“Un’altra cover band dei Pink Floyd? E no, basta!”
E perché non diciamo basta quando andiamo ad ascoltare una orchestra che interpreta un’opera di musica classica? Le orchestre sono più fighe delle cover band?
Non nascondo il mio scetticismo quando mi hanno proposto un altro concerto sulla musica dei Pink Floyd. Non pensavo fosse possibile ritrovarmi ancora in un nuovo vortice di emozioni, la prima delle quali scaturiva dal sapere che sarei stata ospite del Teatro Petruzzelli di Bari, ciò vuol dire che non poteva essere una semplice cover band, ma un gruppo di musicisti con grande preparazione ed esperienza. Difatti, basta girare un po’ in rete e si scopre che la “Pink Floyd Legend”, nata con la produzione di “Menti assolute”, si è esibita in luoghi prestigiosi come l’Auditorium Conciliazione di Roma, lo Sferisterio di Macerata, l’Anfiteatro Romano di Ostia Antica, il Teatro degli Arcimboldi di Milano.
Eppure un concerto lo si può descrivere, bello o brutto, ma spiegarlo è una impresa. Come rendere comprensibile le emozioni provate? E io che non credevo nelle cover band, ma questo concerto proposto è davvero ambizioso. Non si presenta solo come una carrellata dei pezzi iconici dei Pink Floyd, ma è il solo a portare in tour la versione integrale di Atom Heart Mother, che non a caso è il titolo del tour. Così scopro che seguono la partitura originale del compositore inglese Ron Geesin. E alla fine del primo tempo, a sorpresa appare in un video proprio Ron, con cui i Pink Floyd Legend hanno stretto un sodalizio artistico, esibendosi insieme la scorsa estate alla Cavea del Parco della Musica di Roma di fronte a più di 3.000 spettatori.
La band romana è composta da Alessandro Errichetti alla chitarra e voce, Emanuele Esposito alla batteria, Simone Temporali alle tastiere e voci, Paolo Angioi alla chitarra acustica, elettrica e 12 corde, Fabio Castaldi al basso e voce, non ultimo al basso e voce e il sassofonista solista Maurizio Leoni. Michele Leiss (sax) e Andrea Arnese agli effetti audio/video, keytar e la chitarra acustica. Sono tutti straordinari, seri e preparati professionisti che hanno condotto scrupolosi e approfonditi studi sugli spartiti degli autori delle composizioni. La formazione si completa con le splendide voci del coro di Martina Pelosi, Sonia Russino e Giorgia Zaccagni che ascoltiamo sin dal primo e indimenticabile pezzo “Shine On You Crazy Diamond”, sullo sfondo degli imperdibili fasci di luci psichedeliche. Si prosegue con “Learning To Fly”, eseguita in modo superbo a cui succede la famosissima “Time”, immersi in turbine di orologi sullo sfondo dell’impeccabile video. Si prosegue con la straordinaria esecuzione di “The Great Gig in the Sky”, poi al verde di “Money”, attraversando l’atmosfera di “Mother”. Ai primi accordi di “Wish You Were Here” il pubblico accompagna la band con il battito delle mani, si prosegue senza pause con “One Of These Days”, e infine “Brain Damage/Eclipse”ed altri ancora. La prima parte con i pezzi iconici si è conclusa, ora la pausa serve anche per ospitare il coro previsto nella partitura originale di Atom Heart Mother.
Ho ancora a casa l’album in vinile, uscito il 10 ottobre del 1970, con la stranissima copertina con la “mucca” del geniale artista Storm Thorgerson, e tra i nomi degli artisti e collaboratori, poi diventati famosi, compare il giovane Alan Parsons, allora ventiduenne ingegnere del suono. Da una piccola ricerca personale scopro che Atom Heart Mother proviene dal titolo di un allora articolo di giornale che riportava la notizia di una donna in attesa di un bambino, tenuta in vita da un pacemaker atomico. Il disco lo conosciamo tutti, si presenta come uno spartiacque tra la psichedelia in procinto ad essere abbandonata per approdare nel progressive, composto da singolari accostamenti tra musica sinfonica e rock, alternando momenti pervasi da raffinate melodie ad altri di pura potenza sinfonica contrapposti a rumori disturbanti. Tutto questo, per come fu concepita e realizzata la partitura originale, sono necessari un coro nutrito e una orchestra. Quindi la pausa ha anche l’obiettivo di far entrare i componenti del Coro Lirico di Lecce e la Ensemble Symphonia Pugliese, diretti dal bravissimo maestro Giovanni Cernicchiaro. Scopro che nessuna altra cover band era riuscita nel progetto di riproporre dal vivo Atom Heart Mother proprio a causa della necessaria presenza di un coro e di una orchestra, solo la Pink Floyd Legend è riuscita a realizzare questa bellissima follia.
È ora di iniziare il secondo tempo, con “Another Brick In The Wall”. Si prosegue con “Summer ’68” , un omaggio in onore del compianto Richard Wright. E finalmente con l’esecuzione di “Atom Heart Mother” l’Orchestra e il Coro diventano finalmente assoluti protagonisti, e l’esperienza di cui sono testimone è unica, una combinazione psichedelica tra voci e strumenti in una esplosione di vibrazioni e infine di applausi esplosivi del pubblico estasiato da tanta bellezza.
Le due ore di concerto si stanno concludendo troppo presto e il primo bis si presenta con “Nobody Home”, a cui succede “Bring the Boys Back Home” e con tristezza mista alla gioia mi immergo nell’ascolto, ancora una volta dal vivo, l’immensa “Comfortably Numb”, a cui il pubblico si lascia andare ad un commovente canto collettivo. Ma questo sogno finisce davvero con un frammento di “Atom Heart Mother” a conclusione del secondo bis e in interminabile gioioso applauso.
Hanno detto che torneranno, non li perderò.
Un consiglio: non perdeteli se vi piace ascoltare la musica dei Pink Floyd.
Maurizia Limongelli
Foto dalla pagina web del gruppo