L’omaggio del ‘PhEst 2024’, il festival internazionale di fotografia e arte di Monopoli, a Man Ray, il più grande fotografo surrealista, inquietante ed irrazionale ma squisitamente unico e magico

“Il Sogno” è il tema del PhEst edizione 2024, il festival internazionale di fotografia e arte che il 30 agosto a Monopoli ha aperto i battenti e sarà che fruibile fino a 3 novembre.

Negli spazi del Castello Carlo V con la curatela di Gianni Troilo e Roberto Lacarbonara, sono esposti ventidue tra i più celebri scatti (da negativi originali) di Man Ray, grandioso esponente del Dadaismo prima e del Surrealismo poi, grande amico di Marcel Duchamp.

Disegnatore, grafico, pittore e scultore diventa fotografo per un’esigenza pratica, avendo bisogno costantemente di catalogare le sue opere.

Il suo approccio con la fotografia quindi, nato in modo del tutto casuale, diventa un mezzo per guadagnarsi da vivere, ma anche un’opportunità per fare arte.

Rispetto all’ordinario dell’epoca però, la fotografia non è più solo la riproduzione fedele della realtà o testimone di una creazione artistica, ma in sé per sé opera d’arte, concepita come espressione dell’interiorità e dell’inconscio dell’uomo.

Il potere creativo infatti entra in atto, quando l’uomo rifiutando la logica e la ragione, si abbandona all’istinto, poiché la razionalità imprigiona la creatività e niente di reale si genera attraverso una costrizione.

La componente inconscia si riconosce nel sogno che per questo assume una valenza molto alta, in quanto è il riflesso del nostro io più profondo e il detentore della verità.

La fotografia di Man Ray contiene tutto questo e i risultati sono sempre nuovi ed innovativi. Spesso è spiazzante perché è il prodotto di tutto quello che esce dalla mente senza il controllo della ragione, senza vincoli o filtri.

Niente, infatti, è necessariamente come si vede e tutto può essere trasformato o eliminato, in quanto dietro ogni oggetto ci sono un’infinità di interpretazioni e la macchina fotografica così come i pennelli, sono mezzi a servizio della mente.

Con la tecnica del rayogramma, Ray crea un’immagine senza l’uso della macchina fotografica. Affidandosi al caso, appoggia oggetti direttamente su carta fotosensibile e, rinunciando al controllo su di essi, li espone alla luce. Il fotogramma ricavato, simile ad una radiografia, avrà come soggetto oggetti dai contorni non definiti, quasi spettrali.

Nell’opera “Lacrime di vetro”, il dettaglio viene estrapolato dall’insieme ed enfatizzato, divenendo l’elemento principale dell’immagine. Gli occhi sono sì protagonisti, ma lo sono ancor di più le lacrime vitree e taglienti, una sorta di ferita provocata nell’occhio, ad indicare forse una violenza subita. Sembra infatti che Man Ray abbia voluto così dimostrare la sua disperazione per l’abbandono di Lee Miller da lui amata follemente, come a rappresentare le ceneri di qualcosa che aveva bruciato di passione viva. Un amore respinto, ma mai dimenticato.

La bellissima modella americana dall’eleganza sublime, anch’ella fotografa di grandissimo talento e ingegno, eccelle nell’arte del ritratto e molte foto di Man Ray sono sue. Il loro rapporto d’amore è forte anche in virtù del comune interesse per fotografia. Preziosa assistente, pare abbia contribuito alla scoperta della tecnica della solarizzazione che dà vita ad immagini quasi tridimensionali, dal contorno sfumato e dai colori invertiti, dall’effetto freddo e disorientante.

Nel mondo dell’arte entra il desiderio sessuale, consentito ed esaltato in quanto libera pulsione, senza preoccupazione morale.

Lee anche modella, posa in modo innegabilmente erotico e il suo corpo è sezionato e fotografato nei dettagli più intimi.

Nello scatto “La preghiera” di Lee non si scorge il volto e la posizione del corpo allude ad un frutto maturo, mentre quella delle mani a castità.

Il genere femminile è per Man Ray la sua passione esattamente quanto l’arte e sceglie le modelle in quanto parte fondamentale del processo creativo. Non si dà limiti di alcun genere nella vita e nemmeno nel suo rapporto con loro.

La donna è una Dea sempre e il suo corpo un paesaggio da ritrarre.

Ne “Le Violon d’Ingres”, Kiki de Montparnasse mostra la sua schiena nuda che diventa un violoncello da toccare e da suonare. La sinuosa curvatura delle spalle, il profilo dei fianchi e dei glutei hanno una forte valenza sensuale e dissacratoria, diversamente da “La bagnante di Valpincon” di Ingres a cui l’opera di Ray fa riferimento, il cui erotismo è decisamente più timido.

Venduto per più di dodici milioni di dollari, “Violon d’Ingres” è il fotogramma più costoso della storia.

Si è così abituati a vedere le cose così come sono, che pochi riescono a trovarvi qualcosa di diverso e quello che potrebbe essere infinito, finisce lì.

Man Ray attraverso la sua travolgente capacità di mescolare linguaggi e tecniche ha saputo reiventare ogni soggetto fotografato caricandolo di un senso proprio, perché ogni cosa non ha carattere assoluto. 

Chiunque è originale se è sé stesso, per cui ogni epoca avrebbe generato artisti surrealisti!

Credo che tutti abbiamo la necessità imprescindibile di confessarci, e immagino la creazione artistica come il confessionale per l’anima dove i sentimenti ed i pensieri assumono concretezza e sono liberi di esprimersi perché non sottoposti a giudizi e punizioni.

Forse l’arte è nata con l’uomo proprio per il carattere salvifico che la costituisce.

Cecilia Ranieri
Foto di Cecilia Ranieri

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.