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“Dottò, ci schif ajire! Ma come se fasce a perdere contro l’ultima in classifica? Prima fanno mettere in priscio le persone, illudendo i tifosi con il record di imbattibilità, poi si sgonfiano. Ma come si fa? Basta! Ma chidd dà, i De Laurentiis, a quann se leverann da ‘nanz?”
Perdonate il mio pessimo tentativo di riportare il dialetto barese, ma tra le mie lacune c’è anche quella di non saperlo parlare bene, né scriverlo. Tuttavia, questo è stato il commento del mio edicolante stamattina, alle prime luci dell’alba, mentre mi rifornivo dei miei quotidiani. E, come dargli torto? Non c’è nulla da fare: vox populi, vox dei.
È vero, il Pisa ha decretato che il Bari non ha perso perché ha trovato una corazzata all’Arena Garibaldi. No, il Bari si è arreso perché, già dalla gara contro il Cesena, ha iniziato una discesa tecnico-tattica involutiva. Da quella partita, vinta con la classica “gara sporca”, la squadra stava già perdendo lucidità, una di quelle caratteristiche che, nel bene o nel male, erano state evidenti nelle gare precedenti, durante le quali era rimasta imbattuta. E tutto ciò nonostante i limiti, perché non ci si può far rimontare in ogni santa partita: vedi Cremonese, Catanzaro, Reggiana, Cosenza o Cittadella (e meno male come è andata contro i veneti).
La partita è stata una sorta di bolla pontificia sancita con cera rossa: inequivocabile. Certo, qualcuno potrebbe obiettare, giustamente, che la classifica sorride ancora al Bari, posizionato sulla sinistra, sebbene verso il basso. Ma, con questo Bari visto nelle ultime tre partite, c’è poco da stare allegri. I biancorossi attraversano un momento difficile, e non solo per gli zero punti raccolti nelle ultime due gare, ma perché in campo appaiono scoordinati e confusi, fino a sbandare persino contro l’ultima in classifica che, come spesso accade contro il Bari, è sembrata il Real Madrid. Del resto, tracce di Real Madrid si sono intraviste pure nel Cittadella, allora penultimo. Il San Nicola, da sempre terra di conquista, è legato a quell’improvvida e infelice idea di intitolare lo stadio al protettore dei forestieri. A ciò si aggiunge la maledetta pista di atletica che rende l’impianto dispersivo, ben lontano dall’essere un fortino inespugnabile.
La sconfitta contro il Sudtirol è stata tanto netta quanto simbolica. Gli avversari hanno imposto il loro ritmo e sfruttato le falle di una squadra apparsa scoordinata e confusa. Come nell'”Arte della Guerra” di Sun Tzu, dove la preparazione è tutto, il Bari ha mostrato di non essere pronto: idee poche e mal messe in pratica, assenza di coesione e concentrazione, difesa imbarazzante con un Obaretin disastroso. Il gol subito al 90’ è il simbolo di questa fragilità. Nel calcio, come nella vita, gli errori non perdonano.
La gara è stata pessima, è sembrato il Bari dello scorso anno incapace di difendersi e di attaccare, tenuto in piedi dal solo, solito, Radunovic che ha subito il gol per una dormita colossale da parte di Obaretin (ma anche di Dorval) di cui si parla bene per le uscite dall’area alla Franco Baresi ma che di Baresi non ha, forse, nemmeno l’unghia del mellino del piede adesso, un difensore che pecca nel difendere dimostrando di non avere le basi del difensore e ma che fino adesso si è visto molto poco, poi Dorval straripante quando attacca ma lacunoso quando difende e questo lo si sapeva. E’ stato un Bari molto simile a quello che ci ha fatto soffrire lo scorso anno.
Sabato abbiamo assistito alla prestazione di una squadra priva di idee, sconclusionata contro un avversario che aveva perso sette partite nelle ultime nove. Incredibile, ma fino a un certo punto: si parla del Bari, una squadra che spesso veste i panni della croce rossa, accorrendo in aiuto dei moribondi. E, a proposito di moribondi, il Palermo, reduce da tre sconfitte consecutive, troverà nel Bari un’occasione perfetta per riscattarsi. Nel calcio nulla è scontato, ma se aggiungiamo che il Bari ha spesso sofferto alla Favorita e che i siciliani cercheranno di interrompere la serie negativa, non sorprenderebbe una terza sconfitta consecutiva. Poi arriverà lo Spezia al San Nicola, e anche loro, certamente, non verranno a fare barricate senza necessità di travestirsi da Manchester o da Barcellona. E poi si tirino le somme. Ripeto, nel calcio tutto può accadere anche che il Bari prenda sei punti tra Palermo e Spezia, ma gli attempati come me che hanno visto il Bari giocare nel grigio e nebbioso “Moccagatta” di Alessandria negli anni 60, e che masticano “Bari” da 60 anni, sanno molto bene come finiscono certe partite ma soprattutto certi campionati sulla linea pericolosa della paura e dell’anonimato.
Non è solo una questione di risultati, ma di atteggiamento e mentalità. La squadra non appare più capace di dominare il gioco: gli attaccanti faticano a segnare, il centrocampo manca di idee e la difesa si scioglie nei momenti decisivi. Come ammoniva Giambattista Vico nelle sue “Scienze Nuove”, la storia è fatta di corsi e ricorsi, e questo Bari sembra rivivere i suoi peggiori incubi.
Il Sudtirol ha meritato di vincere, non ci sono scuse. Una squadra ordinata, ben disposta tatticamente, che ha sfruttato le occasioni e messo a tacere i presenti con un gol al 90’, complice una difesa imbarazzante, con Obaretin su tutti.
Il Bari non ha fatto nulla per meritarsi un pareggio. Le occasioni mancate, come quella di Novakovic che ha sbagliato l’assist per Falletti, gridano vendetta. Nel calcio, chi sbaglia paga, e il Bari sbaglia troppo. Longo, a fine gara, ha dichiarato che nulla è perduto. Sarà, ma questo Bari, incapace di creare gioco e di difendersi, non può che pensare alla salvezza, lasciando da parte sogni di gloria.
Eppure, la storia del Bari insegna che la sofferenza fa parte del suo DNA. Come scriveva Pirandello, “La vita o si vive o si scrive”, e forse questo Bari sta vivendo più che mai il dramma della propria identità calcistica.
Responsabile – sia inteso – anche Longo che ha tenuto troppo tempo giocatori inutili senza dimenticare che a Maita non si dovrebbe mai rinunciare quando c’è Benali in campo a mio modesto giudizio. Anche se ci sarebbe da fare i conti con l’alibi della carenza di uomini di una certa caratura in panchina. E’ un peccato che certe prestazioni spengano l’entusiasmo ritrovato della piazza dopo un bel percorso intrapreso anche se i limiti si vedevano nitidamente.
Lasagna fuori condizione, Lella spaesato e regalato agli avversari, Benali che girava a vuoto senza il suo partner Maita, Dorval spina nel fianco in attacco, uomo da dimenticare in difesa, Sibilli e Falletti che dopo sei mesi continuano a non convincere riducendo il loro apporto a zero. Gli attaccanti per quanto si sacrifichino non segnano e da loro ci si aspetta anche qualche gol perché, appunto, sono attaccanti. La difesa poi sia addormenta al 90′ e allora è inutile stare a discutere. Fa specie vedere Maiello in panchina, e non si capisce perché visto che dovrebbe stare bene fisicamente. Di Sgarbi, Manzari e Favasuli si son perse le tracce, Bellomo lo si vede, una tantum, solo nei minuti finali senza incidere, Favasuli dà l’impressione di essere stato il classico abbaglio estivo, preso dal Bari dopo la partita della vita giocata da lui con la sua Ternana contro il Bari nel playout di andata. Insomma Longo qualche responsabilità ce l’ha, inutile nasconderlo, insieme al DS che ha assortito una rosa striminzita e ridotta all’osso ma, cosa vogliamo farci, quello era il budget e miracoli non se potevano, e non ne potranno, fare. Anche se dietro la tastiera o seduti al divano siamo tutti bravi, chissà, può darsi che dei motivi più validi ci siano.
Si vede in campo meno entusiasmo rispetto al solito e siamo a metà campionato. A volte si può giocare male, può scapparci anche la sconfitta, ma l’impressione è che questa squadra sia spenta. Non si riesce a vincere? Almeno che si porti a casa un pareggio. Quel gol preso oggi è fantozziano e deve far riflettere.
Infine una considerazione riguardante i numeri che, si sa, non mentono mai e sono incontrovertibili. Sabato c’è stata la classica gara dei fuori sede, quella dei baresi che tornano a casa per Natale e che, giustamente, colgono l’occasione per andare allo stadio. E come tante volte accade, ecco puntuale la sconfitta natalizia del Bari. Perché anche questo fa colore ma soprattutto dolore.
Buon Natale.
Massimo Longo