La settimana sportiva: l’analisi di Bari – Lecco

La vittoria, sì, è la soddisfazione più importante ma non si può fare a meno di evidenziare la repentina empatia tra il pubblico, ormai rassegnato ad un campionato mediocre con vita sull’inferno e Iachini. E’ come se si fosse creata una crepa provvidenziale tra il muro che divide pubblico e squadra inviata, sabato, al di là della contestazione verso i De Laurentiis, a tirar fuori gli attributi. Tuttavia, diciamocelo: non è che quella di sabato sia stata una partita da annoverare tra le prime migliori mille della storia, in fondo la gara non ha regalato grossi spunti per affermare che sia stata bella. Molti gli errori, Puscas ha sbagliato moltissimo, certe volte è apparso a corto di fiato soprattutto quando si è messo le mani alle ginocchia tanto che non riusciva a recuperare posizione in avanti anche se si è battuto con impegno fino a far gol ma la sua prestazione, al di là del gol che gli dà la sufficienza, non è stata convincente. E qui non si possono aspettare le calende greche, i giocatori hanno il dovere di scendere in campo pronti per la battaglia. Così Menez: Iachini ne ha cercato l’estro facendolo giocare come trequartista, forse il ruolo che predilige, qualche buona giocata ma nulla più e poi sempre mani alzate per mandare a quel paese qualcuno e lingua lunga col rischio di un’altra espulsione. E’ noto il suo noto carattere fumantino ma a 36 anni uno pensa che si è in piena maturazione ma soprattutto ci si aspetta la giocata geniale, anche una sola.

Ricci e Dorval (che ha giocato un po’ meglio nel secondo tempo) sono sempre alla ricerca della fase difensiva perduta, posto che l’abbiano mai trovata, e quando hanno corso sulle corsie esterne non hanno convinto più di tanto, soprattutto Ricci. A centrocampo Edjouma conferma di essere un calciatore in piena confusione anche se vivace, recupera molti palloni ma non li gestisce bene, anzi. La difesa pure ha retto, sì, ma in diverse occasioni non è apparsa indenne da errori tanto che il Lecco è andato molto vicino al gol in almeno tre occasioni. Quell’uscita a vuoto in occasione del gol di Novakovich è un cazzotto nello stomaco per tutti. Il portiere brasiliano che pure ha sfoderato una gran parata sulla punizione di Lepore. Poi ancora un’occasione sprecata sulla linea da Salcedo e poi altre ancora.

Si, certo, alla fine quel che conta è non aver subito gol ma, diamine, da una squadra ultima in classifica che becca caterve di gol, al cospetto di Di Cesare, almeno finché è stato in campo ha retto, di Vicari e di un Matino finalmente convincente, ci si aspettava una prestazione migliore nelle retrovie. Sabato, tuttavia, è riuscito un po’ tutto: tre gol, straordinario quello Benali dal limite, un gol che si è meritato tutto per le straordinarie prestazioni fin qui intraviste, quello di Sibilli e quello di Puscas, una vittoria senz’altro meritata ma che ancora lascia qualche perplessità non fosse altro che si è vinto contro l’ultima in classifica e che, con ogni probabilità, tornerà in C senza playout. E’ vero che in B nessuna gara è facile ma è altrettanto vero che se ti chiami Bari e hai nella rosa giocatori importanti, di esperienza, e che possono fare la differenza, si dovrebbe soffrire meno in difesa ma soprattutto si dovrebbero commettere meno errori. Ma, certo, nessuno aveva avanzato pretese di cambiamento, tutti sapevamo che le scorie si sarebbero ancora intraviste nel gioco, dunque nessuna novità. Però i limiti ci sono ancora, le lacune idem, ma non si può ottenere tutto e subito, occorre pazienza, ci si augura che con l’avvento di Iachini le cose possano cambiare.

L’allenatore arrivato solo quattro giorni fa, non avendo molto tempo per lavorare sul campo per inculcare i suoi insegnamenti, ha pensato bene di limitarsi a lavorare sulla psicologia dei giocatori ancora prima della tattica perché li ha visti giù di morale, passivi, colpa di una guida tecnica – la precedente – che non ha mai convinto soprattutto guardando il volto del predecessore che non ha regalato mai un sorriso ed uno sguardo positivo. E ha avuto ragione, se non altro si è vista finalmente una squadra di carattere e di grinta.

Iachini è un fiume in piena quando parla, spazia dal terreno di gioco ai suoi avi, dalla psicologia ai tifosi, dalla tecnica a situazioni umane, insomma un grande comunicatore come forse lo è Davide Nicola, senza dimenticare quello che combina in panchina sbraitando e muovendosi come un tarantolato tanto che, con ogni probabilità, aspettiamoci qualche espulsione prima o poi perché se va avanti così prima o poi verrà cacciato fuori, ma sono certo che il pubblico lo applaudirà lo stesso perché a Bari sono questi gli allenatori che vogliamo vedere, quelli che sanno trasmettere motivazioni, che fanno dell’umanità il loro credo ancora prima di quello professionale, e Iachini è uno che trasmette umanità prima di tutto. Grinta, concretezza, dinamismo, praticità e sofferenza le sue caratteristiche. Il resto vien da se’. Come ad esempio una vittoria.

L’immagine dell’abbraccio collettivo a Iachini con la “calata” in testa, al termine del match, simboleggia un’empatia e una complicità sorprendentemente instauratasi in soli quattro giorni, un segnale di come il calcio sia, prima di tutto, una questione di chimica e di relazioni umane ancor prima che professionali.

Ad una mia precisa domanda sugli obiettivi che si sono prefissati nello spogliatoio mi ha risposto che si vivrà alla giornata, si cercherà di vincere ogni gara e poi alla fine si tireranno le somme. Giusto così.

Una vittoria che ha la sagoma di Iachini con la squadra che è entrata subito nella sua testa. Obiettivo primario è quello di riformare un gruppo e ricreare la mentalità vincente, Iachini ci ha messo del suo. Ora occorre stare vicini alla squadra, questo è il momento più delicato a prescindere dalle polemiche. Il Bari è al bivio senza porsi obiettivi perché solo così si può giocare meglio, con la testa priva di pressioni.

E’ stato come se un’onda di energia positiva avvolgesse lo stadio. La vittoria, tanto attesa quanto meritata, non è solo un trionfo sul campo di gioco quantomeno nel risultato, ma un inno alla speranza per tutti.

Nell’aria a fine gara si è percepito un profumo di vitalità, come se quel successo sportivo avesse il potere di ricordarci che, nonostante le difficoltà, c’è sempre spazio per la gioia e per l’ottimismo. Ma è un ottimismo moderato, perché si è consapevoli che la strada è ancora lunga e che ogni vittoria è solo un passo avanti. E’, però, quel tipo di ottimismo che riscalda il cuore senza offuscare la vista, che invita a godere del momento presente pur mantenendo vivo il desiderio di migliorarsi.

“Benvenuto raggio di sole” in questa “selva oscura ché la dritta via era smarrita”, mutuando De Gregori e Dante verrebbe da scrivere oggi.

Massimo Longo

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