri nonni (nel mio caso anche genitori) hanno dovuto attraversare.

Ricordo ancora quando, preparandomi un percorso con cui iniziare il mio esame orale della terza media, fu mio padre a raccontarmi di Giacomo Matteotti, personaggio a me sconosciuto perchè a scuola nessuno me ne aveva parlato. Nella mia memoria è ancora vivo il racconto commosso di mio padre.

Il 16 ottobre 2023 è stata la mia prima volta nella Sala Consiliare del Comune di Bari. Mentre entro con reverenza e stupore nella bellissima sala, penso che ‘dovevo’ essere lì, anche per mio padre.

Era la prima volta che assistevo al “Teatro fuori dal Teatro“, grazie a questa rappresentazione organizzata nell’ambito della Stagione teatrale Altri Mondi 2023-24 del Comune di Bari– Assessorato alle Culture insieme al Teatro Pubblico Pugliese; da qui la mia curiosità, anche per uno spettacolo drammatico in ambito politico.

Entrati nella sala ci sono delle sedie in cui accomodarci, in religioso silenzio, non c’è una tenda, neanche un palco, ma c’è lei Elena Cotugno, postura elegantemente fiera e occhi chiusi. Davo per scontato di trovarmi di fronte ad un uomo: il titolo della pièce “Giacomo” mi aveva ingannata, ma è stata una piacevolissima sorpresa, perchè Elena, coautrice del progetto, non delude le già alte aspettative, rivelandosi straordinaria per potenza e presenza.

Grazie alla Compagnia teatrale Teatro dei Borgia, a 100 anni esatti dal disumano omicidio politico, Giacomo Matteotti torna tra le panche della sala che possiamo facilmente immaginare essere quella del Parlamento. Anche l’accurata scelta del nome di battesimo come titolo intende dare più enfasi alla persona che al personaggio, perché la conoscenza prevalga sul mito. Le parole sono al centro di questo intervento d’arte drammatica di cui Gianpiero Borgia ha curato ideazione, coaching, regia e luci.

Matteotti: Codesti vostri applausi sono la conferma precisa della fondatezza del mio ragionamento. Per vostra stessa conferma dunque nessun elettore italiano si è trovato libero di decidere con la sua volontà… (Rumori, proteste e interruzioni a destra). Nessun elettore si è trovato libero di fronte a questo quesito…

Maraviglia: Hanno votato otto milioni di italiani!

Matteotti: …se cioè egli approvava o non approvava la politica o per meglio dire il regime del Governo fascista. Nessuno si è trovato libero, perché ciascun cittadino sapeva “a priori” che se anche avesse osato affermare a maggioranza il contrario, c’era una forza a disposizione del Governo che avrebbe annullato il suo voto e il suo responso. (Rumori e interruzioni a destra).

Una voce a destra: E i due milioni di voti che hanno preso le minoranze?

Farinacci: Potevate fare la rivoluzione!

Maraviglia: Sarebbero stati due milioni di eroi!

Matteotti: A rinforzare tale proposito del Governo, esiste una milizia armata… (Applausi vivissimi e prolungati a destra e grida di «Viva la Milizia»).

Voci a destra: Vi scotta la milizia!

Matteotti: …esiste una milizia armata… (Interruzioni a destra, rumori prolungati).

Sono solo alcuni passaggi dell’ultimo discorso tenuto da Giacomo Matteotti alla Camera dei Deputati. Undici giorni dopo, il deputato socialista fu rapito dai membri della polizia politica fascista e barbaramente ucciso a pochi chilometri da Roma. Dopo il 10 giugno 1924 non ci furono più ostacoli alla avviata realizzazione della dittatura fascista.

La rappresentazione teatrale, politica e anti-spettacolare, mette a confronto due interventi dell’Onorevole in Parlamento: quello del 31 gennaio 1921 e quello testè citato del 30 maggio 1924. La riproposizione delle parole di Matteotti, nella loro nuda e terrificante verità, si incarnano nel corpo della bravissima Cotugno, la cui performance si trasforma in un tragico rito non solo teatrale, ma anche e soprattutto umano.

La libertà specifica di cui parla Matteotti è quella della quale il cittadino è stato privato, ossia partecipare alla ritualità sacra – perché Matteotti è come un sacerdote, il cui Dio si chiama stato democratico – attraverso cui determinare nell’urna il proprio atto di presenza al mondo. Nel momento in cui Mussolini dichiara di procedere alla formazione del governo a prescindere dall’esito elettorale, il cittadino sa che il suo voto non avrà alcun peso nel definire il destino del proprio Paese.” ha detto Gianpiero Borgia nell’intervista del 26 giugno 2022 concessa a Teatrocritica; una dichiarazione di intenti quanto mai appropriata nel buio periodo storico che viviamo, in cui i venti di destra soffiano oramai su tutto il nostro vecchio mondo.

Una performance di questo spessore permette una riflessione sulla militanza politica, i diritti di cittadinanza, il richiamo ai valori di libertà e democrazia che sono il fulcro delle parole di Matteotti, di cui Elena Cotugno e Gianpiero Borgia si fanno veicolo, percorrendo una instancabile ricerca tra rappresentazione e reale, tra teatro e politica, sviluppando un lavoro lontano dalla tradizione italiana della maschera, ma centrato sul ruolo del documento storico. In questo caso è indubitabile riflettere sul ruolo del teatro nella società, dove gli ideali diventano opera d’arte.

Sono certa che a mio padre sarebbe piaciuto tanto esserci.

Maurizia Limongelli
Foto dalla pagina web della Compagnia

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