Nel XXXIII Canto del Paradiso della Divina Commedia Dante Alighieri arriva alla fine del suo viaggio attraverso i tre regni dell’oltretomba: accompagnato da Virgilio prima e Beatrice ora, Dante in questo canto è condotto da San Bernardo, che intercede presso Maria Vergine, alla visione di Dio.
“Or questi, che da l’infima lacuna
de l’universo infin qui ha vedute
le vite spiritali ad una ad una,
supplica a te, per grazia, di virtute
tanto, che possa con li occhi levarsi
più alto verso l’ultima salute”
Il canto XXXIII della Commedia è dedicato all’indicibile, a ciò che – pur manifestandosi davanti ai nostri occhi mortali – non riesce a trovare la via per essere espresso dalla bocca. E forse, proprio perché figli di questa ‘difficoltà della lingua’, Elio Germano, Teho Teardo, Simone Ferrari e Lulu Helbaek hanno splendidamente percorso le strade del sogno, della musica e della videoarte.
“Qual è colüi che sognando vede,
che dopo ‘l sogno la passione impressa
rimane, e l’altro a la mente non riede,
cotal son io, ché quasi tutta cessa
mia visïone, e ancor mi distilla
nel core il dolce che nacque da essa”
In questo allestimento il canto della Commedia entra in una dimensione ultracontemporanea: la voce di Elio Germano si ripete ipnotica, la musica elettronica di Teardo si fonde con il suono antichissimo delle campane e con gli archi di Laura Bisceglia al violoncello e Ambra Chiara alla viola, le proiezioni video di Simone Ferrari e Lulu Helbaek, portano la performance in una dimensione che trascende la contemporaneità poiché vive simultaneamente di uno stile contemporaneo, della storia di un uomo del 1300 e delle emozioni fuori dal tempo di tutti gli esseri umani davanti alle meraviglie del misticismo.
È uno spettacolo visionario e poetico quello portato in scena da Elio Germano, che vive la scena con grande semplicità risultando quasi invisibile seduto in terra accoccolato in un bozzolo di tulle che ne svelerà le fattezze durante lo spettacolo: Elio Germano è un uomo solo davanti allo stupore: recita, parla, eppure il suo tono resta sempre incerto.
L’idea di questo spettacolo che non ‘spiega’ i versi di Dante ma li ‘dispiega’ (prova cioè ad eliminare quelle pieghe che rendono difficile entrare fino in fondo al canto) nasce nel 2020 quando Elio Germano li recita davanti al presidente della repubblica Sergio Mattarella in occasione dei settecento anni dalla morte di Dante. In quell’occasione l’attore decide di non abbandonare il suo Dante ma di renderlo ancora più sentito e profondo, regalando alle parole senza tempo una multidimensionalità performativa.
Il XXXIII canto del Paradiso rappresenta un viaggio in sé stessi, è simbolico dell’esistenza, racconta l’arte in generale e i suoi limiti, è il canto dell’afasia che diventa arte e proprio nella multidisciplinarietà dello spettacolo si dispiega la bellezza e la meraviglia che hanno investito un pubblico partecipe, attonito e commosso.
Simona Irene Simone
Foto dalle pagine web della pièce