Zelig è un locale di Milano dove, dal 1986, si fa cabaret. Ma Zelig è anche l’avventura televisiva che ha portato il teatro milanese sulle reti Mediaset per oltre vent’anni. Dal piccolo palcoscenico si è passati al tendone itinerante di Zelig Circus per approdare infine al Teatro degli Arcimboldi. I nomi che nel tempo si sono avvicendati su questa ribalta sono davvero tanti, e alcuni rappresentano il meglio della comicità italiana. Tutti hanno avuto un’occasione, una magnifica occasione per entrare nelle case degli italiani e farsi conoscere, fruendo del notevole successo del programma.
Anche Giovanni Vernia è figlio di Zelig. Esplode nel 2010 con il personaggio di Jonny Groove, stralunato discotecaro con pantaloni muccati che irrompe sul palcoscenico ballando su ritmo dance quello che diventa poi un tormentone: “Essiamonoi!”.
Successo, notorietà, ma anche il rischio di rimanere intrappolato nel personaggio che lo ha reso famoso.
Il nostro però è anima inquieta, che non riesce a rimanere più di tanto (sono le sue parole) in una comfort zone. Vuole andare avanti, trovare altri linguaggi, e l’intraprendenza non gli manca. Non tutto riesce nel modo sperato, ma sperimenta cinema, teatro, radio. Si ricorda di essere un ingegnere elettronico, laureato con il massimo dei voti e con un’esperienza decennale in multinazionali che si occupano di marketing e consulenza, e porta la sua comicità anche in questo campo creando un format, Work shock, con il quale svolge l’attività di formatore nelle aziende, insegnando ad usare i meccanismi della comicità per potenziare la leva del business.
Suo padre aveva visto bene, illudendosi però che Giovanni mettesse la testa a posto, una volta laureato e occupato. “Tu tieni la capa fresca” gli ripeteva, usando un’espressione che qui da noi non ha bisogno di spiegazioni e che sappiamo cogliere in tutte le sue implicazioni e sfaccettature. Capa fresca è il titolo di questo spettacolo, prodotto da VentiDieci e Top Agency, andato in scena in un Teatro Team di Bari strapieno ed entusiasta, che ha accolto l’attore e autore con grandissimo affetto. La cifra dominante è quella di una spontaneità e logorroica cialtroneria solo apparenti: in realtà un’attenta regia (Giampiero Solari e Paola Galassi) lo rende capace di sostenere oltre due ore di spettacolo con ritmo sostenuto e costante. Straripante nella parola, Vernia passa da monologhi a canzoni, imitazioni, balletti, con un entusiasmo che travolge e talvolta stordisce.
Un allestimento in 3D permette di catapultare gli spettatori in un caleidoscopio di musica e colori, passando dall’interazione con un virtuale gruppo di musicisti sudamericani, al balletto con altri irriducibili discotecari. E poi i racconti degli inciampi quotidiani, delle noie e delle piccole rogne della sua (e nostra) vita di tutti i giorni. E, ancora, il ricordo delle radici familiari che hanno permesso a questo ligure doc di esplorare, durante l’infanzia, vita e costumi pugliesi e siciliani. Tutto con un tono divertito e dissacrante, con lo sguardo di chi riesce a scovare sempre il lato divertente in ciò che lo circonda. Quando si dice a qualcuno che tiene la capa fresca, accanto al biasimo talvolta si nasconde una punta di bonaria invidia per quella capacità di saper ancora giocare come un bambino. Immaturità, ma anche invidiabile leggerezza, con buona pace di suo padre che pensava avesse messo la testa posto (uno dei pezzi più esilaranti riguarda proprio il racconto dello shock paterno alla prima apparizione televisiva di Vernia-Jonny Groove). Già, Jonny Groove: aleggia nell’aria e si capisce che il pubblico lo aspetta. E verso la fine dello spettacolo Giovanni Vernia lo rispolvera per qualche minuto scatenando l’entusiasmo, con affetto ma anche facendoci capire che, pur senza rinnegarlo (ci racconta che i pantaloni muccati gli hanno permesso di investire brillantemente nel mattone), lui è oltre, in una inquietudine che lo spinge a cercare strade nuove e nuovi linguaggi. Ben venga allora questa capa fresca che ci aiuta a sdrammatizzare le nostre nevrosi quotidiane, conservando gelosamente il sorriso sulle labbra.
Imma Covino