Alla luce dei risultati che hanno preceduto la gara di Salerno, il Bari si è trovato di fronte a un’occasione che rasentava l’epico, un’opportunità per issarsi come un’icona bizantina nella parte alta della classifica, quella zona tanto agognata e sempre sfuggente come un miraggio per i tifosi. La vittoria non era scontata: un gemellaggio storico tra le tifoserie e le difficoltà recenti sembravano indirizzare verso l’ennesimo pareggio, quel risultato “di comodo” che, se da un lato permette di rimanere in carreggiata, dall’altro non alimenta ambizioni. Eppure, come scrisse Seneca, “La fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l’opportunità,” e così il Bari è tornato a casa con tre punti preziosi, una vittoria che offre speranza, come una boccata d’ossigeno dopo mesi di apnea.
Era ora, insomma. Una vittoria attesa dalla gara in Ciociaria del 22 settembre scorso, una vittoria che pone fine a una serie di pareggi che avrebbero potuto facilmente scoraggiare anche i più fedeli tra i tifosi, quei cinquemila che hanno raggiunto Salerno e tutti coloro che hanno seguito la squadra dai divani di casa. Questa volta, però, nessuna rimonta subita: una prestazione solida, ben orchestrata, che consente al Bari di collezionare l’undicesimo risultato utile consecutivo. Un risultato che porta in sé una speranza, come direbbe Schopenhauer, perché “la vita è una continua oscillazione tra il dolore e la noia,” ma per una volta è il Bari a risvegliarsi dal torpore del pareggio per aspirare a qualcosa di più.
Va detto che il Bari non ha offerto una prestazione da “calcio champagne,” ma è stato solido e tosto, segnando due reti nel primo tempo e difendendo con tenacia nel secondo. La Salernitana, benché composta da alcuni nomi di qualità, non ha brillato, e ciò ha consentito ai biancorossi di mantenere il vantaggio senza ulteriori sofferenze. Si intravede in questa partita, forse, la maturità che si sviluppa solo dopo molte fatiche e momenti di crisi, come insegnano i classici. Dopotutto, come sosteneva Eraclito, “il carattere di un uomo è il suo destino,” e il Bari sta mostrando un carattere resiliente, capace di adattarsi e di capitalizzare sulle occasioni.
Fondamentale la risposta dei due attaccanti, entrambi in rete, così come la prestazione di Simic, il cui contributo sembra sempre più indispensabile. Radunovic, solido baluardo della difesa, ha continuato a offrire sicurezza e protezione alla squadra, un elemento imprescindibile che, come direbbe Aristotele, rappresenta la “philia,” l’affinità che unisce i membri della squadra verso un obiettivo comune. Bene anche Maita nel suo lavoro oscuro ma essenziale, Benali a dirigere il centrocampo e Dorval sulla fascia, ormai una certezza. Forse la squadra necessita di qualche aggiustamento tattico, magari l’inserimento di due punte, ma il segnale che emerge è chiaro: il Bari c’è e, sotto la guida di Longo, è in continua crescita.
Longo, consapevole dell’assenza di Falletti, ha saputo fare di necessità virtù, optando per un 4-3-1-2 con due attaccanti tenaci, dimostrando una flessibilità e una lucidità che Kant avrebbe definito segno di “un giudizio ben ponderato.” Certo, nel secondo tempo la squadra ha abbassato il baricentro, rischiando qualcosa e lasciando trasparire qualche timore di rimonta, come un’ombra di quella paura che spesso assale i biancorossi in vantaggio. Tuttavia, questa vittoria potrebbe rappresentare la svolta per una squadra che, finora, è sembrata sempre in bilico tra la tentazione di sognare e il realismo di una prudenza forse eccessiva.
In definitiva, la vittoria di Salerno rappresenta più di tre punti: è la metafora di una squadra che non smette di cercare la sua identità. Questo Bari ha qualità, ha uomini, e ora deve solo convincersi di poter giocare un ruolo da protagonista, abbandonando il timore di sbagliare per abbracciare la consapevolezza delle proprie capacità. “Chi non osa nulla, non speri in nulla,” scriveva Friedrich Schiller. E il Bari, ora, non può che fare un passo in avanti verso quel sogno che sembra, finalmente, a portata di mano. ma se non ce ne si fa una ragione tutto è inutile.
Sempre a proposito della recente vittoria del Bari a Salerno, sarebbe opportuno che la proprietà, e magari lo stesso Aurelio De Laurentiis o il figlio Luigi con delega, dedicasse una parola di conforto e incoraggiamento alla squadra, che rimane pur sempre una creatura della famiglia De Laurentiis. Una parola di vicinanza e di supporto, pronunciata con il rispetto dovuto ai tifosi, alla città e all’ambiente biancorosso, contribuirebbe a rinsaldare un legame che oggi sembra troppo spesso lasciato in disparte.
Se da presidente della Filmauro, e quindi anche del Napoli, si è pronti a investire e sostenere in modo deciso la squadra partenopea pur nell’ottica della sostenibilità economica, anche al Bari – che si porta avanti in autogestione – andrebbe riservata quantomeno una parola di presenza, di attenzione e di orgoglio. In questo silenzio assordante, una voce autorevole eviterebbe che la distanza attuale diventi una frattura insanabile, quasi una “faglia” profonda come quelle che dividono i continenti dopo devastanti terremoti. Non è giusto che l’unico a parlare sia il tecnico Longo, peraltro solo nel contesto delle interviste post-partita.
Massimo Longo
Foto concessa da SSC Bari