“Love me. Due pezzi di Antonio Tarantino” di Licia Lanera arriva al Teatro Biblioteca Quarticciolo di Roma per la sua prima messa in scena del 2025

Con Love Me. Due pezzi di Antonio Tarantino Licia Lanera ha percorso dal debutto del 2022 tutt’Italia con numerose recite. La regista e attrice pugliese arriva nel 2025 a Roma portando con sé il dramma dello straniero: LOVE ME va in scena per la prima volta nella capitale al Teatro Biblioteca Quarticciolo per la stagione teatrale Singolare / Plurale con due recite, il 24 e il 25 gennaio; poi, a febbraio, volerà in Belgio per il Festival di Liegi, un’importante tappa internazionale della tournée.

LOVE ME. Due pezzi di Antonio Tarantino

testi di Antonio Tarantino

regia Licia Lanera

con Licia Lanera e il Corpo del Delitto

luci Vincent Longuemare

disegno sonoro  Tommaso Qzerty Danisi

costumi Angela Tomasicchio

assistenti alla regia Ermelinda Nasuto, Ilaria Bisozzi

tecnico di compagnia Massimiliano Tane

produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale

Compagnia Licia Lanera

Love Me è un patchwork, un dittico di due pezzi di Antonio Tarantino, uno dei più grandi drammaturghi italiani degli ultimi anni, che ci ha lasciato alle porte del 2020. I due pezzi sono un estratto di “Medea” e l’inedito “La Scena”, due testi strutturalmente molto diversi fra loro ma che si sviluppano attorno ad un tema comune: lo Straniero. A legarli è la lotta tra i potenti, che detengono il potere e fanno le leggi, e i miseri, che non sono neanche in grado di poterli contrastare (perché magari incapaci persino di parlarne la stessa lingua). Il potere costituito, allora, è quello assoluto della Parola. Tarantino stesso lo esercita con il proprio stile drammaturgico: mischiando un linguaggio pirotecnico, basso e volgare, con elementi ricercati e letterari, favorisce l’adesione ai luoghi comuni che attraversano lo spettacolo, giocando sul grottesco e andando a sottolineare l’atrocità e la violenza degli stereotipi più diffusi che riguardano gli stranieri, le donne e tutte le minoranze escluse dal potere.

Licia Lanera, ancora una volta in veste di regista attrice, dà voce alla rabbia, alla sofferenza e alle suppliche degli emarginati, facendoci entrare prepotentemente dentro le loro vite, rendendoci partecipi dei loro affanni; offre la prospettiva dello sguardo dolente e disilluso dei reietti, strappandoci una risata amara e spietata ma lasciandoci addosso anche una sensazione di strano disagio, un turbamento interiore, un senso di vergogna.

Dalle note di regia di Licia Lanera:
Nella stazione di Modena, su di una scala che collega il binario al sottopasso, giace privo di sensi, uno straniero: la folla lo calpesta con le sue enormi valigie. In un locale a Bari vecchia uno straniero serve ai tavoli, indossa una maglietta su cui è scritto GUCCI, al collo porta un crocifisso enorme di oro. Entrambe le cose, maglietta e collier, sono falsi. Su una spiaggia della Puglia una donna fa il bagno col velo sotto gli occhi allibiti dei bagnanti. Scoppia un temporale improvviso nel centro di Roma e dopo qualche secondo una grande quantità di stranieri è pronta a venderti un ombrello. Mazzi di rose, ciabatte, pelli colorate, odori acri, occhi imploranti, barbe scure, urla. I mauritiani fanno i servizi, i cingalesi vendono le rose, gli africani maschi vendono le collanine, le nigeriane fanno le puttane, le donne dell’est sono badanti, le musulmane non lavorano perché i mariti non vogliono, i turchi fanno le pizze e il kebab, i marocchini lavano i vetri e fanno le rapine, i rom rubano e con i soldi si fanno i denti d’oro. Sono gli stranieri delle nostre città, ognuno incastrato nel ruolo che gli abbiamo assegnato. La loro specie qui, è condannata in perpetuo ad essere straniera.

Chi ha rubato la marmellata?
L’uomo nero.

LOVE ME è uno spettacolo che parla di stranieri, di lavavetri e della barbara Medea, tutti intrappolati in ebeti e feroci luoghi comuni. Così stupidi da farci morire dal ridere, così feroci da farci vergognare.

LOVE ME è una scritta negli occhi a un angolo di strada.

Antonio Tarantino descrive gli ultimi come pochi sanno fare, senza retorica, senza tabù, con violenza e amara ironia. La lingua che mette in bocca ai suoi protagonisti è una lingua cruda, che non subisce epurazioni, baluardo puro di aggressività e marginalità.

Sguardo critico (Massimo Marino, DoppioZero.com, dicembre 2022)

“«Love me», si riferisce allora proprio a questa specularità, interessata per ciò che attiene ai potenti e stupidamente e colpevolmente illusoria e consolatoria per quanto riguarda i loro sottoposti. E «nella giungla delle città» evocate da Tarantino, Licia Lanera ci accompagna come una guida al tempo stesso servizievole e distaccata, accondiscendente e tirannica, informata e smarrita.

Voglio dire che ci blandisce in quanto pubblico, offrendoci lo spettacolo godibile di un’eccellente prova d’attrice (l’affianca, in veste di prototipo da cartolina del «diverso», il gigantesco nero Suleiman Osuman), ma poi, nel ruolo di regista, si mette a cercare insieme con noi la via migliore per non farci dimenticare che siamo, oltre che spettatori, uomini che hanno il dovere di pensare e cittadini che, una volta usciti dal teatro, hanno il compito ineludibile di trasformare quel pensiero in azione […].

Così, è straordinaria, Licia, quando, attaccandosi sotto il naso due baffetti a metà fra quelli di Hitler e Charlot, attribuisce alla parlata del personaggio monologante de «La scena» la cadenza lombarda di una sorta di Berlusca inzuppato in Gadda e Testori. Ed è ancora più irresistibile quando, nei panni di Medea – e stavolta adottando la natìa cadenza pugliese, di modo che, le parole s’identificano con il corpo («Io sono una del luogo») – si guarda in un enorme specchio, cercando di cancellare il mondo ostile che la circonda col ridurlo alla propria immagine.”

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