Guardiamo innanzitutto ai risvolti positivi. Come avrebbe potuto dire Montale, “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo” definisce a volte meglio la nostra essenza. Il Bari, pur senza eccellere, continua a costruire una stagione solida: imbattuto dal 23 agosto, ha subito solo quattro reti in trasferta – un record che testimonia una difesa granitica. Ha fermato squadre come Spezia, Cremonese e Sampdoria nelle loro roccaforti, il super Sassuolo che frantumerà il campionato, e affrontato con successo avversarie retrocesse dalla Serie A come Frosinone e Salernitana, trasformatesi, oggi, in “cenerentole” della Serie B.
Eppure, come Ulisse nel viaggio dantesco, il Bari non si è lasciato tentare dall’illusione della perfezione. Da inizio torneo, tranne che in qualche fisiologica situazione, ha messo la museruola agli attaccanti all’asciutto da tempo e non ha risolto loro le crisi di astinenza altrui, né tanto meno ha risolto le crisi delle avversarie soprattutto di quelle che hanno incontrato il Bari con varie defezioni tecniche, status tipico del Bari che si traveste da crocerossina in questi casi. E senza che stiamo a proseguire, ha messo la museruola a Bisoli, giocatore che rientrava dopo mesi di stop a causa di un infortunio, Bisoli che a Brescia è una sorta di istituzione essendo lo storico capitano, subentrato supportato da un boato. Ecco, fosse stato un altro Bari, uno di quelli che siamo abituati a vedere, Bisoli avrebbe siglato il 2-1 magari al 90′ facendo esplodere il “Rigamonti”, un po’ sulla falsa riga di Pavoletti insomma. E invece no. E’ rimasto all’asciutto pure lui.
Ma ogni medaglia ha il suo rovescio. Otto pareggi pesano, e se il Catanzaro con dieci è riuscito a fare “meglio” o “peggio” a seconda dei punti di vista, il Bari si interroga sulla sua incapacità di chiudere le partite. In quattro occasioni, è stato rimontato; in una quinta, quella contro il Cittadella, ha comunque vinto. Questo denota una mentalità da squadra di metà classifica, capace di rendere ogni avversaria – anche la più modesta – un Manchester City o un Real Madrid dei tempi migliori.
Le prime due sconfitte stagionali, subite in condizioni precarie di mercato e forma fisica, sono ormai lontane. Da Modena in poi, il Bari ha ingranato la marcia giusta, trovandosi ora al sesto posto. “Sia lodato il dubbio”, scriveva Bertolt Brecht, e in effetti i biancorossi devono trovare il coraggio di rispondere a quelle incertezze che ancora limitano le loro ambizioni. La partita contro il Cesena di Michele Mignani sarà un banco di prova importante, soprattutto perché evoca ricordi di finali frustranti e rimpianti amari.
Il pareggio di sabato lascia comunque l’amaro in bocca. Tre punti erano a portata di mano, ma un rigore malamente calciato da Falletti – sempre più lontano dal giocatore che si sperava – e la traversa di Novakovich hanno impedito la vittoria. Nel secondo tempo, il Bari ha preferito il possesso palla alla concretezza, mostrando poche idee e ancora meno coraggio. È mancato quel “quid” che, come insegnava Machiavelli, separa la virtù dalla fortuna.
Quanto ai singoli, bene Dorval, che si conferma in ascesa, e Maita, sempre più leader del centrocampo. Benali ha mostrato qualche segno di stanchezza, ma resta affidabile. Al contrario, Oliveri ha disputato forse la sua peggiore gara in maglia biancorossa, mentre Sibilli e Falletti si sono rivelati fantasmi in campo. Da un numero dieci ci si aspetta la magia, quella scintilla che accende la folla, ma il Bari sembra condannato a una lunga carestia creativa in quella posizione: da Botta a Falletti, passando per tanti altri, il destino sembra ripetersi. Come diceva Leopardi, “l’attesa del piacere è essa stessa il piacere”, ma per i tifosi baresi questa attesa si è fatta insostenibile.
I subentrati, poi, non hanno inciso: Lasagna, Sgarbi, Manzari e Favasuli sono rimasti marginali. Anche Radunovic ha alternato buone uscite ad altre meno convincenti, mentre la difesa ha retto, pur con i consueti limiti di Pucino nei cross.
Eppure, nonostante le lacune, è difficile non essere ottimisti. Questa è una squadra costruita quasi da zero, e se oggi è sesta in classifica, cosa potrà fare a maggio, con qualche innesto mirato a gennaio e una maggiore coesione?
Infine, una riflessione sul rigore: perché non far battere Sibilli, già decisivo in una situazione analoga? Un piccolo errore che, come tanti altri, costringe il Bari a riflettere e crescere. Perché, come diceva Eraclito, “tutto scorre”, e il tempo per correggere la rotta non manca.
Massimo Longo