Il mal d’amore che sconfigge ogni altro malanno: “La vie sécrète des vieux”, la pièce di Mohamed El Khatib, arriva al Festival Internazionale del Teatro e della Scena contemporanea di Lugano

Prosegue il breve ma intenso viaggio della nostra redattrice Beatrice Zippo in quel di Lugano ove è stata ufficialmente invitata per recensire le performance della XXXIII edizione del ‘Festival Internazionale del Teatro e della Scena Contemporanea’. (N.d.D.)

Perfino Kinsey, il primo grande indagatore di tutto il sesso minuto per minuto, aveva provato ad affacciarsi alle statistiche sul sesso quando l’età avanza, ricavandone un laconico risultato secondo cui il sesso scompare con l’età. Kinsey, però, ha sempre e solo mantenuto un paio di occhiali, nella sua indagine, ossia una vita amorosa e sessuale che partono dal presupposto che il protagonista e detentore del desiderio sia maschio, etero, bianco, abile e in salute, preferibilmente benestante, e che la pratica sessuale abbia l’orgasmo come elemento pivotale.

E il resto del mondo? Cosa ne è del desiderio delle donne, della tenerezza e del bisogno di sentirsi vive e vivi senza gesti spumeggianti? Cosa succede quando il sesso non ha più finalità riproduttive, né è un dovere morale coniugale?

È un’indagine di teatro documentale che fa Mohamed El Khatib ne “La vie sécrète des vieux”, in scena alla trentatreesima edizione del FIT (Festival Internazionale del Teatro e della Scena Contemporanea) di Lugano, una produzione Zirlib in coproduzione con Festival d’Automne à Paris, Points communs – Nouvelle scène nationale Cergy-Pontoise-Val d’Oise, Théâtre National Wallonie-Bruxelles, La Comédie de Genève, Théâtre national de Bordeaux en Aquitaine, Théâtre national de Bretagne (Rennes), Tandem Scène nationale d’Arras-Douai, MC2: Grenoble Scène nationale, La Comédie de Clermont-Ferrand Scène nationale, Théâtre Garonne Scène européenne (Toulouse), Festival d’Avignon, Théâtre du Bois de l’Aune (Aix-en-Provence), Équinoxe Scène nationale de Châteauroux, Théâtre de la Croix-Rousse (Lyon), La Coursive Scène nationale de La Rochelle, Espace 1789 – Saint-Ouen, Théâtre de Saint-Quentin en Yvelines Scène nationale, Le Channel – Scène nationale de Calais e il sostegno di Ministère de la Culture – DRAC Centre-Val de Loire, Région Centre-Val de Loire, Ville d’Orléans.

In scena, artiste e artisti perlopiù di età dai 76 anni in su. Avrebbe dovuto essere in scena anche un interprete di 102 anni, ma per un impegno improrogabile, da qualche settimana, va in scena la sua urna cineraria, così come il memoriale in video di un’altra interprete. La produzione assicura che ai lati della scena vi sono dei defibrillatori (e nella crew compare una folta équipe medica), anche perché ciascuna e ciascun interprete, di nazionalità svizzera, belga, francese, non rinuncia ad andare in scena in dispregio del pericolo che comunque vive tutti i giorni, sostenendo che “è meglio morire in scena che in ospedale”, e con tutta probabilità ha ragione.

Ciascuna e ciascuno racconta la scoperta della sessualità, spesso un salto oltre l’ostacolo culturale dei tempi e dei posti in cui viveva. In molte storie vi è una vita di coppia che non sempre si è incastrata con una vita sessuale felice, specialmente a scapito delle donne etero (è ormai acclarato che le donne etero sono le meno “gioiose” di tutte, quanto al sesso). Insomma, la scoperta del piacere è spesso arrivata decenni dopo quella del sesso, ben oltre la mezza età e la nascita e la crescita della prole.

La prole, ecco. A detta di uno dei protagonisti “Tutti i figli sono terribili, qualcuno resta stronzo anche da grande”. I primi censori di un genitore che scopa o desidera scopare anche da vecchio sono proprio i figli. Nelle pieghe del testo si leggono innanzitutto le considerazioni legate all’eredità patrimoniale, ma molte famiglie hanno rifiutato di vedere in scena la propria madre, padre, nonno, perché ritengono che essi non abbiano più titolo ad avere una vita sessuale, specialmente se l’età li ha resi meno autonomi, e se poi tale amore non è etero, apriti cielo. Rifiutano l’idea che essi possano innamorarsi “quando finché morte non ci separi può essere più possibile perché la morte è più vicina” (bellissima frase dello spettacolo), riscrivendo Giulietta e Romeo di modo che l’amore non venga osteggiato dai genitori, ma dai figli, fino a spingere (nello specifico uno degli interpreti, deceduto nel 2023) a gesti estremi.

Lo spettacolo ci insegna che ridicolizzare, o peggio, osteggiare e stigmatizzare il desiderio di chiunque non sia maschio, giovane, abile, etero, bianco, la pratica diffusa di infantilizzare il desiderio o di farne subito un fatto di promiscuità equivale a deumanizzare una persona. E la deumanizzazione è il rovescio della medaglia del suprematismo e della pratica di quella parola che inizia per “p” e finisce per “ato”, sì, esattamente quella parola cara alle femministe. E invece, conoscere la vita segreta dei vecchi aiuta noi tutte e tutti a combattere il mal d’amore, e forse anche la paura della morte, magari cantando “Cu ti lu dissi” di Rosa Balistreri (e nella mia mente è venuta anche a bussare Emma Dante, col suo “Tango delle Capinere”, che racconta proprio dell’amore visto dai vecchi).

Cu ti lu dissi ca t’haju a lassari – megliu la morti
e no chistu duluri
ahj ahj ahj ahj – moru moru moru moru
ciatu di lu me cori – l’amuri miu si tu”

P.S.: Il Belgio e la Svizzera contemplano l’esistenza di volontarie, volontari e professionisti del benessere sessuale di persone anziane e con disabilità. Francia e Italia vietano la pratica.

Beatrice Zippo
Foto tratte dal sito FIT Lugano

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