La settimana sportiva: l’analisi di Bari – Mantova

Per quanto si era visto finora, al netto della gara contro la Juve Stabia, dove il Bari ha meritato la sconfitta senza appelli, la vittoria era nell’aria: le prestazioni orgogliose e dignitose contro il Sassuolo, la Sampdoria e, se vogliamo, anche contro il Modena, avevano lasciato la sensazione che presto il Bari avrebbe trovato la vittoria. E vittoria è stata, contro una neopromossa che, almeno sulla carta, partiva come una squadra assai complicata da affrontare, con l’argento vivo addosso per l’entusiasmo della cavalcata dello scorso anno in C e la forza di una squadra che gioca ancora con l’inerzia di quella stagione.

E invece, siccome il calcio, si sa, non dà mai nulla per scontato, ecco il Mantova al San Nicola che si perde per strada con un calcio brutto, improduttivo e anche autolesionista. Meriti del Bari a parte, ovviamente.

Il Bari di Moreno Longo, la cui impronta continua a vedersi nitidamente, con il pressing alto, il palleggio insistito e il gioco verticale alla ricerca della profondità con Kevin Lasagna, affidandosi alla fantasia di Falletti, ha fatto il suo per cercare di vincere la partita. Diciamo che la vittoria serviva come il pane in un ambiente apparentemente rassegnato a un altro campionato anonimo, fatto di guizzi occasionali ma anche di stop dolorosi.

È stata una giornata tranquilla per i tifosi, che finalmente hanno apprezzato l’impegno, applaudendo i giocatori fino a urlare “vi vogliamo così”, segno inconfutabile di un feeling cercato da tempo e, chissà, forse ritrovato. Ma sia chiaro: si tratta di un primo approccio sentimentale. Occorrerà capire se il corteggiamento avrà continuità o se la vittoria di sabato è stata solo un bacio estivo balneare. Conoscendo il tecnico, che è un uomo capace e determinato, oltre che bravo, l’impressione è che questo corteggiamento proseguirà.

Un risultato che non fa una piega, anche se le reti sono arrivate da due calci d’angolo (chi di corner ferisce, di corner perisce, verrebbe da dire). Bravi tutti a pressare alto, a gestire il gioco e il risultato, e bravi anche a confondere le poche idee dei virgiliani, costretti a partire dal portiere per cercare una bozza di azione, salvo poi lanciare il pallone in avanti, quasi sempre preda di Benali, Maita e Lella.

Lasagna e Falletti, nel primo tempo, sono stati molto bravi a non dare punti di riferimento agli avversari: il primo, sfruttando le verticalizzazioni e le profondità, suoi cavalli di battaglia (forse, se fosse stato meno egoista, Falletti avrebbe portato il Bari in vantaggio, ma ci sta ogni tanto cercare la soluzione personale); il secondo, creando scompiglio nella difesa lombarda con assist, corner, passaggi e servizi, per dirla con terminologia tennistica.

E proprio da un corner è arrivato il gol del vantaggio: Falletti si è trasformato in un Leonardo Da Vinci, disegnando una traiettoria perfetta per Lella, che ha staccato di testa e messo il pallone in rete. Inevitabile la sua corsa verso la curva per prendersi tutti gli applausi strameritati: lui, più o meno barese, nel suo stadio in cui sognava da sempre di giocarci, con la sua maglia, che segna e va a esultare sotto la curva. Se non sbaglio, non accadeva una cosa del genere dal gol di Bellomo contro il Brescia, in casa, quando il Bari vinse 6-2. Un’altra occasione simile si perde nella notte dei tempi. Insomma, quello che voglio dire è che è un evento raro riscontrabile, forse, ai tempi di Loseto e De Trizio ma potrei sbagliarmi.

Il Bari è ben piazzato in campo, e al Mantova rimane ben poco. Tra le poche opportunità, un tiro di Fiori, che Radunovic devia con la mano. Decisamente poco per meritare il pareggio. Vibrante il duello Vicari-Mensah, con il capitano che ha sempre avuto la meglio sull’attaccante mantovano, salvo poi essere ammonito insieme a Lella e Pucino, creando un’inevitabile ansia per possibili cartellini rossi. Tanto che Longo, nel secondo tempo, ha saggiamente, ma anche audacemente, deciso di togliere Vicari per lasciare spazio a Obaretin.

Come spesso accade nel calcio, nei primi venti minuti del secondo tempo il Bari ha concesso qualcosa agli avversari, che hanno cercato di schiacciarlo nella propria area, senza tuttavia creare scompiglio, tranne in un’occasione occorsa sui piedi di Mensah, servito da Aramu (questa è stata l’unica cosa decente che ha fatto in campo l’ex barese di cui non rimane, come immagine, che il suo eterno muso appeso), quando Pucino non è riuscito a contrastarlo e il suo tiro è risultato molto pericoloso, con Radunovic forse in leggero ritardo. Tuttavia, i biancorossi hanno saputo amministrare bene il risultato senza sbavature. Falletti, come tutti i fantasisti che si rispettano, è durato un tempo e poi, complice un crampo, ha terminato l’ossigeno ed è stato sostituito. Ma l’impressione è che, anche senza il crampo, Longo lo avrebbe comunque cambiato.

Tutti hanno capito cosa fare, come giocare e come esprimere al meglio il proprio gioco, mettendo in evidenza la loro personalità. Bravi soprattutto i nuovi arrivati, i giovani e i subentrati, che hanno garantito la tenuta indispensabile per portare a casa la vittoria, ratificata poi al 90′, sempre su corner, con Mantovani che, con un gol alla Di Cesare, ha colpito e affondato il Mantova, costringendolo alla resa.

Bene l’atteggiamento e la personalità. Non si sono visti sfracelli, né tantomeno gioco spettacolo, ma almeno abbiamo visto un Bari capace di gestire gioco e vantaggio. E questo, per una squadra rifondata nei suoi diciassette (compresi De Giosa e Sibilli col rinnovo)-venticinquesimi (senza D’Errico e Scafetta), alla ricerca di un’identità, è già qualcosa. Una speranza per proseguire con fiducia.

Ora, con cinque punti in classifica, si può guardare al futuro con più ottimismo. Come scriveva Italo Calvino ne “Il barone rampante”: “Il vento cambia, bisogna essere pronti a cavalcarlo“. E così il Bari, galvanizzato da questa vittoria, sembra pronto a spiccare il volo, con la consapevolezza che, dopo aver superato le difficoltà, si può guardare avanti con rinnovata fiducia.

A Frosinone capiremo se questa squadra saprà dare continuità o se si tornerà all’antico, dando l’idea che quella di sabato è stata solo una illusoria vittoria occasionale in un pomeriggio di settembre, in cui ci si è svegliati col vento sulla pelle, per dirla come i Nomadi.

Massimo Longo

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