A nove mesi di distanza sono tornati ad esibirsi sul palco del Duke Jazz Club di Bari, Giovanni Scasciamacchia e Dado Moroni. Contrariamente a quanto annunciato, assente per una tendinite il nostro apprezzatissimo Giuseppe Bassi è stato sostituito da un’altra eccellenza dello strumento, Tommaso Scannapieco. L’ospite di eccezione della serata, per la prima volta a Bari, il sassofonista spagnolo (da Valencia) Perico Sambeat (alto e soprano). Solo per gli ultimi tre brani si è aggiunto il padrone di casa, Guido Di Leone.
Un gruppo abbastanza eterogeneo composto da grandi professionisti, che non hanno avuto problemi a trovare il giusto “interplay” tra loro, creando una calda atmosfera per conquistare i numerosi appassionati presenti.
Di Giovanni Scasciamacchia e Dado Moroni posso rimandare i lettori ad un precedente articolo pubblicato il 9 maggio scorso. Giovanni Scasciamacchia, lucano (di Bernalda) coordinatore del gruppo, è un assiduo frequentatore del palco del Duke Jazz Club. Ormai è stato “adottato” ed è apprezzato dagli appassionati baresi.
Dado Moroni, genovese, è più raro ascoltarlo da queste parti, ma ogni occasione è buona per passare una serata indimenticabile. Apprezzato e richiesto da tutti, con la sua lunga militanza all’estero, ha avuto modo di suonare ed incidere con tantissime leggende del jazz internazionale. Possiamo dire che è il più “americano” tra i tanti nostri musicisti apprezzati all’estero. Con il suo stile, la sua padronanza tecnica, la sua simpatia, riesce a catturare l’attenzione del pubblico dopo pochissime note della sua tastiera. In confronto al concerto dello scorso aprile, sono mancati i suoi racconti. Oltre ad essere un superbo musicista e compositore, è un ottimo narratore di storie ed aneddoti di vita vissuta legati all’ambiente musicale (ma non solo) che riescono sempre a farti meglio apprezzare la musica che ascolti.
Purtroppo, questa volta, durante il concerto, si è parlato pochissimo, limitandosi alla presentazione dei brani e magari qualcuno sarà stato più contento (più musica e meno chiacchiere).
Anche Tommaso Scannapieco, salernitano, classe 1971, avevamo avuto occasione di ascoltarlo sempre al Duke lo scorso ottobre con il fratello Daniele. Poterlo ascoltare nuovamente non ha potuto che farci piacere (senza nulla togliere al buon Giuseppe Bassi, costretto a partecipare al concerto tra gli spettatori, e al quale auguriamo una rapida ripresa).
L’ospite “nuovo” (per la prima volta a Bari, in assoluto), è stato il sassofonista spagnolo Perico Sambeat, classe 1962. Il sassofonista e compositore è uno dei principali jazzmen iberici ed una delle figure di riferimento per la nuova generazione del suo Paese, anche per la vasta esperienza internazionale. Nel 1980 inizia a suonare il sax da autodidatta. Si trasferisce a Barcellona nel 1982, dove termina gli studi di flauto classico. Contemporaneamente inizia a frequentare il Taller de Mùsics, dove studia armonia e arrangiamenti. Nel 1991 si trasferisce alla New School di New York, dove ha la suona da subito accanto a giganti come Lee Konitz, Jimmy Cobb, Joe Chambers. Nell’arco della sua rapida carriera ha avuto collaborazioni con Steve Lacy, Daniel Humair, Fred Hersch, Bob Moses, Louis Bellson, Brad Mehldau, Michael Brecker, Bob Mintzer, Maria Schneider, Pat Metheny, Kenny Wheeler, e molti altri. Oggi concilia l’insegnamento al Berklee College of Music Valencia Campus con la sua attività di musicista e direttore di Big Band. Vincitore di svariati riconoscimenti per la sua carriera artistica.
Il concerto di questo splendido gruppo è filato veloce per più di due ore di sana musica. Undici brani eseguiti uno dietro l’altro, e se consideriamo il fatto che in ognuno di loro abbiamo avuto l’opportunità di ascoltare assoli di ogni singolo musicista, possiamo essere più che soddisfatti di ciò che abbiamo avuto di assimilare e portare a casa.
A parte due brani originali (il secondo ed il terzo), composti da Scasciamacchia e Sambeat, sono stati eseguiti degli standard, dai più noti a quelli meno noti.
Il Brano di Scasciamacchia, dal titolo “Cielo”, voleva essere un invito a meditare su quello che è accaduto. Peccato che l’emozione gli ha trattenuto le parole in gola, per cui abbiamo ampia scelta ad immaginare a cosa volesse riferirsi: una delle tante guerre in corso? Il Giorno della Memoria che si ricorda il 27 gennaio? O la sparizione di Giulio Regeni avvenuta giusto otto anni fa (il 25 gennaio 2016)? Diciamo che ogni motivazione va bene per riflettere e apprezzare ogni giorno il cielo azzurro sopra le nostre teste.
Il brano originale di Sambeat, dal titolo “Body”, è stato inciso per la prima volta nel 1994 nell’Album Dual Force, registrato dal vivo al Ronnie Scott’s di Londra.
Tra gli standard eseguiti, alcuni in particolare vorrei segnalarli, tra i quali il brano iniziale, “Just in time” (un brano popolare inciso per la prima volta nel 1956 da Tony Bennett), “Prelude to a Kiss” di Duke Ellington, “Emily” (altro brano inciso da Bill Evans, Barbra Streisand e tantissimi altri e reso famoso da un film del 1964, “The Americanization of Emily”),”Body and soul” (inciso per la prima volta da Louis Armstrong nel 1930), e il bis “Cheryl” di Charlie Parker.
Tra i brani presentati, un brano che ha fatto la storia della musica jazz e sul quale mi vorrei soffermare è “AIREGIN” di Sonny Rollins. La parola “Airegin” è in realtà la parola “Nigeria” scritta al contrario. “Airegin” racconta l’impatto del colonialismo e dell’influenza culturale sulle società indigene, evidenziando la manipolazione e lo sfruttamento avvenuti quando gli esploratori sbarcarono in Nigeria, descrivendo gli effetti del loro arrivo e la conseguente distorsione della realtà e della storia. Il brano fu pubblicato nel 1954 (settanta anni fa) da Miles Davis e Sonny Rollins nell’album “Miles Davis with Sonny Rollins”. In quegli anni, non era possibile parlare di queste tematiche e diventava anche pericoloso. Fu pertanto utilizzato questo stratagemma.
Vorrei infine sottolineare quello che è accaduto durante il brano “You and the night, and the music” ed evidenziato su Instagram da un post di Dado Moroni. Di certo questa cosa è sfuggita un po’ a tutti. Prima dell’inizio del secondo set abbiamo avuto modo di notare Moroni e Sambeat dialogare animatamente. Nel suo post Moroni spiega che parlavamo dell’assolo di Bill Evans su Oleo, dove lui suona solo con la mano destra. Nell’esecuzione di questo brano (l’ultimo prima del bis), anche Dado Moroni si è avventurato in un lungo assolo con la sola mano destra, facendo in modo che Sambeat vedesse che la sinistra era inutilizzata, facendo scoppiare il sassofonista in una fragorosa risata. E’ difficile raccontare questo intermezzo. Molto più semplice vedere il post di Moroni su Instagram.
Non possiamo che essere soddisfatti di una serata di altissimo livello, che ci ha regalato grandi emozioni. Grazie al Duke Jazz Club. Grazie a Guido Di Leone. Serate di questo genere sono da incorniciare.
Gaetano de Gennaro
Foto di Gaetano de Gennaro