Venticinque anni dopo la Compagnia Diaghilev riavvolge il nastro della memoria con «Majakovskij: l’incidente è chiuso», spettacolo multimediale coprodotto con il Teatro Franco Parenti di Milano che Daniele Abbado, pluripremiato regista, ha affidato per questa ripresa all’attrice Giovanna Bozzolo, chiamata a far rivivere un allestimento andato in scena per la prima volta nel 1998 alla Casa dei Doganieri di Mola di Bari con Lucilla Morlacchi. Insomma, una ripresa con il sapore dell’evento teatrale che la Compagnia Diaghilev propone da venerdì 9 febbraio (ore 21) all’Auditorium Vallisa di Bari per la rassegna Teatro Studio sostenuta da Comune di Bari e Regione Puglia. L’omaggio al grande poeta russo sarà impreziosito dalle scene e dalle luci di Gianni Carluccio, dalla regia video di Luca Scarzella (coautore del testo con Abbado e Giuliano Corti), dal suono curato da Hubert Westkemper, tra i più prestigiosi sound designer in campo teatrale, e dalla consulenza musicale di Michele Dall’Ongaro. Ben otto le repliche, in programma tutti i giorni sino al 17 febbraio con questi orari: lunedì, martedì e mercoledì ore 20, giovedì e domenica ore 19, venerdì e sabato ore 21 (biglietti 10 euro, sabato e domenica 15 euro, acquistabili online sul circuito vivaticket. Info e prenotazioni 333.1260425).
Affrontare oggi i testi di Vladimir Majakovskij (1893 – 1930), poeta, autore teatrale, sceneggiatore, illustratore, attore e artista votato all’utopia, significa ridare voce ad uno degli artisti più coraggiosi di quello straordinario periodo storico in cui fiorirono le tante figure, le teorie, i motivi e i colori delle avanguardie russe. In altre parole, significa riavvicinarsi a uno dei luoghi dove più alto parla il valore della pratica artistica. Pertanto, lo spettacolo rievoca Majakovskij all’interno di un percorso in cui ricordi personali, testimonianze, testi e frammenti compongono una drammaturgia del coraggio della sperimentazione artistica portato fino alle esperienze più estreme. «L’incidente è chiuso» si presenta, pertanto, come una libera interpretazione in nove tappe dell’opera di Majakovskij, attraverso un percorso che dà voce al personaggio pubblico e all’uomo per scoprire, oltre ai limiti della storia della letteratura e della biografia, quelle parole che gli stereotipi espressivi scacciano dalla dimora del senso. Al tempo stesso ka pièce si avvale della riscoperta di fotogrammi superstiti dei film interpretati da Majakovskij, nonché di spezzoni ricavati dall’enorme arsenale di immagini del documentarismo sovietico degli anni in cui nasceva il linguaggio del cinema con la nuova espressività di Vertov ed Eisenstein e il montaggio diveniva linguaggio per raccontare la storia di un possibile popolo nuovo. Per cui in scena il poeta compare nelle foto e nelle immagini cinematografiche che rimangono di lui, mentre Giovanna Bozzolo impersona la sua voce poetica, il suo smisurato bisogno di verità e amore, la sua anima nobile di grande provocatore al servizio dell’utopia e di poeta che decide di uccidersi, sparandosi un colpo al cuore, forse per spaccare la sorgente stessa dell’ispirazione poetica. E questo perché l’amore per la vita e l’amore per la poesia per Majakovskij sono la stessa cosa. Per cui, quando la parola manca, vivere diventa una mancanza insopportabile.
E allora, voci confuse affollano la scena del delitto, tentando ostinatamente di rievocare la figura del poeta. Voci stupite che non riescono a vedere nei versi del poeta il presagio di un suicidio annunciato, mentre a poco a poco Majakovskij ritrova il coraggio delle parole.