Riflessioni su Matera tra Casa Cava e Piazza Vittorio Veneto a 10 anni dalla proclamazione come Capitale Europea della Cultura

Personalmente, io non ero tra le migliaia di persone che il 17 ottobre del 2014 hanno riempito la bellissima piazza San Giovanni di Matera per aspettare l’esito della candidatura della città a capitale europea della Cultura per il 2019, però ho visto centinaia di volte i frammenti di quel video e di tanti altri che hanno raccontato quegli anni di avvicinamento della città al suo sogno.

Dal 2020 però vivo a Matera, in centro, nel cuore del cuore della città, in una di quelle strade che  le guide di tutte le lingue percorrono per raccontare ai turisti una parte fondamentale della storia dei Rioni Sassi, dalle mie finestre aperte sulla piazza principale arriva il vociare dei passanti, le musiche degli artisti di strada, i comizi, gli odori dei ristoranti, dei panifici, le urla disperate di bambini stremati o affamati o semplicemente in disaccordo con i propri genitori. Da questo affaccio privilegiato su Matera ogni giorno bevo un po’ dell’essenza di questa città antica e meravigliosamente lucente anche in giornate di scirocco come questa. Le persone che  frequento, i materani che resistono con pervicacia in questo angolo di Sud, mi raccontano che l’avvicinamento al 2019 è stato un periodo di grandissimo fermento culturale, un periodo in cui potevi incontrare artisti provenienti da tutto il mondo, registi, attori, maestranze, produttori, direttori culturali, giornalisti o migranti culturali. Mi raccontano di una città in fermento, un luogo accogliente e curioso del mondo.

Molto spesso, in questi anni, mentre me ne sto appollaiata in terrazza o mentre percorro le strade di Matera, mi sono chiesta cosa è rimasto del fermento e della festa che dal 2014 al 2019 ha invaso allegramente la città: dopo gli anni scheletrici del COVID che hanno spogliato le strade, cosa è rimasto della festa? Lustrini per terra o tavoli robusti sui quali poter imbandire ancora un ricco buffet culturale? Per questo motivo ho voluto fortemente seguire l’evento ‘Matera, 10 anni di Capitale’ che la Fondazione Matera-Basilicata 2019 ha organizzato per fare il punto della situazione culturale in città a dieci anni dalla proclamazione. Ahimé non ho potuto partecipare a tutti gli interventi ma quelli della mattina sono stati molto, molto, interessanti.

A cominciare dall’intervento di Sylvain Pasqua, Senior expert DG EAC della Commissione Europea, che ha sottolineato quanto ogni città che è stata Capitale della Cultura è diversa per estrazione culturale e per conformazione socio-economica, dal 1985 più di 69 città sono diventate capitali europee della cultura e questo fenomeno è cambiato tanto in questi anni ma tutte le città che concorrono cercano fortemente questo riconoscimento per poter connettere il proprio bagaglio culturale a quello europeo, per poter confrontarsi con una realtà sovranazionale che può portare ricchezza e buone pratiche in ogni angolo dell’Unione “Le città possono assumere grande importanza diventando città europee della cultura creando una legacy, una eredità che rimanga anche dopo questa esperienza, una città che vuole connettere la propria cultura all’Europa è una città che vuole investire moltissimo negli eventi culturali per far sì che i suoi cittadini possano capire le diverse possibilità culturali che esistono in Europa, il successo di ogni capitale europea è quello di creare un’eredità culturale, buone pratiche che possano rimanere sul territorio”.

Le parole del neoeletto Ministro della Cultura Alessandro Giuli affidate ad un messaggio hanno a raccontato Matera come “Città storica di frontiera e crocevia territoriale di alcune tra le più antiche culture del Mezzogiorno d’Italia, Matera è oggi un patrimonio dell’umanità, non solo come Capitale europea della cultura, non solo per i suoi famosi ‘Sassi’, riconosciuti come sito UNESCO, ma anche come modello politico capace di trasformare la cultura in capitale sociale, civile e identitario, industria della creatività e dell’innovazione, motore di benessere, crescita economica e turismo sostenibile. Il merito va attribuito alle buone amministrazioni che nel tempo e al di là del colore politico si sono avvicendate ai vari livelli locali e, senza meno, a quel “blocco di sistema” che i territori materano e lucano hanno saputo esprimere attraverso imprese e istituzioni. I dieci anni trascorsi dalla proclamazione di Matera Capitale europea della cultura ci offrono vari insegnamenti … ci dimostrano che i riconoscimenti internazionali sono sì un prezioso indicatore della leadership culturale italiana nel mondo ma devono essere considerati anche e soprattutto come un potente strumento di edificazione sociale, civile ed economica dei nostri territori … Il modello ‘Matera Capitale europea della cultura’, così come l’importante riconoscimento ottenuto da Potenza, ‘Città italiana dei giovani 2024’ e le stesse candidature dei Comuni di Aliano e Maratea ai futuri concorsi per il titolo di ‘Capitale italiana della cultura’, esaltano la Basilicata nella sua straordinaria ‘biodiversità culturale’ come nel suo grande fermento di progetti destinati a generare benessere, identità e senso comunitario”

La buona riuscita dell’impresa di Matera Capitale è stata il frutto di una collaborazione attiva su più livelli: dal coinvolgimento della società civile (come dimenticare le famiglie che hanno ospitato a pranzo i commissari europei della giuria di valutazione) fino al coinvolgimento, nel 2019 e negli anni successivi, di tutta la regione con le attività diffuse tutta la provincia e nella provincia di Potenza, attività pensate e cucite sul genius loci di ogni territorio coinvolto e, infine, con il coinvolgimento delle amministrazioni locali.

Francesca Neri, responsabile Area Progetti d’Innovazione e complessi della Fondazione Scuola Beni Attività Culturali ha definito lo status di capitale della cultura come un ‘grande laboratorio’ “Il raggiungimento del titolo e la competizione per diventare capitale diventano un tema che viene interpretato in maniera molto diversa da città a città e quindi anche l’interpretazione del programma è molto diverso. Il sistema di valori a cui ci si riferisce parlando di cultura è molto cambiato negli anni e ha portato un grande sviluppo nell’interpretazione di patrimonio culturale e comunità. Oggi il senso della sostenibilità della cultura ha assunto un significato molto differente riferendosi anche alla sostenibilità climatica economica e sociale, parlare di cultura oggi significa immaginare progetti che possano contribuire a migliorare la vita dei cittadini che vivono il territorio, che possano favorire l’ancoramento dei giovani nelle aree interne, quella che oggi viene chiamata ‘tornanza’. I progetti culturali, oggi, hanno il dovere di pensarsi nel tempo: è finito il tempo dei grandi eventi, effimeri, che difficilmente cambiano il territorio in cui vengono realizzati, è tempo di eventi che facciano maturare il territorio che abitano.  Parlare di diritto alla vita culturale è un tema centrale oggi grazie anche all’esperienza di Matera, e grazie all’esperienza di Matera il processo che porta alla candidatura di una città è diventato un processo fondamentale per la comunità, siamo andati tutti a scuola da Matera non è più possibile pensare ad un progetto o ad una candidatura scritti a porte chiuse”

Incisivo anche l’intervento del Presidente della Regione Basilicata Vito Bardi che ha subito messo in chiaro che “Matera è Basilicata e non è Puglia” in riferimento alla proposta che pochi giorni fa i due ex senatori, Tito Di Maggio e Corrado Danzi, hanno presentato al comune di Matera per indire un referendum sullo spostamento della città dei Sassi nella regione limitrofa. Il Presidente ha rimarcato che “Rilanciare la città è un obiettivo strategico della regione” e che “La regione investirà le giuste risorse per il progetto Matera … oltre che con la componente ‘Turismo e Cultura 4.0’ destinato ad accrescere l’attività turistica e culturale dei nostri borghi, su cui la Regione ha investito di proprio 18 milioni, accanto ai 25 e più del Ministero… Tutto questo lavoro si avvale di una conclusiva parola chiave: lavorare insieme. E lavorare insieme vuol dire co-programmare, co-progettare. Con questo intento daremo vita, a breve, ad un forum della cultura, che partirà da Matera per poi avere altre tappe in regione, con l’obiettivo di condividere il percorso più adatto in grado di attivare un’azione culturale socialmente e culturalmente sostenibile”.  

Ma l’intervento che ho aspettato più di tutti è stato quello di Rita Orlando, direttrice della Fondazione Matera Basilicata 2019, che si è posta alcune, interessantissime, domande, innanzituttoCosa ci ha distinto da altre Capitali? L’investimento maggiore di Matera 2019 è stato in competenze ed empowerment: less bricks, more brain. E le intelligenze non si spengono insieme ai riflettori: piuttosto, si riorganizzano e cercano nuove sfide da superare. E poi le produzioni originali, altra sfida enorme: molto più facile sarebbe stato comprare i blockbuster, gli eventi mainstream per attrarre il grande pubblico. Matera 2019, invece, ha scommesso sulla produzione di cultura, finanziando, con 5.572.000 euro le produzioni culturali locali, a cui si aggiungono ulteriori  1.511.700 euro di capitali privati intercettati direttamente dai project leader, che hanno generato 27 prodotti originali interamente made in Basilicata. Una semina importantissima, un’onda d’urto che ci ha fatto fare passi da gigante, che permette ai nostri produttori culturali, oggi, di partecipare ai tavoli nazionali ed europei dove si disegnano le politiche culturali e si determinano nuovi strumenti di lavoro”

Matera, nella visione della direttrice, ha rappresentato “Una piccola regione del Sud che ha ribaltato il paradigma, che non chiede, ma che è in grado di offrire spazi di confronto per la costruzione di soluzioni universali, dimostrando che la cultura può cambiare le sorti di un territorio. La periferia d’Europa ha messo al centro proprio le periferie, da quelle urbane ai piccolissimi comuni della regione, allargando la platea della partecipazione, dando dignità ai margini e dimostrando che la cultura può essere pervasiva e rigenerare spazi e persone”

E ancora, ecco la domanda più importante, quella che da cinque anni in moltissimi si fanno Cosa rimane post 2019? Oggi sono numerose le iniziative che prescindono dal programma della Fondazione Matera Basilicata 2019, a riprova del fatto che, sul territorio, sono rimaste le competenze di artisti, produttori e cittadini che adesso sanno come generare impatti. Tra i risultati più importanti c’è stato il posizionamento, non solo in termini di attrattività turistica, ma nell’ambito della produzione culturale, perché Matera e la Basilicata si sono riconfermate un luogo di sperimentazione, innovazione, produzione e consumo culturale più consapevole. Ecco perché, negli ultimi dieci anni, questa peculiarità ha fatto in modo che le nostre industrie culturali e creative potessero continuare a fare sperimentazione sul territorio e ad esportare le nostre pratiche facendole diventare metodi per la produzione di cultura, attraverso un processo di replicabilità che è proprio dell’industria. Queste pratiche, poi, hanno attivato le comunità locali che si sono allenate alla sperimentazione culturale e alla partecipazione, generando fiducia e benessere sui territori. I titoli di Capitale, europea, dei giovani, capitale italiana della cultura, capitale del libro, capitale dell’arte contemporanea, del volontariato, della sostenibilità, del design, altro non sono che un buon pretesto per stimolare l’emersione di vocazioni culturali e pratiche che, diversamente, forse farebbero più fatica a consolidarsi e a fare sintesi. E’ il sogno, l’ambizione che costringe a trovare obiettivi comuni, a disegnare un piano strategico e le politiche giuste per gli anni a venire”.

E infine una provocazione “E se il 2019 fosse ogni anno? Il 2019 può durare per sempre se guardiamo ad esso in termini di metodo collettivo: basta non guardarsi indietro con nostalgia ma darsi sempre nuovi obiettivi, ricordandoci che il principio di condivisione della conoscenza e delle risorse, insieme al  mantra della ‘cultura aperta’, ci hanno portato a diventare esempio per l’Italia e l’Europa. Chiudo con un invito a decidere del futuro ritrovando la coesione tra le istituzioni e stimolando nuovamente il protagonismo delle comunità. Dopo questo primo bilancio, la domanda da farsi, adesso, è: quali latitudini vogliamo esplorare nei prossimi 10 anni?

Ecco, questi sono solo alcuni degli interventi della mattinata, sicuramente degno di attenzione è stato l’intervento di Raffello De Ruggieri, sindaco di Matera durante l’anno da Capitale, fondatore del Circolo La Scaletta, realtà associativa che negli anni ‘50 del Novecento ha riconosciuto il valore culturale dei Rioni Sassi e ha intrapreso importanti iniziative per la fruizione e la valorizzazione di quello che nel 1993 è diventato il primo Patrimonio UNESCO dell’Italia Meridionale. De Ruggieri è un avvocato di quasi 90 anni che resta ancora negli ambiti culturali e che a settembre 2024 è diventato referente regionale per la Zona Economica Speciale, ZES, per la Cultura in Basilicata. La ZES Cultura nelle parole di Bardi è “Un disegno che vede pienamente coinvolti anche gli strumenti di programmazione regionale al fine di realizzare un disegno volto ad incentivare e rendere luogo di elezione innanzitutto Matera per le industrie culturali e creative” e nelle parole dell’avvocato De Ruggieri è “Un progetto industriale che mira a promuovere a Matera fabbriche di conoscenza, 6000 ettari siti nel Borgo La Martella (voluto e realizzato dal “Gruppo Quaroni” ndr) per edificare una ‘fabbrica giardino’, un’architettura industriale ad altezza albero dove trasformare la cultura in industria produttiva”.

Ebbene, alla fine di tutti questi interventi, lascio Casa Cava e torno nel mio angolo di osservazione della città: è stata una mattina ricca di riflessioni importanti, sono felice che Matera sia riconosciuta come un modello da parte degli attori europei e come un luogo che merita attenzioni ed iniziative da parte della politica locale ma, non posso non vedere che alcune sedie a Casa Cava sono rimaste vuote, penso a paolo Verri, allora direttore Generale della Fondazione, a Salvatore Adduce sindaco di Matera proprio negli anni di avvicinamento al 2019; non posso dimenticare lo scempio che questa estate ha visto Matera sguarnita di grandi eventi culturali e nulla c’è all’orizzonte per la stagione invernale, se non le iniziative delle coraggiose realtà locali; non posso ignorare i mercatini prefabbricati che una volta al mese popolano piazza Vittorio Veneto con proposte gastronomiche e artigiane di basso livello e non posso non rimpiangere i tempi di Materadio, la festa di Radio3 a Matera; non posso chiudere gli occhi sulle difficoltà economiche e logistiche che le realtà culturali locali affrontano ogni anno e che ogni anno sono sempre più grandi. Ma non voglio pensare che dopo il 2019 ci sia stata la volontà di spazzare via una certa idea di progetto culturale, che ha sicuramente avuto i suoi difetti ma che ha avuto il merito di fare di Matera una città sognata. Voglio camminare tra la gente e chiedermi “Quale città vogliamo vivere nei prossimi 10 anni?”

Simona Irene Simone
Foto della Fondazione Matera Basilicata 2019

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