Siamo nat* e vissut* nella zona di pace transnazionale più ampia, popolosa e longeva di pace nel mondo. Ormai poche e pochi tra noi hanno cognizione di cosa significhi la repressione fisica e diretta di fronte alla richiesta di maggiori diritti da tutelare. Ce l’hanno le persone che subiscono discriminazioni, seppur in misura inferiore a quanto accadeva sessant’anni fa. Si può dire che la violenza e la tortura si sono spostate negli uffici pubblici e privati, che rendono difficoltoso l’accesso alle leggi che si propongono di eliminare le diseguaglianze o di esercitare diritti fondamentali, oppure occasionalmente affiorano ad esempio nelle carceri. Nelle piazze, ultimamente stanno tornando i manganelli, provando a farli passare come episodi, come casi isolati o incidenti. Come le rane nella famosa metafora dell’acqua calda, non ci è ancora chiara la soglia della temperatura oltre la quale sarà impossibile saltare fuori dalla pentola che bolle.
Per questo, figure come Pier Paolo Pasolini e Jan Palach ci sembrano, con diverse gradazioni, sbiadite nella memoria. Ciascuno con i suoi gesti e col suo coraggio, sono rimasti nella storia per il proprio vissuto portato alle estreme conseguenze, rispettivamente con la propria arte e con il proprio gesto cruciale, ossia darsi fuoco in Piazza San Venceslao a Praga durante la storica Primavera di Praga, nei moti studenteschi di protesta contro l’invasione sovietica.
I parallelismi sono riconosciuti dallo stesso Pasolini, che si identifica proprio in Palach nel suo “Bestia da stile”, cui la morte di Palach imprime la decisiva spinta alla stesura, lungamente gestata e accidentata come molta dell’opera pasoliniana.
Prova a darne una sua lettura la Compagnia Teatro delle Bambole, che continua la celebrazione del proprio ventennale, in una rappresentazione che vede il suo debutto assoluto al Teatro Kismet di Bari, chiudendo il cartellone 2023/2024 “Bagliori” a cura di Teresa Ludovico.
Sul palco, Emilia Brescia, Giovanni Di Lonardo, Rossella Giugliano, Caterina Orlando, Domenico Piscopo, Ilaria Ricci, Maurizio Sarni, soprattutto Federico Gobbi, giustamente emozionatissimo nei saluti finali, che cura anche la mascheratopia. Al solito, regia e drammaturgia sono di Andrea Cramarossa, i costumi di Silvia Cramarossa. La produzione rientra nel progetto di ricerca Nella Terra di Mezzo – IV approdo, ed è in collaborazione con Officine Theatrikés Salento Ellàda.
Teatro delle Bambole è una compagnia specializzata nella ricerca, decostruzione, e messa in scena visionaria di testi letterari che da un lato non sono di immediato richiamo nell’opera delle autrici e degli autori, dall’altro lato però sembrano usciti dalle cronache del giorno in cui vengono rappresentati, suggerendo una certa anticipazione del mondo che sarà al giorno del debutto. Le due ore di spettacolo promettono – e mantengono – una vera e propria prova di resistenza intellettuale, emotiva e neppure sottilmente fisica del pubblico.
Una promessa mantenuta, dicevo, perché il proposito di teatro totale dichiarato si sostanzia nella bulimica materia scenica, di persone, personaggi, maschere, costumi, nudità figurate, musiche e voci. Le dilatazioni nelle maglie della drammaturgia a suon di techno orgiastica, di peripatetici trenini funebri, di gestualità ripetute all’ossessione, di braccia che ondeggiano in una metempsicosi demistificata, danno l’occasione di riflettere sulla deflagrazione recitativa precedente, in preparazione alla successiva.
In uno spettacolo di così alto simbolismo e con un certo prerequisito di preparazione da parte del pubblico, sono numerosi i tranelli tensivi dell’attenzione. Brillano in particolare il personaggio della madre (di Pasolini o di Palach poco importa) e il finale, la morale di una favola cristologica, che consegna il sacrificio di Palach a un’utilità dubbia quanto necessaria.
Difatti, se Palach non si fosse dato fuoco, come altre e altri hanno fatto prima e dopo di lui, come altre e altri studenti si sono immolati per i propri ideali e per la libertà del proprio popolo, così come se Pasolini avesse messo filtri alla propria espressione e curiosità, cosa sapremmo oggi delle loro vite, del mondo che li circondava? Sono queste le storie che diventano storia, e dovremmo ricordarlo, quando ci rifugiamo nelle nostre indignazioni di comodo.
“Sarò con la mia gente; accoglierò, con pietà, i suoi odi
– gli odi che non sono nemmeno suoi
ma quelli che i padroni le insegnano –“
(Pier Paolo Pasolini, “Bestia da stile”)
Beatrice Zippo
Foto per gentile concessione dalla Compagnia