Del sangue e di altre santità: così il racconto di Artemisia Gentileschi per “Donne, non formiche”, promossa da Zefiro APS

Ci sono personaggi per cui la narrazione popolare abusa la categoria dell’icona: uno stilema, un nome, un tratto biografico, che semplifica il vissuto di questa persona, magari ne attualizza la visione, per farne la paladina di qualcosa, senza occuparsi che ciò renda la giusta autenticità dei contributi di questa persona alla Storia.

Accade ogni giorno a Frida Kahlo, a Marilyn Monroe. È accaduto anche a Artemisia Gentileschi, e a tutte le donne del ciclo “Donne, non formiche” (frase proprio di Marilyn Monroe), promosso da Zefiro APS nella persona di Francesco Minervini, promossa dal Consiglio Regionale della Puglia nell’ambito dell’Avviso “Futura. La Puglia per la parità. 2° ed.”,che mirano a sviluppare riflessioni e approfondimenti sul tema della parità di genere, partendo da figure femminili del passato che hanno percorso i moduli letterari e artistici in contesti ostativi e hanno affermato coraggiosamente i diritti della donna.

Il ciclo di incontri, nello specifico, si propone un recupero storico e filologico del vissuto delle donne che, ciascuna nel suo ambito, hanno rappresentato un caposaldo nella storia di una delle branche dei saperi umani, dalla scienza, com’è stato per Ipazia di Alessandria, alla pittura, come per Artemisia Gentileschi, a come sarà per Eleonora de Fonseca Pimentel per il giornalismo, nonché per la verità storica sulle Donne della Resistenza, con cui il ciclo di incontri si concluderà.

L’anteprima è alla Casa Atelier Malta di Geris, un luogo di creazione e convivialità che prende forma nel cuore del Quartiere Madonnella, teatro di tante contraddizioni tra la Bari overturistica, la Bari popolare e la Bari artistica, con il risultato di commistioni che, come ogni alchimia, possono essere nuove e interessanti scoperte, e occasionalmente scoppiare. Qui Maria Pierno crea arredi, suppellettili e statue in Malta di Geris, un composto ecocompatibile a base di estratti minerali e vegetali. Maria crea pure relazioni, anch’esse a base naturale.

In particolare, per l’anteprima, la casa è stata equipaggiata con una specie di filodiffusione sonora e visiva, di modo che la voce raggiunga tutti gli angoli, disseminati di immagini che mettono a confronto “Giuditta e Oloferne” di Caravaggio, il quale sappiamo aver incontrato, studiato, creato con Artemisia Gentileschi, e lo stesso soggetto dipinto da quest’ultima. L’atto di violenza subito da Gentileschi rende il suo dipinto così vero, che sembra vivere nuovamente nella voce di Maria che ne spiega i dettagli, prima della conversazione sull’arte, aperta dall’attrice Monica Angiuli.

La preparazione è alla lezione tenuta qualche giorno dopo da Giacomo Lanzilotta, Ispettore della Pinacoteca Metropolitana di Bari, presso il Ristorante Terranima.

Lanzilotta colloca Artemisia Gentileschi nel suo tempo, dai rapporti col padre, alla violenza subita e perpetrata infinite volte nel vissuto, nell’opera e nel ricordo della pittrice, al matrimonio di circostanza, ai suoi viaggi fino a Londra e alla Napoli che all’epoca era una specie di New York ai tempi dello Studio 54, al suo primato storico di pittrice d’altare, che consacrò la sua autorevolezza oltre ogni pregiudizio, ma al costo di fatiche sovrumane per poter affermarsi in quello che tuttora è un men’s world, le arti figurative.

La lezione è punteggiata dalle letture di Letizia Cobaltini e Annamaria Renda.

Questo progetto contribuisce a restituire verità alle spettacolarizzazioni situazionistiche che finiscono per banalizzare personaggi storici che diventano pionieri loro malgrado, o buoni per essere ritratte su magliette, cuscini e tendine parasole. Dobbiamo loro innanzitutto rispetto, e un piccolo sforzo aggiuntivo, per riconoscere appieno ciò che ancora oggi significano per noi, specialmente per noi donne. E rassegne pregevoli come questa sono qui per aiutarci in questo lavoro.

Beatrice Zippo

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