Al termine di una stagione entusiasmante, offerta dal più apprezzato palcoscenico musicale della nostra città, non poteva mancare, al Duke Jazz Club di Bari la presentazione dell’opera prima del pianista Bruno Montrone, dal titolo “Unaware beauty”. Con lui, sul palco, il bassista Giuseppe Venezia (al posto dell’annunciato Giampaolo Laurentaci) e lo straordinario batterista Joe Farnworth. L’Album è stato pubblicato il 29 marzo scorso, realizzato con il supporto di questo straordinario batterista newyorkese, oltre alla partecipazione di Giulio Scianatico al contrabbasso e la partecipazione, in alcuni brani, di Sarah Hanahan al sax alto e la voce di Serena Grittani (presente anche lei sul palco per la riproposizione di due brani).
In questo straordinario album si susseguono interpretazioni di alcuni standard con brani originali. Dei nove brani del CD, più della metà sono composizioni originali di Bruno Montrone e solo questo è motivo di una attenzione in più per valutare in modo positivo il bravo pianista barese. Anche i brani non originali inseriti nel disco non sono brani comuni, facendo dell’intero album un momento di grande creatività.
L’album è stato inciso in studio, per l’etichetta A.MA Records a fine luglio 2023. Ad impreziosire il tutto la presenza di due musicisti americani del calibro di Joe Farnsworth e Sarah Hanahan (quest’ultima solo in due brani). Anche lei, giovane e talentuosa altosassofonista proveniente dai palcoscenici di New York, è da tempo componente stabile della Mingus Big Band che a dicembre 2022 ha realizzato una lunga tournee italiana per il centenario della nascita di Mingus (ho avuto il piacere di ascoltarla a Pescara).
Se nella realizzazione dell’album ha partecipato il giovanissimo bassista barese Giulio Scianatico, per il concerto al Duke in un primo momento era stata annunciata la presenza di Giampaolo Laurentaci, ma all’ultimo momento sul palco abbiamo avuto il piacere di ascoltare Giuseppe Venezia, classe 1982, proveniente da Bernalda ma con un curriculum di tutto rispetto sia in Italia sia all’estero, anche in locali storici di New York. Tantissime le sue collaborazioni, tra le quali Emmet Cohen, Enrico Rava, Stochelo Rosemberg, Scott Hamilton e tanti altri.
Nonostante l’emozione estremamente tangibile, per la presentazione di questa opera prima è andato tutto liscio. Bruno Montrone, presenza stabile al Duke Jazz Club, in questi cinque anni di attività possiamo dire di averlo visto crescere, ma questo è riduttivo. In questi anni lo abbiamo visto maturare in modo straordinario. Lo abbiamo visto accompagnare musicisti importanti quali Fabrizio Bosso, Scott Hamilton, Bobby Watson, Daniele Scannapieco (solo i primi che mi vengono in mente) e non si è mai lasciato intimorire.
Una nota tutta particolare merita l’esecuzione di Joe Fanswarth. Il suo curriculum è di tutto rispetto e smisurato (Benny Golson, Junior Cook, Jon Hendricks, Jon Faddis, George Coleman, Benny Green, Jim Rotondi e tanti altri). Oltre ad ascoltarlo, vederlo suonare è stato uno spettacolo. Ne abbiamo visti tanti di batteristi che ci hanno entusiasmato, e non è detto che le nostre attenzioni le meritano solo gli stranieri, ma Joe è stato fantastico in tutto: dal suo abbigliamento più che elegante, alla sua capacità di essere torrenziale e delicato al tempo stesso, riuscendo anche, in più occasione, a strappare risate per la sua gestualità sempre dirompente Durante tutto il concerto ha dato un ritmo incessante sul quale gli altri due musicisti hanno potuto dare il meglio di se stessi.
Non tutti i brani dell’album sono stati eseguiti durante il concerto. Quattro le composizioni originali di Bruno Montrone: da “Riflessiva” a “Bau Blues” (dedicata al suo cagnolino Mario), da “The hadgepodge” (un mai apprezzato minestrone) a “Unaware beauty”. E a proposito del brano che dà il titolo all’album (Bellezza inconsapevole), Bruno ha tenuto a far sapere a tutti noi che il disegno di copertina, rappresentante un qualcosa di astratto realizzato con colori a tempera, è un’opera (inconsapevole) del suo nipotino di due anni. Preziosa, in questo brano, la voce di Serena Grittani che ha dovuto faticare non poco a seguire le estensioni musicali della tastiera del pianoforte. L’altro brano interpretato da Serena Grittani è forse l’unico brano conosciuto, dal titolo “Where or when”, uno standard scritto da Roger e Hart, ed interpretato da tantissimi musicisti come Frank Sinatra, Diana Krall, Michael Bublè, ma anche da Geroge Michael o Brian Ferry.
Molti dei brani eseguiti durante il concerto sono stati scritti da pianisti che di certo hanno influenzato lo stile di Bruno Montrone, a cominciare da “Edward Lee” di Harold Mabern (presente anche sul CD), a “Oblivion” di Bud Powell, a “Around the corner” di Barry Harris.
La parte finale del concerto è stata un crescendo con interpretazioni da manuale di brani più che noti quali “Over the rainbow” (scritto nel 1939 da Harold Arlen e diventato celebre con l’interpretazione di Judy Garland nella colonna sonora del film Il mago di Oz), seguita da “Two bass hit” (di Gillespie e John Lewis), per concludere con il celeberrimo brano “Moanin’”, scritto da Bobby Timmons e portato al successo da Art Blakey.
E questo finale da manuale ha avuto una piccola appendice visto che, superata ormai la mezzanotte, tutto il pubblico ha potuto festeggiare il trentasettesimo compleanno di Bruno con un lungo “Happy Birthday to you”.
Un concerto con i fiocchi che chiude una stagione splendida. Ovviamente un po’ tutti abbiamo apprezzato la presenza di un musicista americano che ha dato un suo tocco al concerto ed anche all’album. Ma ancora una volta vorrei sottolineare che, ascoltando il concerto ad occhi chiusi, il tocco della tastiera da parte di Bruno Montrone non ha nulla da invidiare ai tanti e bravi pianisti americani. Dobbiamo essere solo orgogliosi di queste eccellenze che abbiamo nella nostra città.
Una gran bella serata.
Gaetano de Gennaro
Foto di Gaetano de Gennaro