Alain Delon, il bello con l’anima: da ‘Rocco e i suoi fratelli’ al Cesare autocelebrativo, una vita all’insegna del cinema

Con la morte di Alain Delon, icona del cinema francese e internazionale, tutti hanno ricordato la sua straordinaria bellezza maschile e il fascino magnetico che ha esercitato su diverse generazioni.

Tuttavia, ridurre Delon alla sola avvenenza fisica sarebbe ingiusto, considerando la profondità e la complessità di alcuni importanti personaggi che ha interpretato nel corso della sua carriera. Ben diretto è riuscito ad esprimere una gamma torbida ed al tempo stesso infantile di emozioni e di personaggi.

Uno dei ruoli più iconici di Delon è stato quello di Rocco in “Rocco e i suoi fratelli” (1960) di Luchino Visconti. In questo film, Delon interpreta un giovane meridionale che si trasferisce al Nord Italia con la famiglia in cerca di un futuro migliore. Rocco è un personaggio complesso, segnato dal conflitto tra i suoi valori morali e le difficoltà della vita. La bellezza di Delon in questo ruolo non è solo esteriore: Visconti riesce a tirar fuori dall’attore una vulnerabilità e una purezza che fanno emergere l’anima tormentata del personaggio. È un’interpretazione che va oltre l’apparenza, rivelando una profondità emotiva che ha sorpreso e affascinato il pubblico.

Nel corso degli anni, Alain Delon ha interpretato una serie di ruoli che lo hanno visto incarnare figure di potere, a volte addirittura con un certo compiacimento. Questa evoluzione è particolarmente evidente in film come “Il Gattopardo” (1963), dove interpreta Tancredi, un giovane aristocratico ambizioso e affascinante, pronto a tutto pur di mantenere il proprio status. In ruoli come questo, Delon esibisce una bellezza matura e consapevole, capace di trasmettere non solo il fascino dell’uomo, ma anche l’arroganza e la sicurezza di chi è consapevole del proprio potere.

Nel “Clan dei siciliani” (1969) si è confrontato con il gotha del cinema francese dell’epoca (Jean Gabin e Lino Ventura fra tutti) senza sfigurare in quel noir (quasi irripetibile) sottolineato da una colonna sonora ormai diventata un classico non solo cinematografico.

Il confronto sempre acceso con l’amico/rivale Jean Paul Belmondo, nel suo film di maggior successo di pubblico (Borsalino), ha messo in luce anche la sua capacità di trasportare nella scena la sua vita giovanile. Spericolata, avventurosa, nel segno dell’insofferenza alle regole. Arruolatosi giovanissimo in marina è stato militare nel Sud est asiatico per 5 anni passando però 18 mesi in carcere per insubordinazione.

L’evoluzione della carriera di Alain Delon riflette un passaggio da ruoli di giovani tormentati, in cui l’anima del personaggio era al centro della narrazione, a figure più mature e complesse, dove il potere e l’autoconsapevolezza dominano la scena. Questo percorso non è solo una dimostrazione della sua versatilità come attore ma anche della sua capacità di reinventarsi, mantenendo sempre un’aura di fascino enigmatico e magnetico e, come ogni attore di grande successo, un’elevatissima e vanesia considerazione di se stesso.

Alain Delon rimane un simbolo di bellezza, ma anche di talento e profondità, capace di lasciare un segno indelebile nella storia del cinema.

Marco Preverin

L’indimenticabile ‘Clan dei siciliani’

Cesare/Delon con se stesso

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