La magia di Mozart e Beethoven illumina la Stagione dell’Agìmus di Mola di Bari con il pianoforte di Alessandro Marano ed il Quartetto d’archi Enotria

Due grandi Concerti per pianoforte e orchestra presentati in altrettante inusuali versioni da camera per pianoforte e quartetto d’archi. È la proposta che viene per l’Agìmus (Teatro van Westerhout di Mola di Bari, domenica 15 dicembre ore 19.15) dal brillante pianista calabrese Alessandro Marano con un ensemble formato da Michela Rita Graziano e Giulia Falbo ai violini, Asia Termine alla viola e Christian Arlia Ciombo al violoncello.

Nella prima parte di serata si ascolterà il Concerto n. 20 K 466 di Mozart, il più celebre ed eseguito del genio di Salisburgo, nonché pagina prediletta da Beethoven, del quale nella seconda parte si ascolterà il Concerto n. 5 «Imperatore». Mozart presentò il Concerto K 466 a Vienna, l’11 febbraio 1875, il giorno dopo averlo completato. E tra il pubblico c’era anche il papà di Mozart, Leopold, come quest’ultimo riporta alla figlia Marianna in una lettera. Leopold racconta anche di come Wolfgang non ebbe nemmeno il tempo di provare il Rondò finale, dove si ristabilisce l’impronta drammatica del primo movimento, un Allegro che si apre con inciso dal tono sinistro, cifra stessa di questo concerto nel quale la Romanza centrale non lesina tinte forti, sia pure in un’atmosfera lirica e soave. Particolarità è che il pubblico dell’Agìmus ascolterà il Concerto K 466 nella versione per pianoforte e quartetto d’archi realizzata da Peter Lichtenthal, nato nel 1779 a Bratislava, affermatosi in veste di medico, ma attivo anche compositore e autore di due biografie di Mozart, alle quali viene attribuita una certa autenticità, vista la frequentazione di Lichtenthal con la vedova Mozart, Constanze, e i due figli Karl e Franz. Da grande ammiratore del salisburghese, Lichenthal creò numerose trascrizioni delle opere di Mozart e s’impegnò nella loro diffusione anche quando dal 1810 decise di andare a vivere a Milano, dove si occupò di promuovere la musica tedesca e, in particolare, quella del compositore prediletto.

Stessa formula esecutiva verrà adottata a seguire per il Concerto n. 5 «Imperatore», non solo il più famoso Concerto di Beethoven, ma il più popolare di tutti i Concerti per pianoforte e orchestra della storia, anticipatore per certi versi del Concerto romantico, e qui proposto nella trascrizione per pianoforte e quartetto d’archi che ne fece nel 1881 uno semisconosciuto compositore, pedagogo e direttore d’orchestra tedesco, Vinzenz Lachner, amico di Brahms e Clara Schumann, attivo a Mannheim, Karlsruhe, Francoforte e per un breve periodo anche a Vienna e Londra. Magari questo Beethoven da camera risulterà, «ça va sans dire», meno energico e «imperioso» per l’assenza dell’orchestra, ma sicuramente apparirà più ricco di cantabilità, come potrà riscontrare il pubblico dell’Agìmus in un confronto con il Concerto originale, sottotitolato «Imperatore» per un abuso compiuto dal pianista Johann B. Cramer dopo la morte del compositore. Tra l’altro, l’utilizzo di questo titolo rimane incerta. Può riferirsi, infatti, alla contemporanea occupazione di Vienna da parte dei francesi dell’imperatore Napoleone, oppure semplicemente avere una qualche relazione con le analogie esistenti tra il Concerto n. 5 e la Sinfonia «Eroica» nella propensione alla costruzione grandiosa e solenne

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