Quando il gioco si fa duro: tutto l’hard rock dei Led Zeppelin in “Post Atomic Zep”, l’ultimo caleidoscopico progetto sonoro di Francesco Bearzatti con Danilo Gallo e Stefano Tamborrino che ha infiammato la XXI edizione del ‘Bari in Jazz Festival’

E anche per questa estate il sipario del Minareto della Selva di Fasano chiude i battenti.  Il 19 agosto, per la XXI edizione del Festival di Bari in Jazz, sotto la Direzione Artistica di Koblan Amissah, sul palco del Minareto si è esibito il trio di Francesco Bearzatti accompagnato da Danilo Gallo al basso elettrico e da Stefano Tamborrino alla batteria. E’ stata l’occasione per presentare l’ultimo lavoro di Francesco Bearzatti dedicato alle musiche dei Led Zeppelin. Che la musica rock sia rimasta “appiccicata dentro” a questo straordinario musicista jazz non è una novità. Già più di dieci anni fa (2012) aveva sorpreso tutti con il suo “Monk ‘n roll”, in cui riusciva a mescolare la musica di Thelonius Monk con le musiche rock dei Pink Floyd, dei Led Zeppelin, Lou Reed, Michael Jackson, Police, Aerosmith. Anche quella volta, come ora del resto, ne viene fuori una musica esplosiva ed accattivante.

L’uso molto spinto dei distorsori da parte di Bearzatti (ma anche Danilo Gallo non è stato da meno) trasformano completamente il suono del sassofono, trasformandolo ora in sostituzione della chitarra di Jimmy Page, ora della voce di Robert Plant. Quello che ne viene fuori è una musica d’avanguardia, molto spinta, che di certo strizza l’occhio agli amanti del rock, ma senza deludere i puristi del jazz. A mio avviso non è stato una mera riproposizione delle musiche dei Led Zeppelin ma un trasformarle in qualcosa di diverso ed inaspettato. Solo a marzo scorso, nelle sale cinematografiche era stato riproposto il film concerto che raccoglie l’esibizione di questo leggendario gruppo inglese al Medison Square Garden di New York nel 1973. Tutti noi di una certa età siamo corsi a riascoltare e godere dello spettacolo sul grande schermo e non posso dire che è musica d’altri tempi. Le musiche dei Led Zeppelin restano ancora attuali dopo più di cinquant’anni, ed anche il concerto al Minareto ne è la dimostrazione.

Qualcuno forse può storcere il naso perché preferisce ascoltare Bearzatti in altri contesti, ma resta sempre un grande e non finisce mai di stupirci. Recentemente, a gennaio scorso, abbiamo avuto il piacere di ascoltarlo a Monopoli in un progetto dedicato a Fabrizio De Andrè, curato da Luigi Viva (biografo ufficiale del cantautore genovese) ed intitolato “Viva De Andrè”. In quella occasione il gruppo musicale accompagnava i racconti di Luigi Viva, ed il ruolo di Bearzatti era quello di sostituire la voce di De Andrè con un risultato direi quasi fantastico: il suo sassofono ha letteralmente “cantato” le canzoni di Fabrizio con lo stesso sentimento. In qualunque contesto si trovi, Bearzatti riesce sempre a catturare l’ascoltatore e trasportarlo su sentieri inesplorati.

Ma torniamo al Minareto. Dopo due mesi di caldo e afa infernale, giusto nelle 24 ore prima, sulla Selva si è scatenata la bufera. Una mattinata densa di pioggia che ha messo in dubbio fino all’ultimo momento la possibilità di realizzare il concerto, ma “Labor omnia vincit” (chi la dura la vince). Pioggia zero, le nuvole non hanno impedito di poter godere della spettacolare “Super Luna blu”, ma il freddo l’ha fatta da padrona. Sembra quasi che non siamo più abituati a condizioni metereologiche avverse e forse i musicisti sono stati i primi ad essere impreparati. Di certo l’affluenza non è stata come le altre serate, ma chi ha avuto il coraggio di uscire di casa è stato ben ripagato.

I brani proposti, ovviamente tutti tratti dal CD “Post Atomic Zep”, sono stati estrapolati tutti dai primi quattro album dei Led Zeppelin (I, II, III e IV) incisi tra il 1969 ed il 1971, ad eccezione del brano Kashmir tratto dall’album Phisical Graffiti del 1975.

Tutti brani celebri, eseguiti con ottimi e lunghi assoli. Il concerto è iniziato con “Dazed and Confused” per passare poi a “Black dog”, “Hearthbreaker”, “Going to California” (unico brano lirico) e “Moby Dick”. Straordinaria l’interpretazione di “Stairway to heaven”. L’ultimo brano in scaletta l’orientaleggiante “Kashmire” ed uno straordinario bis che ha visto fondere, senza soluzione di continuità, due brani; “Immigrant song” e “Whole lotta love” dove a sorpresa (neanche nel CD è presente) la voce di Robert Plant è stata sostituita da quella del batterista Stefano Tamborrino (che devo dire si è difeso egregiamente).

Un concerto sostenuto, un’intesa perfetta tra tutti e tre i musicisti (la collaborazione con Danilo Gallo è di lunga data e la sintonia è massima). Il batterista, particolarmente sofferente del freddo, è sempre riuscito a dare la sua impronta durante tutto il concerto. Possiamo solo lamentarci del tempo non clemente che non ha facilitato l’ascolto (non tutti i presenti sono arrivati premuniti).

Il festival chiude al Minareto, ma continua su altre piazze fino al 4 settembre. Come al solito, una selezione di musiche provenienti da tutti gli angoli del mondo che ci hanno fatto sognare, ballare, riflettere, entusiasmare. Grazie a Francesco Bearzatti, Danilo Gallo e Stefano Tamborrino. Grazie a Koblan Amissah e a Bari in Jazz.
E perché no, grazie anche ai quattro grandi componenti dei Led Zeppelin: Jimmy Page, Robert Plant, John Bonham e John Paul Jones.
Continuiamo a sostenere la musica dal vivo.

Gaetano de Gennaro
Foto di Gaetano de Gennaro

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1 commento su “Quando il gioco si fa duro: tutto l’hard rock dei Led Zeppelin in “Post Atomic Zep”, l’ultimo caleidoscopico progetto sonoro di Francesco Bearzatti con Danilo Gallo e Stefano Tamborrino che ha infiammato la XXI edizione del ‘Bari in Jazz Festival’

  1. Maria iolanda Guagnano Rispondi

    Straordinario concerto..Bearzatti riesce a stupirti…sempre..grande, capace di uniche emozioni

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