Conquista e convince il pubblico della Fondazione Teatro Petruzzelli la versione firmata da Barbe & Doucet de “La Fille du Regiment” di Gaetano Donizetti con una superba prova di Giuliana Gianfaldoni

Penultimo appuntamento per la Stagione d’Opera 2024 della Fondazione Teatro Petruzzelli con La Fille du Regiment di Gaetano Donizetti.

L’apertura del sipario ha disvelato un allestimento suggestivo e colorato, con prove vocali e attoriali notevoli. La versione messa in scena al Petruzzelli è stata quella in lingua originale dell’opéra-comique che debuttò a Parigi l’11 febbraio 1840. Un’opera comica, dunque, la cui struttura vede l’alternarsi di parti cantate e parti parlate.

D’effetto l’accoglienza riservata al pubblico, che giunge a prendere posto quasi avendo l’impressione che lo spettacolo sia già iniziato, poiché dal palcoscenico un’anziana donna, in un’immagine video in bianco e nero, giganteggia in loop con un accennato sorriso, misto a malinconia e scruta tra le poltrone. Quando cala il buio in sala che accompagna l’ingresso del direttore d’orchestra, Riccardo Bisatti, l’Ouverture racconta in musica l’immagine di lei seduta alla finestra che attende e guarda.

Il racconto è temporalmente trasposto dai moti dell’Ottocento al ricordo presente di accadimenti dei primi anni del ‘900, prima o seconda guerra mondiale. Marie attende i suoi cari in una casa di riposo e questi puntualmente arrivano di lì a poco. Ha allestito la sua stanza portandosi un angolo di casa e ricostruendo sul comò la parte più importante della sua vita passata, con l’orologio da taschino, il carillon accanto alle scatole dei medicinali e la statua della Madonna.

Chiusa l’ouverture, eseguita con piglio magistrale dall’orchestra del Petruzzelli, il video si conclude con Marie che comincia a raccontare ai suoi nipoti e lascia il palcoscenico agli attori in carne ed ossa. Irrompono il coro, impeccabile nella sua performance dall’inizio alla fine, tra le scatole e gli oggetti giganti, con coloratissimi costumi nei toni del verde, del rosso e del nero, direttamente sul pianale dello stesso comò, una sorta di zoom sui dolci ricordi dell’anziana Marie. Si tratta dell’allestimento della Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, di due anni fa, firmato da Barbe & Doucet. Su questo sfondo aggeggiano davanti ad un’auto, cercando di mettersi al sicuro, la Marchesa di Berkenfield e il suo maggiordomo Hortensius.

La storia è quella di Marie, un’orfana adottata da un intero reggimento dell’esercito napoleonico. La giovane ha, dunque, una pletora di padri soldati che adorano la loro figlia e vogliono il meglio per lei. Cresciuta in un contesto siffatto, la giovane ha modi grossolani, ma è cresciuta spensierata e ha un gran cuore. Convinta dalle circostanze che il suo futuro l’avrebbe vista moglie di un soldato, la sua convinzione viene demolita prima dall’arrivo del giovane Tonio, tirolese, che si invaghisce, ricambiato, della ragazza, e poi dalla scoperta di essere figlia della stessa marchesa di Berkenfield.

La giovane in poco tempo vede dipanarsi due destini completamente differenti rispetto a quanto immaginato fin da piccola. La ragazza anela di congiungersi adesso al suo Tonio. Il primo ostacolo alla realizzazione di questo sogno è costituito proprio dai padri, che sognano altro per Marie e vedono in Tonio principalmente un nemico. Il secondo ostacolo è scoprire d’essere figlia della marchesa di Berkenfield. La sua nobile appartenenza la porta lontano dal suo amore e dal suo reggimento. La ricchezza la rende triste e sola, promessa al figlio della duchessa di Krackentorp.

Il racconto si svolge lieve e piacevole sulla scena, con Giuliana Gianfaldoni nel ruolo della giovane Marie che ha dato una prova vocale e attoriale superba. La vicenda assume toni malinconici e tristi in talune scene, buffi e scanzonati in talaltre e la Gianfaldoni, con voce agile e brillante, ha reso magnificamente e con naturalezza le cromìe audaci composte da Donizetti. Performance di perfetta levatura anche quella del mezzosoprano Sonia Ganassi, la Marchesa di Berkenfield.
Tonio, il tenore colombiano César Cortés, bravo, ma con una prova vocale meno prestante, intonato, piacevole, ma timido nell’aria più attesa, “Ah mes amis” e poco efficace nei famosi nove Do di petto previsti dal compositore bergamasco. Il buon Sulpice, il baritono spagnolo Jan Antem, spesso impegnato nell’alternarsi dei fraseggi con Marie, ha mostrato una bella prestanza vocale e una musicalità misurata e appropriata. Il personaggio della Duchessa di Krackentorp, il mezzosoprano Natasha Petrinsky composta e misurata nei suoi interventi, non ha convinto però con l’esecuzione del brano “Vivere”, nato in epoca fascista e poi ripreso in più versioni tra cui una memorabile di Enzo Jannacci, non tanto per la performance vocale, quanto per la difficile comprensione di questo inserimento registico. Riuscitissimi gli altri personaggi: Hortensius, il baritono Stefano Marchisio, Un notaire, l’attore Federico Vazzola, un caporal, il basso Omar Cepparolli, un paysan, il tenore Raffaele Pastore.

Orchestra e coro, guidato quest’ultimo magistralmente da Marco Medved, hanno creato un’armonia equilibrata, gentile, elegante, contemperando il tutto.
Alla fine l’amore trionfa e Marie potrà sposare il suo Tonio. La scena si chiude con la ripresa del video in bianco e nero dell’anziana Marie sognante e nostalgica.

Applausi meritatissimi per tutti, ma Giuliana Gianfaldoni ha decisamente conquistato e convinto il pubblico.

Alma Tigre
Foto di Clarissa Lapolla

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.