Una buona notizia: per essere maschio non bisogna essere stronzo. Ce la dà Gaya De Medeiros, alla chiusura del BiGX presso il Teatro Kismet con “Dad for dinner”

Il BiG – Bari International Gender festival è il mese di cinema e arti performative su differenze di genere, identità ed orientamenti sessuali della città di Bari. Anche questa edizione ha mantenuto molto alto il livello di attenzione sulla frontiera artistica, ma anche di rivendicazione civile e sociale contro ogni tipo di discriminazione e contro un mondo normalizzato sui criteri del maschio, dell’abbiente, dell’abile, del bianco. Il programma, codiretto da Tita Tummillo e Miki Gorizia, è promosso e organizzato dalla Cooperativa sociale AL.I.C.E. (Area Arti Espressive), sostenuto dal FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo), Regione Puglia, PACT Puglia Culture a valere sul Fondo Speciale Cultura e Patrimonio Culturale L.R. 40/2016 art. 15 comma 3, Puglia Culture, Comune di Bari, dall’Ufficio Tecnico – Tavolo Tecnico LGBTQI del Comune di Bari, oltreché con la collaborazione con decine di interlocutori artistici, istituzionali e non solo.

L’edizione trova una degna conclusione proprio in una riflessione sulla condizione del maschio contemporaneo, centrale in “Dad for dinner”, la performance di Gaya De Medeiros. De Medeiros è sul palco insieme a Pedro Melo Alves e al batterista João, in una coproduzione Espaço Alkantara, Teatro Municipal do Porto Supported by Estúdios Victor Córdon, con il Patrocinio dell’Ambasciata di Portogallo in Italia. De Medeiros è un’artista trans, fuggita dal Brasile di Bolsonaro verso il Portogallo, e ha all’attivo svariati progetti tra cui BRABA.plataforma che mira a raccontare azioni creative di persone trans/non binarie, i loro successi, ma soprattutto i loro fallimenti.

Non prendiamoci in giro: i rapporti di potere sono fondati in larghissima parte su una prevaricazione che è la conseguenza tossica del suprematismo maschio, bianco, etero, abile e ricco sul resto delle persone che non scimmiottano quel modello. Lo spettacolo parte dal racconto dei danni che fa la costruzione dell’immagine del maschio. Gli assurdi riti iniziatici che privano i bambini di un rapporto sano con le emozioni, le dimostrazioni artificiose di potenza fisica, prestanza, il bullismo incontrollabile, tutto sembra congiurare per la costruzione di un’altra generazione di persone infelici della cultura patriarcale. Le donne, sicuramente, le soggettività LGBTQIA+, anche, ma anche gli uomini, vittime dei simulacri che finiscono per scambiare per le proprie identità.

De Medeiros, restata nuda con il suo corpo esistenziale sul palco, invita Alves, e inscena con lui un conflitto neppure sottilmente psicologico, ma di districazione fisica di nodi vitali, dall’infanzia, al rapporto col padre, mai davvero recuperato per tutte le sovrastrutture patriarcali che intossicano i rapporti in famiglia. Tali sovrastrutture diventano una specie di arma, reificata sul palco, che sembra schioppare, sembra innescata, ma a pensarla bene, non è neppure attiva, perché le persone non ne hanno davvero bisogno.

Parte così una decostruzione della visione, del maschio, e dal rovescio delle soggettività trans, stigmatizzate come povere anime sofferenti: vengono allontanate dalla batteria il piatto della tracotanza, il rullante dell’inesorabilità e la grancassa della vendetta.

Il risultato è una nuova consapevolezza, gioiosa, libera di camminare e sentire appieno la bellezza del proprio corpo, qualsiasi sia la sua natura e identità.

Lo spettacolo si è completato con un dibattito con Maria Paola Zedda, curatrice e esperta di performance, danza e arti visive, e Flavia Tritto, artista contemporanea e co-fondatrice del Voga art project a Bari.

Non vedo l’ora che a Bari sia BiG again!

Beatrice Zippo
Foto di Fabiano Lauciello

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