Antonello Vannucci, con le sue canzoni irriverenti, sbarca al mitico Zelig di Milano presentato da Cinzia Marseglia nell’ambito di “MBAA – La Puglia comica a Milano”

Quando chiamo Antonello Vannucci so già che non potrà essere un’intervista banale, ma un insieme di segreti, aneddoti, e ovviamente qualche sfottò nella lingua che ci è più prossima, il dialetto barese.

Innanzitutto, Antonello si lascia sfuggire un pensiero un po’ malinconico, si sa che la comicità e la malinconia sono strette parenti: “Mi stanno chiamando alla vecchiaia. Quando ero giovane, avevo le forze e le capacità, ma non mi chiamavano. Adesso che sono “vecchio” e ho tempi di recupero un po’ più lunghi, stanno arrivando le chiamate”.

Questa, però, è una chiamata eccezionale: Vannucci andrà allo Zelig di Milano (esattamente il teatro storico del cabaret) la sera del 22 novembre per la rassegna “MBAA – La Puglia comica a Milano”, presentata da Cinzia Marseglia. Il sogno di una vita si realizza, ma la vita non ci dice mai se e quando.

Ho dunque sentito Antonello per congratularmi e per parlarne.

Come nasce questa collaborazione?

Normalmente per andare a Zelig si seguono dei laboratori, al termine dei quali chi supera la selezione e si va a Zelig. Io a 60 anni non mi sentivo di fare il laboratorio, assieme a ragazzi bravi e con tutta la carriera davanti, mi hanno scoperto loro.
Mi è capitato uno spettacolo di beneficenza a San Giovanni Rotondo, in cui si esibiva anche la stessa Cinzia Marseglia, a caccia di talenti per Zelig.
Visto che la comicità pugliese è in auge hanno inventato questa rassegna, hanno visto sul palco la mia esibizione, durante la quale dico solo che delle suore di San Giovanni Rotondo si sono lasciate andare alle scurrilità di uno dei miei pezzi (quello sulla suocera, per chi lo conosce, ndr). Di lì è scattata la scintilla.
Questa è la prima puntata della rassegna. Zelig è uno dei miei obiettivi, il palco dello Zelig, e non la televisione.

Anticipazioni sul repertorio?

Ci sto pensando, devo fare cose più intelleggibili, comprensibili per un pubblico pugliese ma non strettamente barese. Già la famosa suocera è tutta in dialetto, ma la faccio lentamente per permettere la comprensione del dialetto a più persone possibile. Probabilmente farò il pezzo sulle brasciole e sicuramente “Battisti in un minuto”. Se troverò un pubblico che vorrà sentire il dialetto, ho il piano B delle canzoni più spinte. Fortunatamente ho un centinaio di canzoni, anche scremandone la metà riesco a tirare fuori uno spettacolo di senso. Ho venticinque minuti di spettacolo, non sono pochi ma ho la motivazione per farli, soprattutto se, come auspico, questo è il primo di una serie di appuntamenti con rassegne di questo livello.

Come ti stai preparando a questa esperienza, rispetto ad altri spettacoli “senza sottotitoli”?

Se tu artista sul palco hai voglia di seguire il pubblico, ti capisce pure chi è di Pordenone, e quello dello Zelig è un pubblico preparato. Per tutto il resto, mi sono organizzato con una due giorni full immersion a Milano con mio figlio che sta a Cantù. Ogni tanto vado a vedermi le vendite su TicketOne, e stanno andando bene, ma non mi meraviglia, pensando alla scena milanese. Se pensiamo a Bari, a tante paranoie per riempire i locali, specialmente adesso, che le giovani generazioni non considerano più il teatro, io per primo attingo a repertori di artisti un po’ più datati, perché il mio pubblico attuale è quello, ma spero sempre di poter esplorare nuovi segmenti di canzoni da personalizzare.
E penso anche a Gianni Ciardo, che andò a Zelig con una consegna di 3 minuti di monologo, ne fece 12, e nessuno ebbe il coraggio di tagliarlo, perché fu troppo bravo.

Che pubblico ti aspetti?

Parto da un aneddoto: vado al soundcheck senza pubblico, e c’era l’addetto che lavava a terra. Faccio 5 o 6 canzoni del mio repertorio. Viene questo qui, e mi dice che sono troppo forte ma mi chiede perché ho cambiato le parole. Ed è la parte principale del mio lavoro, non ci dormo la notte, le assonanze etc. Di lì vale tutto, anche perché la sfida è proprio quella di far ridere il pugliese che viene a sentirci, sì, ma anche tutto il resto di spettatori provenienti dal Sud Italia e non solo. Quando per sei mesi ho abitato a Milano, per i colleghi organizzavo i “mercoledì letterari” per insegnare loro il dialetto barese, per cui non sono esattamente un novizio, in assoluto, ma anche, a mio modo, con il pubblico milanese.

La mia preferita, Eye in the Sky, la fai?

Sì, essendo abbastanza comprensibile, ho già pronte le varianti per renderla più “potabile”.
A Matera mi capiscono, nel resto della Basilicata, specialmente nel potentino, e nel Salento, risulto meno comprensibile. La spiegazione me l’ha data Mauro Pulpito: “Ti capiscono dove prende TeleNorba”, perché ci sono stati Toti e Tata, Mudù, e non solo. A Mauro sono legato, grazie a lui ho portato le mie canzoni sui palchi, al festival del cabaret, all’attenzione dei critici, ho conosciuto questa notorietà.
Vorrei che i baresi capiscano che dietro il loro dialetto c’è grande potenziale, una canzone può essere abbellita, variata, per rendere il dialetto e i suoi suoni un viaggio bellissimo per chi lo ascolti.
Due strofe e il ritornello sono banali, perché il ritornello dà già l’effetto della canzone, e l’esperienza, anche grazie al confronto con altri artisti che mi aiuta a non fossilizzarmi, con colpi di scena e altre assonanze che rendono meglio il concetto della canzone.

…e quella della mamma…(Bohemian Rhapsody)?

Per quella ho chiamato Raffaello Tullo, con cui mi aiuto reciprocamente per sviluppare alcuni pezzi di spettacolo, è stato lui che mi ha incoraggiato a finalizzarla. Un coraggio che adesso non ho più, anche perché adesso vorrei evolvermi verso un nuovo stile, fare nuove cose, ho anche meno pazienza e anche un po’ meno leggerezza, è arrivato il momento di dare al pubblico altre cose, pur riconoscendo che il mio lavoro è simile a Stefano Nosei (e a Fabio Celenza ndr), e che ho iniziato con gli Ottantugo, è ora di fare anche altro.
Oggi se penso a un comico forte, è Lundini, ce ne sono altri che in TV non funzionano ma live sì. Sono cambiati i tempi di attenzione delle persone, ma Gianni Ciardo sfora qualsiasi soglia di attenzione.
Saprò dirvi com’è andata.

Da Cirano facciamo un grosso In bocca al Lupo ad Antonello e lo aspettiamo vincitore.

Beatrice Zippo

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