Denunciare il bullismo e qualsiasi forma di violenza: nessun argomento può essere più attuale ed il Cinema ha il dovere di affrontarlo. “Il ragazzo dai pantaloni rosa”, il film diretto da Margherita Ferri tratto dal libro di Teresa Manes, madre di Andrea Spezzacatena

Un film tratto da una storia vera forse può essere più difficile da recensire, perché si tratta della realtà, di qualcosa che è realmente e tragicamente avvenuto, soprattutto quando si parla di un ragazzo di quindici anni, Andrea Spezzacatena, che il 20 novembre 2012 ha deciso di togliersi la vita.

Ma partiamo dall’inizio.
Il ragazzo dai pantaloni rosa” è il titolo del film, presentato alla Festa del Cinema di Roma in questi giorni nelle sale italiane, con la regia di Margherita Ferri su soggetto di Roberto Proia tratto dal libro di Teresa Manes, madre di Andrea che ne racconta la breve vita vittima di bullismo e cyberbullismo.

E’ proprio il ragazzo ad essere la voce narrante del film o, meglio, l’Andrea del futuro, il giovane di 27 anni che avrebbe potuto essere, che analizza la sua esistenza, dalla nascita all’infanzia per poi fermarsi all’adolescenza, a quella fase della vita maledetta ed incomprensibile amica/nemica!

Andrea Spezzacatene (Samuele Carrino) è prima un bambino sereno, felice vivere con la sua famiglia, formata dalla mamma Teresa (un’intensa ed empatica Claudia Pandolfi), il papà Tiziano (Corrado Fortuna) e il fratellino Daniele, a Roma, costretto da ragazzo a confrontarsi, non senza disagio, con la separazione dei genitori, al punto da amare tornare in Calabria dove vivevano i nonni, perché lì ritrovava una certa serenità e la sentiva come la sua “isola felice”. Andrea è intelligente, curioso, dotato di un bellissimo talento nel canto ed è felice di frequentare la scuola, dove conosce sia la sua miglior amica Sara (Sara Ciocca) e il suo peggior nemico Christian (Andrea Arru).

In questo stato di cose già difficile da affrontare, galeotti divengono un paio di pantaloni rossi regalati al ragazzo dalla mamma che a seguito di un lavaggio errato, hanno preso una colorazione rosa, ma che vengono forse anche più apprezzati da Andrea, perché, pur non assumendo alcun tipo di classificazione e appartenenza, lo faceva sentire se stesso, disinteressato a tutti gli stereotipi sociali.

Da qui si sviluppa il film o meglio la vita del protagonista, uno dei primi casi riconosciuti di cyberbullismo, atti di bullismo sotto ogni forma, e in particolare sotto quella virtuale, che inesorabile si espande senza freno e sfoga tutto l’odio e la cattiveria sino a spingere il ragazzo a compiere il gesto estremo. Infatti, sarà proprio mamma Teresa, dopo la morte di Andrea, a scoprire, entrando nel profilo Facebook del ragazzo, l’inferno che aveva attraversato in piena solitudine, accompagnato solo dalle sue cuffiette con le quali si isolava da tutto e si faceva trasportare dalla musica classica.

Il film riesce non totalmente a rendere l’intensità del tema forse perché alcuni tratti leggermente didascalici lo edulcorano eccessivamente, ma viene comunque raggiunto lo scopo che è quello di denunciare il bullismo e qualsiasi forma di violenza, che ne fa un prodotto assolutamente da proporre per la visione nelle scuole. Nessun argomento può essere più attuale: la differenza sta nell’affrontarlo ed il Cinema ha il dovere di farlo!

Commoventi le parole della mamma di Andrea che chiudono il film: “Ho sicuramente commesso degli errori, ma permettergli di indossare quei pantaloni non è stato tra quelli”.

Samantha Pinto

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2 commenti su “Denunciare il bullismo e qualsiasi forma di violenza: nessun argomento può essere più attuale ed il Cinema ha il dovere di affrontarlo. “Il ragazzo dai pantaloni rosa”, il film diretto da Margherita Ferri tratto dal libro di Teresa Manes, madre di Andrea Spezzacatena

  1. Toninopinto Rispondi

    FELICE ANALISI..ARRICCHITA DA OSSERVAZIONI ADERENTI ALLA REALISTICITA’ DEL FILM.

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