La settimana sportiva: l’analisi di Bari – Juve Stabia

La prima cosa che mi è venuta in mente vedendo i primi due gol subiti, quasi fotocopia, con una difesa immobile che ha lasciato saltare indisturbati due difensori avversari, è che l’incubo dello scorso anno non fosse ancora finito. Certo, due gol si possono prendere, ma subire reti in questo modo, con un terzetto difensivo fermo e incapace di reagire, è inaccettabile. Evidentemente, c’è ancora molto da correggere. Non mi riferisco solo alla fase difensiva, che è stata a tratti inguardabile, ma anche alla gestione complessiva della partita, caratterizzata da errori e orrori che ricordano troppo da vicino quelli della stagione passata. Perdere una partita può capitare, ma perderla in questo modo, senza un minimo di dignità, davanti a ventunmila spettatori il 17 agosto, è un colpo duro, che fa riflettere e demoralizza un ambiente già di per sé provato dalla gestione societaria.

E pensare che nel primo quarto d’ora si è intravisto il Bari divertente del precampionato: una squadra in forma, ben messa fisicamente, che, pur non creando vere e proprie occasioni da rete, ha comunque dato l’impressione di poter fare male agli avversari. Tuttavia, tra poca incisività, qualche fuorigioco e alcuni cross non sfruttati a dovere, la squadra di Longo non è riuscita a trovare il vantaggio. Poi, la Juve Stabia ha preso il sopravvento, dimostrando di essere già una squadra ben organizzata sia fisicamente che tatticamente, sospinta dall’entusiasmo della promozione e dalle idee di gioco consolidate dallo scorso anno. Giocando a memoria e senza soffrire eccessivamente, la Juve Stabia ha colpito e affondato i baresi con due gol praticamente identici, segnati da Bellich e Folino. In entrambi i casi, nessuno tra Obaretin, Vicari e Pucino ha fatto nulla per contrastarli, e quel che è peggio, il portiere Radunovic, almeno nel secondo gol, non ha neppure tentato di uscire per bloccare o deviare la palla. Questo, senza contare altre uscite a vuoto o sbagliate, che hanno reso evidente una prestazione decisamente sottotono. Almeno sabato il serbo non ha fatto rimpiangere affatto Brenno, ma è bene evitare giudizi affrettati: potrebbe essere stata solo una giornata storta.

Nel secondo tempo, alcuni giocatori chiave, come Sibilli, hanno dato segnali incoraggianti di risveglio, e il Bari, grazie anche ai cambi (Novakovich e Manzari), ha iniziato a far girare di più la palla, creando qualche occasione che avrebbe potuto riaprire la partita. Peccato, però, che tali occasioni siano state sprecate. Alla fine, è arrivato il terzo gol della Juve Stabia, segnato da Artistico, appena entrato in campo e lasciato colpevolmente solo in area da Dorval.

Insomma, un Bari che ha ballato come un aereo in piena turbolenza, pagando cara la totale assenza di una fase difensiva efficace.

Anche a centrocampo, il gioco è apparso lento, prevedibile, con palloni persi e mai un pressing efficace, mai una palla sradicata dai piedi avversari. L’attacco, poi, ha mostrato poco: Sgarbi e Sibilli non hanno creato la fantasia necessaria per servire Lasagna, che, ricordiamo, non è un attaccante d’area, come invece è Novakovich, il quale si è limitato a sfruttare il suo marchio di fabbrica, ossia l’affondo dalla trequarti fino al tiro in porta. Sabato, in un paio di occasioni, c’è riuscito, ma è stato troppo poco per un giocatore deputato a segnare.

In definitiva, una prestazione deludente, perché, ripeto, si può perdere, soprattutto alla prima di campionato, vuoi per i carichi di lavoro ancora non smaltiti, vuoi per le gambe appesantite, vuoi per i meccanismi ancora non perfettamente rodati, ma perdere per una cura difensiva scandalosa fa male, molto male, e deve far riflettere seriamente. Quei ventunmila spettatori accorsi al San Nicola non meritavano uno spettacolo così indecoroso.

Se si vuole provare a tamponare questa nuova emorragia di indifferenza e di ira funesta, soprattutto in vista di tre incontri altamente proibitivi e ravvicinati, Magalini e la famiglia De Laurentiis farebbero bene a portare a Bari almeno due difensori centrali di spessore e non solo promettenti, un paio di centrocampisti dotati di estro, corsa, sostanza, progressione e capacità di contrasto, possibilmente di categoria, e almeno un attaccante da doppia cifra. Perché con il materiale attuale, sebbene ancora in fase di rodaggio e quindi non pienamente giudicabile, l’impressione è che si possa ripetere l’incubo dello scorso anno, fatto di sofferenze indicibili. Se non peggio.

Dorval non capisco ancora come mai si sia deciso di tenerlo, Vicari, mi dispiace dirlo, ma sabato ha sbagliato tutto. E pensare che lui ha preso il posto di un tale che di nome fa Valerio Di Cesare, fascia di capitano inclusa. Maiello, Benali e Maita lenti, impacciati e prevedibili, Favasuli che ha dato l’impressione di essere stato ingaggiato solo per la partita di andata dei playout contro la Ternana e non dopo averlo visionato per tutto il campionato. Idem per Radunovic: spero non lo si sia cercato per il partitone che sfoderò a Cagliari quando parò di tutto, rigore compreso a Cheddira. Voglio augurarmi che questi due giocatori siano stati presi perché garantivano solidità nei rispettivi reparti.

Certo, possiamo anche trovare il bicchiere mezzo pieno: non tutte le sconfitte son da gettar via, molte sono terapeutiche. Come questa, si spera. A patto che si ponga rimedio.

La situazione ricorda quella descritta da Dino Buzzati ne “Il deserto dei Tartari,” dove la lunga attesa di un cambiamento o di un miglioramento si trasforma in una trappola di inazione e rassegnazione. Come il protagonista del romanzo, che attende invano l’arrivo di un nemico che non arriva mai, così i tifosi del Bari rischiano di aspettare una squadra che sembra non essere mai pronta a dimostrare il suo vero valore.

Vorrei chiudere con la mia solita frase latina: Post fata resurgam, ma se non ci si dà una regolata economica in società, sarà difficile sperarlo.  

Massimo Longo

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