La settimana sportiva: l’analisi di Bari – Carrarese

Scrivi “Carrarese” e subito torna in mente un ricordo dolce, ma soprattutto amaro: la sconfitta della Carrarese al 120′ dei supplementari nella semifinale playoff di Serie C. Il Bari si qualificava così alla finale playoff contro la Reggiana, allora conosciuta come Reggio Audace, la stessa squadra che, per una singolare coincidenza astrale, affronterà sabato prossimo.

Alla ricerca della vittoria perduta, e soprattutto dei tre punti. Va bene mantenere l’imbattibilità, ma fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Rimanere a metà classifica senza uno scatto deciso è rischioso per una squadra che sì, dà segnali di vitalità, ma evidenzia anche criticità preoccupanti. Meglio guardarsi le spalle.

Queste due gare consecutive in casa dovevano servire a comprendere cosa il Bari vuole diventare “da grande”, magari aggiustando l’atteggiamento in campo, come già suggerito da Longo in estate e nelle scorse settimane. Ma non basta. Oggi parliamo di una squadra giovane, ancora incerta sul proprio futuro.

Il pareggio di martedì è stato strappato contro una squadra neopromossa, contro cui, sulla carta, l’unico risultato accettabile sarebbe stata una vittoria netta perchè per la famosa regola non scritta del calcio, la “matricola” deve, per definizione, lasciarci le penne, ma si sa che col Bari è difficile che questa regola venga confermata. La Carrarese è però arrivata a Bari con un biglietto da visita importante: due vittorie e tre pareggi in cinque partite, una squadra in salute insomma. Fa rabbia ammetterlo, ma per un Bari ancora in fase di evoluzione, certe partite è meglio non perderle. Lo scorso anno gare del genere si perdevano tranquillamente.

Per onestà intellettuale, riconosco che un minimo di saggezza si vede in questa squadra, incapace di vincere ma almeno abile a non perdere, nonostante le numerose occasioni da gol concesse agli avversari fin qui affrontati. Analizzare le situazioni è sempre utile, anche se non bisogna vedere tutto nero: a volte serve un pizzico di razionalità per riconoscere sia gli aspetti negativi (molti) sia quelli positivi (pochi). Altrimenti si rischia di sembrare prevenuti e disfattisti, cosa che almeno io non sono. Gli altri potranno vedere le cose in modo diverso, ma io cerco di essere obiettivo, consapevole di non avere verità assolute.

Vedremo cosa accadrà con la Reggiana, squadra in crisi che il Bari dovrà affrontare senza pietà (calcisticamente parlando): l’obiettivo è solo vincere. E basta.

In fondo, questo Bari non è molto diverso da quello dello scorso anno in termini di risultati, con un solo punto in meno e una sconfitta in più. Non bisogna commettere l’errore di cambiare allenatore, perché si vede già la sua “mano”, e si intuisce che molte cose miglioreranno a breve, pur mancando ancora un attaccante da doppia cifra. Cambiare rischierebbe di portare a una crisi tecnica simile a quella dell’anno scorso.

Il Bari non perde dal 23 agosto, quando era ancora in fase di assestamento, ora siamo a novembre. Da allora ha fermato il Sassuolo, che probabilmente dominerà il campionato, ha pareggiato con Spezia, Sampdoria e Cremonese, in trasferta, con un rigore negato che grida vendetta. Questi fattori vanno considerati prima di criticare, anche se le critiche, quando motivate, sono giuste.

Dopo due-tre pareggi consecutivi serve assolutamente una vittoria per evitare il rischio di finire nella colonna destra della classifica. Questo è il limbo da cui sarà difficile uscire se non c’è lo slancio di una vittoria.

Probabilmente il Bari farà fatica a segnare fino alla fine, visto che manca un attaccante prolifico e quelli presenti in rosa non danno garanzie. Ma è impossibile paragonarlo alla squadra dell’anno scorso: questo Bari è imbattuto da nove gare e ha mostrato quantomeno una dignità che l’anno scorso era assente.

Gare come quella di martedì devono essere vinte, ma se il Bari che vediamo ora sarà quello di tutto l’anno, allora c’è da preoccuparsi. La squadra è apparsa poco aggressiva, spesso in difficoltà contro il pressing alto della Carrarese, i cui giocatori, fisicamente solidi come il marmo delle Alpi Apuane, non hanno dato tregua. Ci è andata bene, perché la Carrarese ha avuto le sue occasioni per segnare, soprattutto nel finale, quando Radunovic, ormai una certezza, ha salvato la situazione.

Ancora una volta gli esterni Dorval e Favasuli non hanno inciso, e i tre centrocampisti, nonostante una sontuosa prestazione di Benali, hanno abbassato il loro raggio d’azione, specialmente Lella, che sembra aver perso lo smalto dopo la squalifica. Maita ha reso così così, e Sibilli, schierato da trequartista, si è ritrovato a giocare come mezzala, sprecando un’importante occasione da gol.

Quanto a Lasagna, la sua assenza dai radar italiani si spiega facilmente: sbaglia troppi gol. È naturale quindi vederlo giocare in Turchia o altrove. Da un giocatore della sua esperienza ci si aspetterebbe più concretezza. Lui attacca la profondità, è molto bravo ed abile, non è un attaccante di razza, un Coda per intenderci, ma non è ammissibile che sprechi così tanto.

Dietro, Vicari si dimostra sempre più affidabile, pochi falli e una sola ammonizione finora. Mantovani e Pucino, quest’ultimo con i suoi cross pericolosi, contribuiscono positivamente.

E poi c’è il VAR, che merita una riflessione. Un gol regolare è stato annullato per un fuorigioco di un decimo di millimetro, con il tacchetto di Pucino avanti rispetto alla piega della maglietta di un difensore carrarese. A cosa serve il VAR in questi casi? Per annullare gol validi per dettagli irrilevanti? Sarebbe utile cominciare a valutare l’inconsapevolezza del giocatore in fuorigioco che non partecipa all’azione di gioco, come accaduto per Pucino. O si elimina il VAR del tutto, tornando alle sviste genuine degli arbitri, o si trova un modo per evitare lunghe attese e frustrazioni tra i tifosi, che vogliono assistere a una partita, non alle pause degli arbitri.

Massimo Longo

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