“Ti stavo aspettando”: Giuseppe Venezia presenta al pubblico del Duke Jazz Club di Bari la sua nuova produzione discografica

Ancora una volta, sul palco del Duke Jazz Club di Bari, abbiamo avuto modo di ascoltare il contrabbassista Giuseppe Venezia in un progetto tutto suo, accompagnato da un quintetto di elevato spessore composto da Bruno Montrone al pianoforte, Pasquale Fiore alla Batteria, Attilio Troiano al sax tenore e al flauto, e con Fabrizio Bosso alla tromba.

L’occasione è stata quella di presentare l’ultima fatica discografica, pubblicata il 18 ottobre scorso, dal titolo “I’ve Been Waiting For You” (Ti aspettavo). Pertanto abbiamo avuto il piacere di ascoltarlo in veste di leader e non di accompagnatore.

Contrabbassista e bassista lucano, Giuseppe Venezia, classe 1982, ha iniziato la sua carriera già nel 2006. Fino ad oggi, è stato impegnato in numerose formazioni e ha partecipato all’incisione di diversi dischi, affiancando musicisti di tutto il mondo sia in studio che dal vivo. 

Oltre ad aver promosso la costituzione di numerosi ensemble jazzistici, Venezia ha condiviso palchi e studi di registrazione, in Italia come all’estero, con nomi di prestigio della scena jazz mondiale, come Enrico Rava, Stochelo Rosenberg, Peter Bernstein, Greg Hutchinson, Scott Hamilton, Jonathan Blake, Dado Moroni, Philip Harper, Jerry Bergonzi, Flavio Boltro, Roberto Gatto, solo per citarne alcuni.

Da più dieci anni, New York è diventata un appuntamento fisso, esibendosi in prestigiose location – Guggenheim di New York City, College di Yale e Dante Alighieri Society of Massachusetts di Cambridge – e nei migliori jazz club a stelle e strisce – Birdland, Dizzy’s Club Coca Cola, Fat Cat, Maureen’s Jazz Cellar, Small’s Jazz Club, The Django, Mezzrow Jazz Club, Deer Head Inn, The Side Door Jazz Club, Hard Rock Cafè Atlantic City – con importanti musicisti americani come: Emmet Cohen, Joe Farnsworth, Jerry Weldon, Benny Benack III, Craig Hartley, Jeb Patton, Bruce Harris, tra i tanti. Si è esibito, inoltre, nei migliori club e festival in: Italia, Svizzera, Francia, Germania, Olanda, USA.

Come tutti i ragazzi, inizia ad ascoltare la musica rock, ma ciò che l’ha fatto innamorare del jazz è stato l’ascolto di un disco di “Art Blakey & Jazz Messanger” (Like someone in Love). Come non dargli ragione? Anche la mia passione è nata da una partecipazione, direi casuale, ad Umbria Jazz 1976 e, primo fra tutti, il gruppo di Art Blakey ha dato una svolta ai miei gusti musicali. I contrabbassisti Ray Brown, Paul Chambers, Sam Jones sono stati i suoi modelli. Inizia a suonare il pianoforte e, più tardi, studia musica classica al Conservatorio di Matera. Ma il passo determinante nella sua carriera è stato quello di arrivare a New York appena ventenne, iniziando a frequentare concerti dal vivo, all’inizio come semplice spettatore. Alla fine di ogni concerto, ha iniziato a partecipare alle jam session post concerto, facendosi subito apprezzare dai musicisti locali. Non è stato difficile creare rapporti professionali e di amicizie che lo hanno portato a frequentare e suonare oltre oceano.

Resta però molto legato al suo territorio, creando occasioni di incontro e confronto con tra musicisti locali e musicisti internazionali, creando un substrato di crescita. E forse non a caso proprio nella sua città, Bernalda, sono attivi altri musicisti come Giovanni Scasciamacchia e Attilio Troiano, con cui condivide il progetto del Festival “Basilijazz” dal 2008, ed in tempi successivi (2018) diventa Direttore Artistico del Rosetta Jazz Club” di Matera. E’ anche docente di contrabbasso presso il conservatorio Pietro Mascagni di Livorno.

Attilio Troiano, polistrumentista (oltre al tenore e flauto, suona una ventina di strumenti), diplomato in clarinetto, anche lui di Bernalda (Matera), compositore ed arrangiatore, sia per piccoli organici, che per orchestre (che di certo predilige), collabora sia con formazioni dixieland, che cool jazz, be-bop e hard-bop. Nel 2010 è vincitore dell’Italian Jazz Award nella categoria “Brand New Jazz Act”, e con la “Attilio Troiano Big Band & International All Stars” è vincitore del premio come migliore Big Band al Festival Jazz di Ascona 2010 e del premio “Ercole Jazz 2010” al Festival Policoro in Musica. Dal 2011 è insegnante presso l’High Music Academy di Taranto. Tra le sue collaborazioni: Giovanni Amato, Duffy Jackson, Stepko Gut, Roberto Pistolesi, Randy Sandke, John Allred, David Paquette, Dan Barrett, Mark Brooks e molti altri. Sul palco del Duke non ha avuto alcun problema a suonare al fianco di Fabrizio Bosso, esprimendo il meglio di sé.

Pasquale Fiore, materano, si avvicina alla batteria fin da piccolissimo. Trasferitosi a Milano da pochi anni, è uno dei più richiesti batteristi in Italia. Lavora come sideman e ha collaborato ed inciso con: Enrico Rava, Scott Hamilton, Fabrizio Bosso, Tom Kirkpatrick, Stjepko Gut, Attilio Troiano , Daniele Scannapieco, Giovanni Amato, Tommaso Scannapieco, Dario Deidda, Francesco Angiuli, Fabio Zeppetella, Paolo Recchia e molti altri. In particolare, lo scorso agosto abbiamo avuto modo di ascoltarlo con Antonio Faraò a Laterza (il 5 dicembre sarà ancora insieme ad Ostuni per Musicalmente ODV), ma anche a Francavilla è Jazz sempre con Faraò ma anche con Chico Freeman, o a Ginosa con Michele Sannelli. L’altra sera, al Duke, lo abbiamo visto (e ascoltato) particolarmente incontenibile Un drumming incessante e carico, prendendosi i suoi spazi e sostenendo tutto il concerto. Davvero degno di nota.

Il pianoforte di Bruno Montrone, di casa al Duke, non ha fatto altro che impreziosire la serata con i suoi giri armonici. Ormai è una certezza del panorama jazzistico nazionale, ma lo abbiamo visto spesso al fianco di musicisti internazionali. La sua presenza sul palco è una garanzia.

Fabrizio Bosso è un musicista apprezzato sia dal pubblico che dai tanti musicisti internazionali. E’ apprezzabile la sua disponibilità a sostenere giovani leve, senza voler ricoprire necessariamente il ruolo di “prima donna”. Ci ha regalato tantissimi assoli, ma ha impreziosito tutti i brani che, ricordo, sono stati tutti brani originali scritti da Giuseppe Venezia, ad eccezione dei brani conclusivi del primo set e del bis finale (un “Caravan” eseguito in maniera eccellente da tutti i musicisti).

Ci tengo sempre a sottolineare che lo spessore di un musicista si vede, oltre che per la tecnica e la passione con cui suona il suo strumento, dalla sua capacità compositiva. Durante il concerto sono stati eseguiti tutti i brani dell’album, con la differenza che il tempo a disposizione durante una esibizione dal vivo è ben più ampia e offre ai musicisti la possibilità di esprimersi al meglio.

In particolare, come già detto, sono stati eseguiti tutti i brandi del disco, ed anche nello stesso ordine, ma questo vuol dire ben poco. L’apertura è stata affidata al brano “Messaggeri”, ovviamente dedicato ai Jazz messengers di Art Blakey. Una passione che resta un caposaldo. Il brano successivo, “I’ve been waiting for you”, ti stavo aspettando, è dedicato al figlio Mauro, nato in periodo Covid, e scritto d’impulso dopo il primo incontro padre-figlio.

“Song for Gerald” è invece dedicato ad uno dei maestri di Giuseppe, il contrabbassista americano Gerald Cannon. Non poteva mancare, nel disco e nel concerto, un blues dal titolo “Blue Bird”, un brano dedicato a Charlie Parker e a Bud Powell. Di certo è stato il momento più trascinante del concerto. Un brano che sul disco dura poco più di quattro minuti ma che dal vivo ha impegnato i musicisti in quasi venti minuti di assoli straordinari ed interminabili.

Verso la conclusione del concerto Giuseppe Venezia ha tenuto ad esortare il pubblico, invitandolo ad essere una “nuova resistenza” in un mondo che diventa ogni giorno più brutto. E’ la stessa rilflessione che ogni tanto faccio anch’io: se non c’è il pubblico a sostenere i musicisti, difficilmente potremmo godere di uno spettacolo del genere. E sulle note di “Caravan” tutti a casa, felici e contenti. Anche questa, una serata da incorniciare, con cinque musicisti d’eccezione.

Gaetano de Gennaro
Foto di Gaetano de Gennaro

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